L’affetto sa che il malato, anche nella condizione terminale, non è solo un corpo irrimediabilmente disfatto, ma è sempre la persona amata; mai un oggetto da spostare, sempre un volto da accarezzare, una mano da stringere, un’anima in cui dimora un principio di vita eterna. In "Dieci parole per curare" le pratiche terapeutiche vengono considerate in relazione al Decalogo biblico con l'obiettivo di rapportarlo alla dimensione e alla pratica della cura «globale» delle persone malate.