La fragilità di Giobbe

«Ti conoscevo per sentito dire ma ora i miei occhi ti vedono» /13

Una cosa è la fragilità di un oggetto, altra cosa è la fragilità di una persona. Ci sono fragilità diverse in ognuno di noi e i personaggi biblici, protagonisti della storia della salvezza non ne sono esenti. Essere fragili spesso non è un ostacolo, ma una chance... e Dio nel nostro essere "lucignoli fumiganti" intravede già la fiamma nuova come possibile realtà. Tredicesima tappa del nostro percorso biblico/artistico sulla fragilità, seguendo il libro di Alberto Curioni.

La Giobbe deriso dalla moglie, è il dipinto scelto da Alberto Curioni, autore di Il coraggio di essere fragili (Paoline), per approfondire, attraverso l'arte, la meditazione da lui proposta nel capitolo tredicesimo del suo libro, «Ti conoscevo per sentito dire ma ora i miei occhi ti vedono», dove i protagonisti sono Giobbe e la moglie.

Per gli incontri pastorali, ma anche per la fruizione privata, suggeriamo innanzitutto di proiettare o avere in altro modo sotto gli occhi il dipinto (su tablet, smartphone, notebook o stampando l'immagine). Dopo una breve introduzione sull'autore, il periodo, il perché della commissione e il luogo dove si trova l'opera d'arte (o dove si trovava), consigliamo un lungo momento di silenzio per poterla guardare e gustare con attenzione. Dopo si possono leggere e meditare le pagine 148-161 del libro - soffermandosi prima di tutto sulla pericope evangelica - e, in seguito, sulla scheda con le note spirituali/artistiche del dipinto. Per ogni passaggio è importante prendersi il tempo necessario. Canti appropriati e/o brani musicali di sottofondo possono aiutare la preghiera e la contemplazione.

Gioacchino Assereto

Nato a Genova nel 1600, Gioacchino entrò a dodici anni nella bottega del pittore Luciano Borzone (1590 – 1645), che lasciò più tardi per quella di Andrea Ansaldo (1584 – 1638). Dimostrò presto straordinarie qualità e già a sedici anni dipinse una tela per l'oratorio genovese di S. Antonio in Sarzano. Poco dopo aprì una "stanza di pittura"1 in proprio e, rapidamente affermatosi, fu per trent'anni uno dei più quotati maestri della città. Ad eccezione di un viaggio a Roma nel 1639 e di qualche aneddoto sul suo carattere schivo e bizzarro la biografia dell'Assereto, tramandata dal contemporaneo Raffaele Soprani (1612 – 1672)2, non registra altre notizie che non siano costituite dalle sue opere.

Attivo sempre nella sua città, ed anche per ciò meno noto di Bernardo Strozzi (1581 – 1644) o del Grechetto (1609 – 1664), anzi per lungo tempo dimenticato, l'Assereto è da considerarsi tra i grandi artisti del Seicento. Ebbe gran peso sull'orientamento della pittura genovese specie tra il 1630 e il 1645, influenzando con il suo linguaggio tendente alla rappresentazione oggettiva e la sua visione naturalista della scena, artisti portati a concezioni più liriche come Giovanni Andrea De Ferrari (1598 – 1669), a un più astratto accademismo come Domenico Fiasella (1589 – 1669) o a un fasto d'apparati decorativi e di colore come Orazio De Ferrari (1606 – 1657).

Tra i capolavori dell'Assereto, ascrivibili alla sua piena maturità artistica risulta esservi Giobbe deriso dalla moglie oggi conservato presso il Museo di Belle Arti di Budapest.

 

[Gioacchino Assereto (1600-1649), Giobbe deriso dalla moglie (sec. XVII, prima metà), olio su tela, Budapest, Museo di Belle Arti (Szépmüvészeti Múzeum)]

Dal libro di Giobbe (42, 1-9)

Giobbe prese a dire al Signore:
«Comprendo che tu puoi tutto
e che nessun progetto per te è impossibile.
Chi è colui che, da ignorante,
può oscurare il tuo piano?
Davvero ho esposto cose che non capisco,
cose troppo meravigliose per me, che non comprendo.
Ascoltami e io parlerò,
io t'interrogherò e tu mi istruirai!
Io ti conoscevo solo per sentito dire,
ma ora i miei occhi ti hanno veduto.
Perciò mi ricredo e mi pento
sopra polvere e cenere».

Dopo che il Signore ebbe rivolto queste parole a Giobbe, disse a Elifaz di Teman: «La mia ira si è accesa contro di te e contro i tuoi due amici, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe. Prendete dunque sette giovenchi e sette montoni e andate dal mio servo Giobbe e offriteli in olocausto per voi. Il mio servo Giobbe pregherà per voi e io, per riguardo a lui, non punirò la vostra stoltezza, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe».
Elifaz di Teman, Bildad di Suach e Sofar di Naamà andarono e fecero come aveva detto loro il Signore e il Signore ebbe riguardo di Giobbe.


paoline bellezza e fede fragilita giobbe curioni pIl dipinto

La scena rappresentata dall'Assereto narra l'abbandono che Giobbe subì da parte dei parenti più stretti, degli amici e dei consiglieri. L'uomo, come vuole la tradizione, viene qui rappresentato anziano, seduto sulla paglia, con la barba bianca e i fianchi coperti da un semplice perizoma. Le sue sofferenze sono una prefigurazione di quelle di Cristo. Sulla sinistra fanno capolino due demoni, come richiamo alle cause che portano l'uomo a questa condizione di sofferenza (la scommessa tra Dio e il Diavolo), mentre Giobbe, con gli occhi rivolti al cielo, indica l'intervento clemente di Dio. Sulla destra compare la moglie di Giobbe, che irride il marito con il gesto del pollice tra dito indice e medio: un gesto di derivazione greco-romana con un osceno significato a sfondo sessuale.
Come il testo biblico da cui è tratta, la raffigurazione della storia di Giobbe risulta essere di grande espressività, oltre che straordinariamente attuale, perché tocca l'eterna questione della sofferenza umana, invitando alla coerenza e alla tenacia verso le proprie idee e la propria fede.

1. Assereto Gioacchino (ad vocem) in Treccani.
2. Raffaele Soprani, Vite de'pittori, scultori ed architetti genovesi, Genova 1674, p. 167, ed. a cura di C. G. Ratti, Genova 1768, pp. 271-278.

 

Per approfondire

Per la stesura pittorica libera e vibrante l'opera è chiaramente ascrivibile all'ultimo periodo di attività dell'artista, ovvero tra il 1645 e il 1650, anche se non mancano forme e modi di lontana derivazione manierista che spinsero il noto critico d'arte Roberto Longhi (1890 – 1970) ad anticipare la datazione della tela al 16303 circa. La curvatura delle figure dentro lo spazio, i loro "gesti ellittici e rotanti" per dirla con le parole dello stesso Longhi4, indicano infatti un horror vacui di "maniera" che guarda molto agli esempi lombardi del Cerano (1573 – 1632) e di Giulio Cesare Procaccini (1574 – 1625)5.

Nel taglio compositivo a tre quarti delle figure, nel forte contrasto chiaroscurale e nell'intensa e naturale restituzione di volti ed espressioni è però leggibile l'aggiornamento alla cultura caravaggesca che Gioacchino ebbe modo di compiere in occasione del suo soggiorno romano del 1639 . A confermare una datazione al quinto decennio del XVII secolo concorrono poi i diversi richiami ad altre opere dell'ultimo periodo dell'Assereto: il viso di Giobbe, per esempio, nella brillante resa a tacche di colore, rimanda al volto di San Giuseppe nella Morte di San Giuseppe, mentre nella Visione di Santa Monica al Minneapolis Institute of Arts o nella Vendita della primogenitura di Palazzo Bianco compaiono figure di vecchie analoghe, per fisionomia e tratti stilistici, alla moglie di Giobbe.

2 R.Longhi, L'Assereto in Dedalo, anno VII, vol. II, 1926-1927, p. 366.
3 Ibidem.
4 T. Zennaro, Gioacchino Assereto (1600 – 1650), Soncino, Edizioni Soncino, vol.1, p. 430.
5 Ibidem.

 

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Il coraggio di essere fragili
Riscoprirne il dono alla luce della Bibbia

Storie di personaggi dall'Antico e dal Nuovo Testamento, visti nella loro fragilità creaturale o morale, e la storia meravigliosa della relazione che Dio ha intessuto con loro, prototipo della relazione che Dio vuole stabilire oggi con noi.

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