Maria con occhi di discepoli

Alessandro Deho', nel libro "Maria. Un cammino", ci mette con poesia e profondità sulle orme di Maria per fare con lei, attraverso la sua storia, un viaggio a ritroso per capire come ha fatto a perdonare i discepoli che hanno abbandonato suo Figlio...

Immaginate di essere a Gerusalemme nella stanza al piano superiore dove si sono riuniti gli undici dopo la risurrezione di Gesù, e immaginate di essere uno dei discepoli che porta con sé tutta l'inquietudine del vissuto precedente: il cammino con il Rabbi di Galilea, lo sconcerto, il tradimento, la morte, la vita nuova, il senso di colpa. Ma provate a portare con voi anche la vostra storia di entusiasmi, fatiche, dolori, slanci, infedeltà. Infine immaginate che Maria sia semplicemente lì con voi, nonostante tutto.

In ogni storia, in ogni racconto, il punto di vista fa la differenza. I fatti nudi e crudi della vita di Gesù li sappiamo, ancora più facile per noi ricordare le poche e precise parole di Maria, ma leggere tutto con occhi di discepolo, che ama, fa la differenza. Ed è questa la prospettiva che Alessandro Deho' abbraccia in questo libro: insieme agli apostoli, adunati dopo quella che sembra la fine della storia del Messia, carico del bagaglio del suo vissuto contraddittorio, guarda Maria, la donna e la madre, e si chiede come abbia fatto a perdonare coloro che hanno abbandonato il Figlio, come sia possibile che lei sia ancora lì con loro, semplicemente. E si risponde: «Come abbia fatto, è scritto nella sua storia. Bisogna tornare indietro. Un passo per volta. Perché anche lei ha imparato. Una madre che impara dal figlio».

Quando e come ha imparato Maria a perdonare? E cosa significa?
Inizia così un profondo viaggio a ritroso nei brevi ma sufficienti e significativi passaggi che hanno visto questa donna vivere la vita con Gesù e di Gesù. Eppure nel viaggio ci troviamo coinvolti anche noi che leggiamo, trascinati e interpellati da un uomo che non lascia indifferenti e che fa assaporare l'umile e luminosa scintilla di Dio che incontra le donne e gli uomini. Sotto la croce Maria comprende che perdonare è essere fecondi, è generare relazioni proprio nel momento in cui tutto sembra morire. Nella ricerca del Figlio che definivano «fuori di sé», nonostante il dubbio che da donna in carne e ossa la sorprende, ella apprende che la logica della grazia è quella di uscire dagli schemi per andare incontro all'altro. Nelle nozze di Cana fa esperienza che perdonare è trasformare la mancanza in presenza, la morte in vita; tra i dottori del tempio coglie che un elemento essenziale per ristabilire una relazione mortificata è quello di cercare e custodire coloro che si sono persi e a Betlemme, alla nascita di Gesù, ha appreso a fasciare un indifeso, ma anche le ferite di tutti coloro che sono stati piagati dalla vita.

Ma la sua scuola diventa anche la nostra, per essere figli di questa madre, figli nel figlio, possiamo fare anche noi questo percorso con verità dentro noi stessi. È difficile raccontare questo libro perché, più che eventi nuovi o l'ampliamento della comprensione della figura di Maria, ci mette al suo fianco con tutte le nostre piccole fatiche, con la poesia e la semplicità delle parole buone:

«Sai, Maria, credo di capirti. No, non guardarmi così, non sto esagerando; è successo anche a me. Di perderlo, dico. Di perdere il legame con Dio, legame che spesso non si smarrisce dopo crisi feroci o lotte spirituali all'ultimo sangue. Sì, può succedere, ma più spesso succede che si riparte a vivere... e non ci si accorge di averlo perso».

Ma alla fine ecco la scoperta per lei e per noi. Sì, alla fine, perché è solo dopo, quando rileggi il filo rosso della storia, quando scegli l'angolatura da cui guardare il tempo, solo allora vedi la direzione e il senso. E proprio in fondo si vede il significato dell'annunciazione che non è solo comunicazione della nascita di Gesù, ma Maria stessa diventa messaggio per noi e noi ci trasfiguriamo in buona novella per il mondo.

«Adesso, e solo adesso, sono Annunciazione. Qui, con voi, in questa stanza del piano superiore, dopo che la croce ha annunciato sangue e luce, dopo che il grande vuoto della morte ha indicato cammini di vita risorta. Ora, e solo ora, sono davvero Annunciazione. [...] Ora io sono Annunciazione, sono annuncio di lui che ha preso carne in me, che ha preso carne nell'umanità, per riportarci a casa. Siamo noi Annunciazione. Annunciazione di Dio, ogni volta che diventiamo casa per l'uomo, ogni volta che diventiamo grembo accogliente capace di rimettere al mondo umanità».


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