Elogio della città?

Dal luogo delle paure alla comunità della gioia

Giovanni Maria Flick ci guida in una riflessione seria e interdisciplinare, ma non astratta, sulla città che la Costituzione italiana definisce come la «forma sociale dove si svolge la personalità dell'uomo». Come vivere questa realtà che ci circonda come luogo di positiva integrazione?

Il ruolo centrale della città nella vita, nell'economia e nella cultura di ciascuno di noi è così evidente che, paradossalmente, è difficile coglierne, nello svolgersi delle nostre attività quotidiane, tutte le implicazioni. Proviamo a interrogarci (solo per fare un esempio): quale definizione daremmo di città? Ne abbiamo un'idea ma potrebbe risultarci complicato verbalizzarne e delimitarne gli aspetti essenziali.

Giovanni Maria Flick, Presidente emerito della Corte costituzionale, ci guida in una riflessione seria, profonda e interdisciplinare, ma non per questo astratta e complessa, su questa realtà che la Costituzione italiana definisce come la «forma sociale dove si svolge la personalità dell'uomo». Si coglie subito, allora, come essa sia il luogo in cui la tutela del patrimonio storico e la tutela dei diritti inviolabili dell'uomo devono e possono integrarsi.
La città, un bene comune, è sorretta dal principio della condivisione e della solidarietà per soddisfare i bisogni della pluralità degli individui in un'ottica di accessibilità, di partecipazione e di inclusione. Questo lo si evince anche da diversi articoli della carta costituzionale (2, 3, 9 solo per citarne alcuni).
Anche la Bibbia, ricorda Flick, offre spunti interessanti sulla città e il suo essere espressione di una comunità organizzata, luogo capace di rispondere alle domande fondamentali della vita insieme. Proprio in questo ideale, però, emergono anche, per contrasto, tutte le paure, l'ambiguità, la violenza e la superbia insite nell'uomo: così sono le città bibliche di Enoch, Babele e Gerusalemme, ma così sono anche molte delle nostre realtà contemporanee.

Una città «giusta»

L'autore suggerisce stili e modalità, a diversi livelli, per vivere la città in modo positivo.
Innanzitutto è necessaria un'attenzione per la rigenerazione delle città storiche e dei borghi perché il loro valore è soprattutto etico e politico, di segno identitario. Di ciascuna bisogna conoscere la storia passata e le sue trasformazioni perché queste indicano le soluzioni, sia normative sia architettoniche, adottate per i problemi che via via si sono presentati.
Inoltre «la città futura non dovrebbe proseguire tanto in una crescita di dimensioni e in un ulteriore consumo del suolo, quanto piuttosto in una rigenerazione dell'esistente. Non dovrebbe limitarsi a un semplice riuso di carattere tradizionale, senza una costante attenzione alle persone e alla comunità».
È quanto mai urgente, quindi, la promozione, nei nostri centri, della pari dignità, dell'accettazione della differenza, dell'uguaglianza dei diritti di tutti, cittadini e stranieri, dell'accoglienza... «L'abbinamento fra immigrazione e sicurezza, reso in modo plateale dalla saldatura fra i due termini, esprime una concezione di paura, di rifiuto della diversità, di ricerca di sicurezza attraverso l'innalzamento delle mura e delle barriere della città. Una concezione che è antitetica alla Costituzione italiana».
Non si può prescindere, nell'organizzazione del nostro vivere, dall'universalità dei diritti umani e della loro indivisibilità: «Il problema sta altresì nella necessità di creare delle condizioni anche di fatto, di ordine economico e sociale, che consentano a tutti di vivere nel rispetto delle esigenze fondamentali e della dignità umana. Questo discorso evoca immediatamente il rapporto fra i diritti fondamentali e i doveri di solidarietà della persona, che sono legati fra loro in modo inscindibile».

Per fare tutto questo dobbiamo promuovere una nuova cultura, un nuovo senso di rispetto per l'ambiente e una rinnovata responsabilità nell'utilizzo delle risorse, ma anche nuove leggi che governino la professione dell'architetto: leggi per una città «giusta».

In un'analisi dettagliata e lucida, che non fa sconti su problemi e ombre, emerge riga dopo riga la convinzione che sia concretamente possibile far fiorire esperienze virtuose di cittadinanza più umana per tutti. Se ciascuno fa la sua parte, istituzioni, architetti e cittadini possono vincere questa sfida. Se è vero che il libro si apre con un'interrogativo nel titolo, tuttavia «se e quando saremo capaci di affrontare quella sfida e di risolvere quella necessità potremo sostituire un punto fermo all'interrogativo che oggi caratterizza l'elogio della città: quando» cioè, in in qualche modo, «riusciremo a uscire dall'arca dopo il diluvio e dalla "città della paura", per giungere a intravedere la "città della gioia"».


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Elogio della citta? - Paolinw

Elogio della città?
Dal luogo delle paure alla comunità della gioia

Il crollo del ponte Morandi a Genova, l'incendio della guglia ottocentesca della Cattedrale di Notre-Dame, un rogo in una baraccopoli che provoca la morte di un lavoratore ghanese, migrante clandestino. Notizie da cui l'Autore trae spunto per riflettere sulla città, e lo fa alla luce di due imperativi. Il primo di natura biblica, il secondo tratto dalla Costituzione.

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