Da soli, mai! C'è un elemento che forse è emerso poco nelle parole precedenti ma che è fondamentale: la relazione con le persone che ci circondano. Sì, Dio chiama me in un rapporto unico e speciale, ma lo fa all'interno del contesto in cui sono, attraverso il bene di chi mi sta accanto e per la felicità di tutti.
Scrive papa Francesco: «Dio ama la gioia dei giovani e li invita soprattutto a quell'allegria che si vive nella comunione fraterna, a quel godimento superiore di chi sa condividere, perché "c'è più gioia nel dare che nel ricevere" (At 20,35) e "Dio ama chi dona con gioia" (2 Cor 9,7). L'amore fraterno moltiplica la nostra capacità di gioire, perché ci rende capaci di godere del bene degli altri: "Rallegratevi con quelli che sono nella gioia" (Rm 12,15). Che la spontaneità e l'impulso della tua giovinezza si trasformino sempre più nella spontaneità dell'amore fraterno, nella freschezza che ci fa reagire sempre con il perdono, con la generosità, con il desiderio di fare comunità. Un proverbio africano dice: "Se vuoi andare veloce, cammina da solo. Se vuoi arrivare lontano, cammina con gli altri". Non lasciamoci rubare la fraternità.» (Christus vivit, 167).
Ci abbiamo mai pensato? Gesù non è vissuto da solo, anzi una delle caratteristiche della sua vita che i Vangeli ci riportano è che è sempre andato alla ricerca del contatto benevolo e gratuito con altri. Ha chiamato i dodici apostoli, ha avuto discepoli che lo seguivano, ha incontrato e insegnato alle folle, ha trascorso tempo con gli amici a Betania. Oltre a dirci che Gesù era una persona normale che si è attorniata di relazioni, questo ci permette di dire che, se è stato per lui uno stile di vita, lo può essere anche per noi. Se il suo esempio non bastasse, c'è un brano del Vangelo in cui lui stesso sottolinea la centralità del sevizio fraterno basato sull'amore: la lavanda dei piedi.
La vicinanza è un aspetto così importante che addirittura il Vangelo di Giovanni mette questo gesto al posto dell'istituzione dell'Eucaristia; senza eliminare il valore del sacramento è come se Gesù dicesse: "offrire il proprio corpo è spendere tutte le proprie energie per l'altro". Mi piace pensare che Gesù insegni a noi con la sua fisicità, non ci spiega ma ci fa vedere come si fa a volersi bene e lo fa con una tale fantasiosa semplicità da meravigliare. Però va sottolineata anche la sua capacità di guardare con attenzione e imparare da chi gli sta attorno... cosa voglio dire? Nel capitolo precedente del Vangelo, Maria di Betania cosparge i piedi del Maestro con il profumo e glieli asciuga con i capelli. Sì, Gesù si è lasciato ispirare, per spiegare il suo messaggio, dal segno di affetto di una donna!
Fraternità non vuol dire solo aiuto a chi ci sta accanto da una posizione superiore: ti aiuto perché sono bravo... Guardando bene il contesto della lavanda dei piedi, vorrei sottolineare due aspetti:
- Siamo in un momento di serenità, di intimità, di convivialità, di amicizia. Sì, fraternità è prima di tutto stare insieme condividendo nella gioia la quotidianità, come i pasti, con libertà e allegria.
- La fraternità, come ci dimostra quell'impulsivo di Pietro, è prima di tutto reciprocità e accoglienza. Fraternità è lasciare che, con semplicità, altri ci aiutino, ci accolgano, si prendano cura di noi, ci mostrino i nostri limiti. A pensarci, questo primo fondamentale passaggio, è più difficile!
La fraternità è un sentimento di affetto e amore che si instaura tra persone che non sono fratelli e si esprime attraverso atti benevoli, con forme di aiuto e con azioni generose intraprese specialmente nei momenti di maggiore bisogno, in modo disinteressato. Dobbiamo riconoscere - e i tempi di pandemia che viviamo ci aiutano - che non è un atteggiamento solo cristiano ma è presente in tutte le culture e nel mondo laico. Certamente molto diverse sono le motivazioni che spingono ciascuno non tanto a compiere atti di solidarietà ma a vivere in comunione perché la fraternità è più di un'opera di generosità, è il percepire se stessi come parte di una comunità. Già Aristotele diceva che l'essere umano è un animale sociale, non può vivere senza relazioni. È utile allora guardarsi intorno e scorgere tanti esempi e aspetti della fraternità universale presenti nella nostra società perché, anche se da punti di partenza diversi, interpellano e coinvolgono anche noi credenti. Basta pensare alle tante OGN che in modo laico si preoccupano di andare incontro ai bisogni di tanti (poveri, senzatetto, immigrati, bambini, anziani, disabili...), ma soprattutto è importante che si possa vedere anche il servizio della politica, del lavoro responsabile, della cittadinanza attiva come aspetti che rientrano a pieno titolo nell'attenzione alla fratellanza.
Bisogna passare, però, alla domanda più complessa: cosa vuol dire per me fraternità? Cosa dice alla mia vita? Credo che nella testa di ciascuno la parola corrisponda a una visione un po' utopica: un gruppo di persone che vivono insieme in perfetta sintonia. Ma, se siamo veri con noi stessi, già capiamo che questo è l'ideale a cui tendere e non qualcosa che va così di per sé: è un dono di grazia da chiedere e un impegno da portare avanti. In ordine alla vocazione e anche alla scelta della nostra strada, allora, provo a suggerire alcuni aspetti da tenere in considerazione a partire dal tema della fraternità:
- La fraternità si impara vivendola! Proviamo a guardarci intorno a partire dal nostro passato e dal nostro presente: quali persone o gruppi mi sono di esempio nella condivisione? Come percepisco i rapporti in famiglia, tra compagni di scuola o colleghi di lavoro? Cosa apprendo da queste realtà?
- La fraternità è creativa. Quando ci si sente parte di un tutto con sentimenti di affetto, si è generativi di pratiche positive. Chi ama inventa modi di stare vicino, di alleviare sofferenze, di strappare sorrisi.
- La fraternità è dentro e fuori. Come cristiani siamo chiamati a vedere il volto di Cristo in ogni persona: niente e nessuno ci è indifferente. La situazione dei lavoratori delle miniere in Africa, dei bambini soldato in America Latina, delle donne soggiogate in Asia... Ma anche la mia anziana vicina di casa, il senzatetto all'angolo, lo zio che non mi sta simpatico...
Ogni scelta vocazionale, in modo molto concreto, non può prescindere dalla domanda sulla fraternità. Quale peso hanno gli altri nelle mie scelte? Quando penso alla mia vita, quale servizio credo di poter offrire? Come mi sentirei in una famiglia, in una comunità religiosa, in una vita impegnata nel lavoro a fianco di altri?
Il testimone di oggi è un personaggio particolare, che torna alla mente in questo clima di emergenza sanitaria. Si tratta di Hunter Doherty Adams. Chi è? Se vi dico Patch Adams sicuramente capirete! Medico americano ancora vivente, è famoso per il suo metodo di cura dei pazienti che unisce l'umorismo alle necessarie terapie mediche. La maggior parte lo conosce per il film Patch Adams, un po' vecchiotto ma bellissimo, interpretato da un geniale Robin Williams. Ideatore di una terapia olistica molto particolare, quella del sorriso, anche nota come clownterapia, ci aiuta a capire come prendersi cura, essere fratelli non è solo servizio, ma è farsi carico del bene integrale dell'altro, è gioia anche nei momenti difficili, è divertimento, è creatività, perché il Signore della vita ci vuole vivi e felici, insieme.
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