Il Trattato dei miracoli

Il Trattato dei miracoli, scritto alla fine degli anni Quaranta del XIII secolo, costituisce il tentativo da parte del suo autore – Tommaso da Celano – di colmare gli spazi lasciati vuoti nelle precedenti narrazioni della vita di Francesco di Assisi, raccogliendo e narrando gli episodi miracolosi che ebbero il santo come protagonista, alla fine della vita e soprattutto dopo la morte.

Un santo vicino alla gente
Il Trattato dei miracoli di Tommaso da Celano costituisce una delle più importanti opere agiografiche delle origini, ma non per questo si prefigge di descrivere un santo del tutto spirituale e spiritualizzato (come forse si aspetterebbe il lettore moderno). Al contrario, consegna ai posteri l'immagine di un santo "taumaturgo", invocato per la risoluzione di piccoli e grandi mali fisici e materiali e non restio a elargire ai suoi fedeli il dono del benessere e della salute.

Pietà e devozione popolare tra le pieghe di un racconto agiografico
Questo aspetto di materialità e semplicità ha spinto per lungo tempo gli studiosi a trascurare l'opera, considerandola mera espressione di una sensibilità popolare intessuta di leggendario e superstizione; solo recentemente, invece, proprio tale vividezza della narrazione ha permesso di recuperarla e valorizzarla come testimonianza di pratiche sociali, religiose e culturali, vera e propria "istantanea" della vita dell'epoca.
Anche per il lettore, che non è "storico" di professione, è possibile ridestare un interesse per una pietà popolare – autentica e non teatrale – che interroga ancora a distanza di secoli l'animo del credente su valore e significato della preghiera di affidamento e supplica.

Capitolo XIV
«A Zancato, paese vicino ad Anagni, un cavaliere di nome Gerardo aveva perduto totalmente la vista. Accadde che due frati minori, tornando dall'estero, si dirigessero alla sua abitazione per chiedere accoglienza. Ospitati dunque onorevolmente da tutta la famiglia e trattati con ogni benevolenza, non si accorsero della cecità dell'ospite. Si recarono poi al luogo dei frati distante sei miglia e vi dimorarono otto giorni. Una notte il beato Francesco apparve durante il sonno a uno di loro, dicendogli: "Alzati e affrettati con il compagno alla casa del vostro ospite, perché nella vostra persona ha reso onore a me e nel nome mio vi ha dato ospitalità! Dategli la ricompensa per la lieta accoglienza e onorate chi vi ha onorati. Egli, infatti, è cieco e non vede, e ciò glielo hanno procurato i peccati che ancora non ha confessato. Lo attendono le tenebre della morte eterna e gli si prospettano interminabili tormenti. Tutto ciò è conseguenza delle colpe che ancora non ha abbandonato". Sparito il padre, il figlio attonito si alzò e frettolosamente adempì al comando con il confratello. Entrambi i frati ritornano insieme dall'ospite e colui che aveva avuto la visione racconta in dettaglio tutto ciò che aveva visto. Quell'uomo è preso da grande stupore e conferma che quanto ha udito corrisponde a verità. Si pente fino alle lacrime, si confessa volentieri e promette di ravvedersi. Rinnovato in tal modo l'uomo nell'intimo, anche all'esterno subito riacquista la luce degli occhi. La notizia della grandezza di questo miracolo, diffusasi in ogni parte, incoraggiò tutti coloro che la udivano a favorire l'ospitalità».

Da: Tommaso da Celano, Trattato dei miracoli, a cura di Alessandro Mastromatteo, Paoline


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