Al fianco di chi lascia tutto

È un dovere!

Confini, frontiere, muri: eppure il mare continua a permettere che le onde si infrangano su ogni spiaggia, e con le onde uomini e donne. Il mare è una frontiera naturalmente aperta che non può che accogliere. E questo lo sa bene ogni isolano, lo sanno bene gli abitanti di Lesbo, isola greca in cui i Giusti continuano ad anteporre il bene di ogni fratello a una burocrazia troppo lontana dall'umanità.

Ricordo come se fosse ieri quel veliero, carico di esseri umani in pericolo, che arrivò diciannove anni fa sulle coste della Calabria, nei pressi di Riace Marina. Ricordo i volti di quelle persone, le loro storie, i primi momenti confusi in cui bisognava cercare con urgenza un luogo dove potessero trovare rifugio, arrivati stremati da un viaggio lungo e drammatico.

Non dubitai un secondo nell'aprire le porte della mia casa, nel dare loro ospitalità in stanze che in quel momento non avevano nemmeno l'elettricità, ma raggiungevano comunque il loro scopo, perché anche la luce di una candela può riscaldare il cuore e soprattutto creare relazioni significative.
La spiaggia dove erano arrivati era quella dove era sbarcato anche Ulisse, il profugo più famoso della mitologia greca, trovando rifugio proprio in terra calabra, italica. Un segno forte che ha una sola lettura: è e deve continuare a essere naturale per l'uomo aiutare un suo simile in difficoltà.

Aiutare un proprio simile è naturale

In tanti anni di accoglienza a Riace, motivato anche dalla stima ricevuta da ogni parte del mondo per il modello che abbiamo creato – oggi convivono senza problemi mille locali e cinquecento tra rifugiati e richiedenti asilo politico –, ho imparato una cosa più di ogni altra: ciò che conta è la relazione umana. Questa supera i pregiudizi e si apre ad antipatie, simpatie, amori o anche conflitti, comunque basati su un rapporto di conoscenza diretta, che va al di là di muri fisici o mentali.

Una comunità è matura quando pensa a se stessa come a un insieme di «noi, nostro» anziché fissarsi su un «io, mio» che porta a chiusure e, nel peggiore dei casi, a odio verso l'altro.

Facendo scorrere le pagine che raccontano le vicende vissute recentemente dagli abitanti di Lesbo, ritrovo nei sette protagonisti – donne e uomini di ogni età, ognuno con una storia di vita normalmente eccezionale e maniche ben rimboccate nel momento del bisogno – il senso profondo di questo «noi»: il riconoscimento della dignità propria di ogni persona che essi hanno contribuito a salvare da morte certa nel mar Egeo, indipendentemente da razza, religione o provenienza geografica.

Al fianco di chi è costretto a lasciare tutto

Non servono giri di parole o pensieri, l'importante è entrare in azione a fianco di chi è costretto a lasciare tutto; e a Lesbo lo sa bene la popolazione attuale, figlia anch'essa di rifugiati di guerre passate.
Questa azione di aiuto indiscriminato è una forte presa di posizione e può entrare in collisione con le leggi in vigore, ma i Giusti del Mediterraneo sono coerenti nel costruire atteggiamenti di coraggio civile e quindi antepongono la giustizia sociale a una legalità burocratica che chiude le frontiere e di fatto favorisce i trafficanti di esseri umani.

È l'umanità che deve prevalere in ogni scelta e in qualsivoglia decisione politica.
A Lesbo un'intera isola ha abbracciato e accompagnato senza indugio centinaia di migliaia di persone verso l'asilo politico in Europa; a Riace i cittadini curdi, palestinesi, afgani, eritrei ed etiopi presenti ci hanno fatto capire quanto sia importante affermare la propria identità tramite un'accoglienza semplice, schietta e fatta di reciprocità.

Papa Francesco l'ha messo nero su bianco anche nel rispondere a una mia lettera: aprirsi allo straniero significa aprirsi alla speranza di un futuro possibile. Una speranza che deve farci superare questi tempi bui in cui le persone muoiono in mare durante la fuga, mentre l'Unione Europea e la comunità internazionale non trovano soluzioni rispettose dei loro diritti umani.

Lasciamoci contaminare positivamente dall'incontro con il diverso, come fanno – assieme a tante altre persone in tutto il mondo – i personaggi dell'isola dei Giusti, testimoni di storia vera raccontata nelle pagine preziose di L'isola dei giusti, di Daniele Biella.
Ne vale la pena ed è necessario, oggi più che mai.

Testo di Domenico Lucano, Fondatore dell'associazione Città Futura e sindaco di Riace (RC), primo paese d'Italia ad accogliere, nel 1998, profughi curdi in fuga da persecuzioni.

9788831548243 pL'isola dei Giusti.
Lesbo crocevia di umanità

Sette storie paradigmatiche di solidarietà estrema, nello scenario di una piccola isola, Lesbo, divenuta famosa per una generosità dei poveri che ha supplito all'indifferenza dei potenti.

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