La Parola e la Polis

Percorsi biblici, teologici, politici

Autorevolezza e franchezza – exousia e parrhesia – connotano la riflessione biblica e le pratiche critiche, civili, politiche di Marinella Perroni e sono al cuore di questi saggi, raccolti come Festschrift, l'omaggio per il suo settantesimo compleanno.

Anzi, con quella ostinazione che può essere pregio e forse un po' difetto degli studi biblici e teologici, i due termini vorremmo lasciarli in greco, perché la traduzione che ne ho appena proposto è inesatta o quanto meno insufficiente: un intero contributo a firma di Pius-Ramon Tragan lavora sul significato del primo di essi, così importante anche per l'esegesi femminista, e di sicuro rimanda al campo semantico dell'autorità, che si specifica in senso evangelico, ma senza scadere a forme romantiche, le sole che troppo spesso si ritengono appropriate per le donne, quando non siano degne dell'epiteto di streghe. Di autorità dunque si tratta, senza dubbio: non priva di quell'aura che trasforma il semplice esercizio di un potere in credibilità e aggraziata emergenza di valore, ma forte della consapevolezza di averne facoltà. Come Marinella Perroni in una recente conferenza sottolineava, si può a questo proposito rimandare alla formula giuridica in cui nelle sessioni parlamentari si dà la parola a chi la richiede: «L'Onorevole ha chiesto la parola. Ne ha facoltà». Analogamente nei libri biblici è l'atto stesso di alzarsi in piedi nell'assemblea a rivelare l'autorità di prendere la parola: la frase in esergo non reca infatti nessun versetto di riferimento, perché sarebbero troppi, raggiungendo gli Atti lucani dalla Scrittura ebraica. (...)

Viva tradizione, consegnando

Nessuna parola e nessuna azione, a ben vedere, può essere solo individuale, perché si inserisce comunque nella rete di pratiche e significati che costituisce il mondo con i mondi che lo compongono. Certo non lo sono quelle a cui si vuole rendere qui omaggio né quelle che costituiscono questo volume-inomaggio, che anzi le une e le altre hanno la volontà esplicita – politica appunto – di entrare nel discorso comune, di trasformarlo, di essere parte di un processo di consegna e tradizione. A questo proposito non possiamo non rimandare a un carteggio importante fra Maria Luisa Rigato, prima allieva del Pontificio Istituto Biblico all'indomani del Concilio, e Carlo Maria Martini, col quale ha condiviso passione biblica e dedizione ecclesiale. Dopo l'Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini, nella quale tornava con insistenza proprio l'espressione «viva Tradizione», la biblista, con parrhesia appunto, metteva a nudo l'assenza, a tale proposito, di buona esegesi e di corretta ermeneutica:

Amatissimo Cardinale, parliamo di «viva Tradizione». Nell'Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini del 30 settembre 2010 l'espressione «viva Tradizione» ricorre molto frequentemente. Finora, a quanto so, nessuna delle Associazioni teologiche ha mai messo l'argomento seriamente a tema in un convegno. Le pongo qui due domande limitatamente ad altrettanti esempi, che a mio avviso evidenziano le conseguenze di cattiva esegesi e di cattiva ermeneutica. 1) È «viva Tradizione» l'insegnamento del disprezzo per gli Ebrei, espresso anche nella nostra Liturgia, ripudiato finalmente dal concilio Vaticano II? 2) È «viva Tradizione» – per giunta irriformabile come affermano alcuni teologi – ciò che di fatto è delirio di superiorità nei confronti della donna, per giustificare la sua esclusione dal ministero ordinato? Mi torna sempre in mente il logion di Gesù il quale, in polemica intragiudaica, risponde ai suoi interlocutori: «Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini... annullando così la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi» (Mc 7,8.13). Maria Luisa Rigato, biblista teologa, Roma2.


La risposta di Martini è bella e insieme disarmante, proprio perché, mentre riconosce il cammino che c'è da compiere per dare un senso adeguato al lemma e riporta alcuni dati che sono davanti agli occhi di tutti, ne svolge poi le conseguenze in maniera minimale, quale è quella della tradizione (patristica e patriarcale) della «evangelizzatrice degli evangelizzatori»:

Auspico con lei che si faccia chiarezza con serietà e metodo sul significato di «viva Tradizione». Certamente nessuna forma di disprezzo può essere considerata come «tradizione» né, ancor meno, come «evangelica». Il versetto di Marco da lei citato ne è il fondamento. Nei Vangeli l'immagine della donna emerge quanto mai prediletta rispetto a molte delle figure maschili. Il dato più schiacciante in questo senso è il presentarsi del Risorto a una donna come prima e assoluta testimone. È una donna che evangelizza gli evangelizzatori. La Chiesa in questo senso ha ancora molto da scoprire. Carlo Maria Martini.


Con onestà, dunque, il Cardinale aggiunge che c'è ancora molto da scoprire, molto cammino da fare. Bisogna però finalmente dire che c'è anche tanto cammino fatto, anche su quegli stessi testi pasquali, un cammino che è già una viva tradizione: i contributi di Rigato su Maddalena, la «Resa grande», e di Perroni su Maria di Magdala, ad esempio, sono già parte di questo percorso, entrano in un processo di consegna, accogliente e promettente proprio perché critico e rigoroso. In che misura questi studi possano diventare eredità condivisa, tradizione comune, è ancora incerto, o meglio è un dato che, pur piccolo e minacciato, ha la forza indomita della speranza e l'atto di fiducia della consegna. Una trama femminista tuttavia è anche questo: la vogliamo qui riconoscere, vogliamo mostrare gratitudine per quel labor mostrandone anche le potenzialità inclusive.

Da: Con exousìa. A modo di introduzione, di Cristina Simonelli, in La Parola e la Polis. Percorsi biblici, teologici, politici - Omaggio a Marinella Perroni, a cura di a cura di Cristina Simonelli e Pius-Ramon Tragan, Paoline.

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La Parola e la Polis

Il libro, omaggio a Marinella Perroni, dipinge al vivo una Chiesa di donne e uomini e il progetto di una polis inclusiva. Opera di 24 fra studiose e studiosi, testimonia che il lavoro comune genera novita' vitali.

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