La musica che nasce dal silenzio

Intervista a Juri Camisasca

In occasione dell'uscita del suo nuovo album "Cristogenesi", il cantautore Juri Camisasca risponde alle nostre domande e ci regala illuminanti riflessioni, maturate in molti anni di meditazione, preghiera e profonda ricerca.

Cristogenesi è il nuovo album di Juri Camisasca, autore che scava nelle profondità della vita e artista originale nel panorama discografico italiano. In lui le occasioni di riflessione, di intuizione mistica e di filosofia si sposano a una musica evocativa, intima e intensa, passata per la ricerca e la sperimentazione. Per conoscere meglio questo suo percorso spirituale e musicale, gli abbiamo rivolto alcune domande.

L'album Cristogenesi si apre con Il Tutto nel Frammento, una canzone che parla di evoluzione, di relazione di Dio con il creato, di infinitamente grande nell'infinitamente piccolo. Una domanda difficile: in base al tuo lungo percorso spirituale, come si fa a trovare Dio?

Inizierei a rispondere partendo da questa frase di De Chardin: «L'universo è solamente la frangia del mantello di Cristo». È una premessa fondamentale. Quando si parla di Dio, si parla di una realtà inafferrabile per la nostra razionalità e l'esperienza che ne facciamo in questa vita è un'esperienza relativa. La presenza di Dio nel mondo e dentro di noi la si può esperire unicamente attraverso il silenzio. Io mi sono appoggiato alle grandi tradizioni spirituali per delineare quello che è il mio metodo di ricerca interiore, basato appunto sul silenzio della mente e delle passioni. Tutte le tradizioni spirituali, anche quelle dell'Oriente, partono da questo presupposto, non soltanto quella cristiana. Per rimanere nell'ambito del cristianesimo, basti pensare ai metodi di meditazione proposti da Santa Teresa d'Avila, San Giovanni della Croce, Santa Elisabetta della Trinità. Pensiamo alla scuola carmelitana, alla scuola certosina di San Bruno – che partiva da alcune riflessioni bibliche per poi rientrare in una sorta di assorbimento interiore e congiungere i propri sentimenti con energie più elevate – e anche alla tradizione dell'esicasmo, la cosiddetta preghiera del cuore, per arrivare sempre a una condizione di silenzio. Si tratta di lasciar decantare i pensieri, lasciar decantare tutte le emozioni che abbiamo dentro e rimanere lì, in uno spazio tranquillo. A quel punto si può diventare come recipienti di una presenza che è indicibile, che ha una forza meravigliosa. Sentire Dio è un accorgersi della sua presenza, ma non ci si accorge della sua presenza finché non abbiamo fatto pulizia interiore. Nel brano Sintonie universali dico «Ma non sei tu che afferri la gioia, è la gioia che ti prende per mano». Perché non sei tu che afferri Dio, è Dio che prende per mano te. La vita di meditazione è proprio essere attenti a quando sopraggiunge questo "venticello" mistico, e abbandonarsi alla sua forza.

Una delle parole più ricorrenti in queste nuove canzoni è "amore". Che cos'è l'amore?

Credo che la parola "amore" sia la più contaminata e la più sminuita nel nostro tempo. Vuol dire tante cose ormai e il più delle volte non ha quella valenza che il termine intende sottolineare. Se l'amore è contaminato da egoismo, non può essere amore. Quando per esempio provi questo genere di amore verso una persona, è vero che sei portato a conoscere le sue esigenze, oltre alle tue, ma rischi anche di schiavizzarla, di tenerla legata, e questo può essere pericoloso. Se poi nutri dell'indifferenza verso gli altri, non arrivi nemmeno a conoscere le loro necessità.
Una definizione che sento come risposta a cosa sia l'amore, viene da Einstein: «Vi è una forza estremamente potente per la quale la scienza finora non ha trovato una spiegazione formale. È una forza che comprende e gestisce tutte le altre, ed è anche dietro qualsiasi fenomeno che opera nell'universo e che non è stato ancora individuato da noi. Questa forza universale è l'amore». Mi sono riferito un po' a questo dicendo: «C'è una forza che spinge la vita verso il suo compimento».
Al di là di Einstein, la definizione che io darei di amore, per restare nel semplice, è: un'emanazione del tuo essere, una fragranza del tuo stato interiore, che è fatto di quiete, di silenzio, di luce. Quando tu raggiungi queste qualità, che puoi avere quando cammini sulla via della spiritualità (preghiera, meditazione), tu diventi preghiera, tu sei amore, tu emani l'amore. Un amore che diventa incondizionato. C'è un'immagine che spesso si usa per rendere l'idea: il sole risplende su tutti, non sta a guardare se una persona è brava o cattiva. Ecco, così dev'essere la condizione di un uomo di preghiera, un uomo di amore.

In Cristogenesi ci sono alcuni brani in latino, tratti dall'antica tradizione cristiana. Come mai hai fatto questa scelta?

Il canto gregoriano fa parte di me, propongo sempre qualcosa di questo grande e antico repertorio nei concerti. Oltre a suscitare una grande attenzione, genera uno stato di emozione, perché sono canti che nascono dalla preghiera e inducono all'ascolto in quella dimensione. L'ho presa come una sorta di missione, perché trovo che ci siano delle melodie senza tempo, che nascono oltre il tempo e sono di una bellezza immortale. In Cristogenesi ho inserito una mia versione, molto diversa da quelle sentite prima, di Emmanuel, che non è realmente un canto gregoriano (anche se poi è stato inglobato nella tradizione), ed è stato interpretato anche da grandi artisti come Joan Baez, Loreena McKennitt, Enya e altri. Anche O filii et filiae, che è un canto propriamente gregoriano, era stato cantato da Sinéad O'Connor.
Insomma, ho proposto una mia interpretazione personale, però diciamo che sono in buona compagnia.

La pandemia in questi mesi ha ridotto molto la possibilità di organizzare concerti e spettacoli. È in vista una ripresa? Ci sono già dei progetti, delle date?

Il Covid ha creato tanti problemi, tanti disagi, soprattutto per gli artisti. Per la nuova produzione sì, stiamo pensando di organizzare qualcosa. In primavera sicuramente ci saranno delle date. Ci stiamo lavorando e speriamo che il vento porti buone vibrazioni.


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