I valori della Costituzione

Una riflessione profonda di Giovanni Maria Flick, Presidente emerito della Corte Costituzionale, ci accompagna nella riscoperta dei valori perenni della Costituzione italiana, a settant'anni dalla sua promulgazione.

In tempi di crisi dei valori – da quelli culturali a quelli religiosi, sociali, etici, economici, politici, cui la nostra generazione era stata abituata ed educata – è difficile resistere alla tentazione del pessimismo.

Basta pensare al vuoto, quando non all'odio, alla violenza e al nichilismo di cui sembrano essere portatori alcuni (forse molti) esponenti della generazione che segue la nostra. Sino a giungere all'ideologia e alla religione dei figli dell'Isis: la ricerca della morte; la distruzione di ogni passato, che è al tempo stesso negazione di ogni futuro; la rivolta generazionale, spesso strumentalizzata; la radicalizzazione, come causa (secondo alcuni) o come effetto (secondo altri) dell'adesione al califfato, alla sua concezione dell'islam, al terrorismo individuale o di gruppo. Ma si pensi anche, all'estremo opposto, alla miseria morale di cui è portatore un sistema geopolitico ed economico globale votato soltanto al profitto, alla corruzione, all'indifferenza verso la dignità e verso la condizione umana; allo sfruttamento, senza limiti, delle risorse; all'abuso della tecnologia e delle sue risorse, a cominciare dalla rete. È difficile proporre soprattutto ai giovani soluzioni concrete e risolutive, per sfuggire alle alternative tra le due prospettive estreme. In effetti – dopo ogni attentato, nell'attesa di un'assuefazione alla sua quotidianità, come quella degli incidenti stradali – è divenuta rituale la deplorazione per l'assenza fra i giovani di valori: ma quali? perché? per colpa di chi?

Più che rispondere a queste domande (e riconoscere le responsabilità della nostra generazione), si preferisce rifugiarsi nella richiesta di più intelligence e più collaborazione sovranazionale nella prevenzione e nella repressione. Sono necessarie, ma da sole non bastano, di fronte a chi disprezza la propria vita e quella degli altri. Così come non basta la deplorazione – accorata, ma soltanto a parole – delle disuguaglianze e dello sfruttamento dei bambini, delle donne e degli uomini, se ad essa seguono comunque la chiusura delle frontiere, il filo spinato, il disinteresse per la sorte dei migranti. Il contrasto al terrorismo finisce per diventare un incentivo all'arruolamento delle persone, soprattutto dei più deboli e indifesi, nelle armate della paura; ed è il motivo in nome del quale si legittimano limitazioni ai diritti inviolabili di tutti e non solo dei sospetti terroristi. L'evocazione del terrorismo, delle sue conseguenze, della sua paura, finiscono per diventare uno strumento per contrastare il fenomeno delle migrazioni (e la sua inevitabilità). Senza dubbio fra i migranti clandestini possono infiltrarsi potenziali terroristi e occorre cercare di evitarlo; ma ciò non giustifica certamente l'equivalenza semplicistica, infondata e strumentale, fra migrazione e terrorismo.

È difficile di fronte a queste realtà scoprire qualcosa in cui credere e sperare, per cui entusiasmarsi e impegnarsi, da condividere con gli altri. È difficile per chi – come me – comincia a guardare dietro di sé il proprio percorso culturale, istituzionale e professionale; è forse ancor più difficile per chi inizia ora quel percorso. Eppure, a pensarci e a guardare bene, nella realtà che ci circonda ci sono (sono tanti) i valori per cui battersi, che vale la pena di difendere e di proporre ai giovani – ovviamente con un linguaggio adeguato a loro e ai tempi – per cercare di evitare la spinta dal vuoto e dalla frustrazione alla radicalizzazione, al califfato, al nulla. Fra quei valori mi sembrano particolarmente significativi, nel contesto attuale, la dignità della persona umana, in astratto e in concreto; il patrimonio del passato da cui nasce la nostra identità; il progetto del nostro futuro nell'ambiente in cui viviamo, in stretta connessione con la nostra dignità; la cultura, parte essenziale di quella dignità per cogliere il legame tra passato e futuro e comprenderne il significato.

 

Una testimonianza

A questi valori ho dedicato alcune riflessioni maturate nell'esperienza precedente, attraverso l'elogio della dignità e del patrimonio culturale, artistico e ambientale, delineati dalla nostra Costituzione.

Più che elogio, voleva essere testimonianza dell'importanza di quei valori; della loro preziosità perenne e della loro precarietà e fragilità; del loro significato; delle minacce che incombono su di essi; della necessità di difenderli a qualsiasi costo, per ricominciare a trarne motivi di speranza. Sono valori – come molti altri: l'eguaglianza, la libertà, la solidarietà e la sussidiarietà, la laicità, il personalismo e il pluralismo sociale, il lavoro, il pacifismo – che caratterizzano la nostra Costituzione come suoi principi fondamentali e si inverano in essa, nonostante i suoi limiti, le sue lacune, le inadempienze nella sua attuazione. Sono valori che giustificano il richiamo della Costituzione nella ricerca di un dialogo con i giovani; un percorso comune di partecipazione, di realizzazione e di vita in cui coinvolgerli, per contrastare il percorso di rivolta, di radicalizzazione, di morte in cui altri (complici la rete e la droga) cercano di illuderli. Oggi sono sempre più diffusi e frequenti l'ignoranza, il disinteresse; la disapplicazione sistematica, l'aggressione più o meno esplicita alla Costituzione. Perciò mi sembra giusto ricordarne l'origine; il contenuto, per sommi capi; gli autori e il modo con cui essa è stata scritta coralmente e nella sofferenza; il ruolo che la Costituzione (nonostante i suoi limiti) ha saputo svolgere nel mantenere libero e unito il nostro Paese nei difficili settant'anni trascorsi dal 1° gennaio 1948. Mi sembra giusto – anche se forse ingenuo (ma qualche volta è necessaria l'ingenuità, soprattutto per continuare a sperare) – esprimere un elogio alla Costituzione come cittadino, prima ancora che come uomo impegnato nello studio e nella pratica del diritto, prestato alle istituzioni per qualche tempo.

È in realtà un invito e un augurio, rivolto a chi ci seguirà nel nostro e poi nel suo percorso istituzionale, a far vivere, attuare e mantenere attuale quella Costituzione almeno per i prossimi settant'anni. È un invito a tradurre questo impegno non nell'immobilismo; o al contrario in un progetto di troppo ambiziose riforme organiche, destinate al fallimento se non a secondi fini (come quello di banalizzare e di svuotare la Costituzione dall'interno). È un invito a tradurlo in alcuni interventi mirati e responsabili; a raccogliere e a sviluppare gli spunti positivi (anche se non molti) maturati nel dialogo e, da ultimo, nel confronto-scontro sulla riforma della Costituzione che da alcuni decenni, e soprattutto nell'ultimo tempo, hanno segnato il dibattito politico del nostro Paese. È infine una testimonianza doverosa di gratitudine personale a una Costituzione cui devo molto della mia formazione e della mia educazione civile.

Dall'Introduzione a Elogio della Costituzione, di Giovanni Maria Flick, Presidente emerito della Corte Costituzionale, Paoline.

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Elogio della Costituzione

Il testo, grazie alla sapiente ed esperta mano di Giovanni Maria Flick, ripropone al lettore e cittadino italiano la centralità della Costituzione Italiana, a settanta anni dalla sua entrata in vigore (1 gennaio 1948). 

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