La fragilità del figlio che ritorna

La misericordia di un padre /5

Una cosa è la fragilità di un oggetto, altra cosa è la fragilità di una persona. Ci sono fragilità diverse in ognuno di noi e i personaggi biblici, protagonisti della storia della salvezza non ne sono esenti. Essere fragili spesso non è un ostacolo, ma una chance... e Dio nel nostro essere "lucignoli fumiganti" intravede già la fiamma nuova come possibile realtà. Quinta tappa del nostro percorso biblico/artistico sulla fragilità, seguendo il libro di Alberto Curioni.

 

Il ritorno del figliol prodigo, di Rembrandt, è il dipinto scelto da Alberto Curioni, autore di Il coraggio di essere fragili (Paoline), per approfondire, attraverso l'arte, la meditazione da lui proposta nel capitolo quinto del suo libro, La misericordia di un padre, dove i protagonisti della parabola sono il figlio minore, il figlio maggiore e il Padre.

Per gli incontri pastorali, ma anche per la fruizione privata, suggeriamo innanzitutto di proiettare o avere in altro modo sotto gli occhi il dipinto (su tablet, smartphone, notebook o stampando l'immagine). Dopo una breve introduzione sull'autore, il periodo, il perché della commissione e il luogo dove si trovava il dipinto, consigliamo un lungo momento di silenzio per poterlo guardare e gustare con attenzione. Dopo si possono leggere e meditare le pagine 58-68 del libro - soffermandosi prima di tutto sulla pericope evangelica - e, in seguito, sulla scheda con le note spirituali/artistiche del dipinto. Per ogni passaggio è importante prendersi il tempo necessario. Canti appropriati e/o brani musicali di sottofondo possono aiutare la preghiera e la contemplazione.

Rembrandt Harmenszoon van Rijn

Meglio noto semplicemente come Rembrandt (1606 – 1669) viene generalmente considerato uno dei più grandi pittori della storia dell'arte europea e il più importante di quella olandese. Nato a Leida da una famiglia di dieci figli, dopo un breve apprendistato ad Amsterdam con il celebre pittore Pieter Lastman (1583 – 1633), tornò nella sua città natale per aprire un proprio studio con l'amico Jan Lievens (1607 – 1674). Entro il 1631 si trasferì nuovamente ad Amsterdam, per portare a termine con più agio le numerose commissioni di ritratti che aveva ricevuto nella città. Qui andò ad abitare nella casa del mercante d'arte Hendrick van Uylenburgh sposando poco dopo Saskia, cugina di Hendrick.

Nel 1639 Rembrandt e Saskia si trasferirono in una casa nel quartiere ebraico. Dove il pittore fece spesso posare i suoi vicini ebrei per usarli come modelli per i quadri aventi per soggetto scene dell'Antico Testamento1. Anche se le cose andavano bene dal punto di vista economico, la coppia dovette affrontare diverse difficoltà personali: il loro figlio Rumbartus morì nel 1635 solo due mesi dopo la nascita, mentre tre anni più tardi morì la figlia Cornelia. Nel 1640 anche una seconda figlia, anch'essa chiamata Cornelia, morì a neppure un mese di vita. Solo il loro quarto figlio Titus, nato nel 1641, riuscì a sopravvivere e a raggiungere l'età adulta. Saskia morì poi nel 1642 poco dopo la nascita di Titus, probabilmente a causa di una tubercolosi. I disegni dell'artista che la ritraggono malata sul letto di morte sono senz'altro tra le sue opere più toccanti2.

Sul finire degli anni Quaranta Rembrandt iniziò una relazione con Hendrickje Stoffels, giovane donna inizialmente assunta come domestica. Il pittore viveva, in questo periodo, al di sopra delle proprie possibilità, comprando opere d'arte e oggetti rari, abitudine che probabilmente lo portò, nel 1656, in bancarotta. Il suo stato di insolvenza fece sì che la maggior parte dei suoi dipinti e dei suoi oggetti di antiquariato finissero per essere messi all'asta. Fu costretto anche a vendere la propria casa e il suo torchio da stampa, trasferendosi in un'abitazione più modesta nella zona di Rozengracht. Lì Hendrickje e Titus fondarono una società, dando a Rembrandt un impiego e proteggendolo dai creditori. Nel 1661 fu ingaggiato per completare le decorazioni del palazzo comunale di nuova costruzione, ma morì nel 1669 prima di completare il lavoro.

Sia nella pittura che nella stampa egli esibì un'ampia conoscenza dell'iconografia classica che modellò per adattarla alle proprie esigenze. Così, la rappresentazione di scene bibliche era frutto dello studio dei relativi testi, dell'influenza delle tematiche classiche e dell'osservazione della popolazione ebrea di Amsterdam. Per la sua capacità di comprensione della condizione umana, inoltre, fu definito «uno dei grandi profeti della civiltà»3.

 

[Rembrandt van Rijn (1606-1669), Il ritorno del figliol prodigo (1668), olio su tela, San Pietroburgo, Museo dell'Ermitage]

Dal Vangelo di Luca (15, 11-32)

Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre.
Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».

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Il dipinto

Il ritorno del figliol prodigo, dipinto databile al 1668, trae ispirazione dall'omonima Parabola (detta anche Parabola del padre misericordioso). La scena ritratta raffigura in particolare la conclusione della vicenda, ovvero il perdono del padre nei confronti del figlio minore, pentito della propria condotta. Il giovane, vestito di stracci logori, senza una scarpa e con la testa rasata a causa dei pidocchi, si presenta in ginocchio davanti al padre per chiedere perdono, abbandonandosi nel suo abbraccio.

L'anziano padre lo accoglie con un gesto amorevole e quasi protettivo: è un padre anziano che non si è mai rassegnato e ha sempre atteso con fiducia il ritorno del figlio, e, proprio per questo, lo abbraccia con emozione piegandosi in avanti per stringerlo a sé. Le sue mani si posano sulle spalle del figlio come a volergli infondere un senso di protezione e tenerezza, mentre il suo volto ricalca i tradizionali lineamenti attribuiti a Dio Padre, rendendo ancora più stringente l'analogia tra il genitore della parabola e Dio.

Sulla destra, con atteggiamento distaccato, osserva la scena il figlio maggiore, mentre sullo sfondo si distinguono due servi che incarnano un'amplificazione della gelosia del figlio stesso e sembrano domandarsi se sia giusto festeggiare per il ritorno di un figlio così scellerato.

Quasi a voler suggerire un'identificazione tra finzione e realtà, la luce scivola dai personaggi secondari per soffermarsi sulla scena principale e catturare così l'attenzione dell'osservatore, che si trova con gli occhi alla stessa altezza del figlio pentito . L'autore, nel rappresentare la scena, denuncia una grande cura per i particolari dal forte valore simbolico: gli zoccoli del figliol prodigo in primo piano, ad esempio, alludono al cammino spirituale da lui compiuto nel rimorso per i peccati commessi, ma con la speranza di essere riaccolto nella casa del Padre.
Il particolare più importante di questo quadro, però, sono le mani del Padre misericordioso. Osservandole con attenzione possiamo notare come queste siano una maschile ed una femminile: il "Padre misericordioso" incarna infatti il Dio che accoglie tutti, specialmente i peccatori redenti, ecco allora che diventa Padre e Madre allo stesso tempo, Lui è il tutto. A conferma di questa interpretazione si noti inoltre come nella rappresentazione non siano presenti figure femminili. Altro particolare notevole è il fatto che il Padre venga rappresentato con occhi da cieco, forse alludendo al fatto che questo abbia perso la vista nel guardare l'orizzonte in attesa del ritorno del figlio o, più probabilmente, alla "benevola cecità" di fronte al suo passato peccaminoso.

1. L. Schneider Adams, Art Across Time. vol. II, McGraw-Hill College, New York, 1999, p. 660.
2. Rembrandt (ad vocem), Wikipedia, l'Enciclopedia libera.
3. Ibidem.
4. Ritorno del figliol prodigo (Rembrandt)(ad vocem), Cathopedia. L'Enciclopedia Cattolica.
5. Ritorno del figliol prodigo (Rembrandt)(ad vocem), Wikipedia. L'Enciclopedia libera.

 

Per approfondire

Il pittore dipinge quest'opera segnato dalla morte dell'amato figlio Titus, e sembra proiettare così sulla scena la propria sofferenza di padre e, in particolare, il desiderio struggente di riabbracciarlo.

Il Dio misericordioso, rappresenta un salto impressionante dal punto di vista iconografico per la pittura moderna: la raffigurazione dell'autore contempla infatti un Dio che perdona chi ha il coraggio di chiederlo invitando ad una visione più umanizzata della religione cristiana. Al figlio maggiore non basta invece la propria condotta esemplare, se non è in grado di accogliere la conversione e il perdono come un'occasione di festa per il ritorno alla vera vita.

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Il coraggio di essere fragili
Riscoprirne il dono alla luce della Bibbia

Storie di personaggi dall'Antico e dal Nuovo Testamento, visti nella loro fragilità creaturale o morale, e la storia meravigliosa della relazione che Dio ha intessuto con loro, prototipo della relazione che Dio vuole stabilire oggi con noi.

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