Pensiero incompleto

Breve introduzione alle grandi domande della vita

Siamo nell'epoca degli slogan, delle frasi gridate, delle notizie false. Siamo in un passaggio storico in cui si sente cantare il "De profundis" della ragione. Il pensiero muore insieme ai suoi eroi. E lascia sul terreno le macerie di un'umanità disorientata, che vaga senza una direzione, persa nella violenza dei cannibali del potere.

Non è più l'epoca del logos, del discorso ragionevole, dell'argomentazione retorica; è il tempo del pathos, dell'immediatezza, della parola efficace, della comunicazione suggestiva. Soprattutto è l'epoca che non ha più tempo. Anzi, il tempo ci divora con il suo inesorabile passaggio: tutto troppo veloce per fermarsi a pensare. Non c'è tempo per riflettere. Le decisioni chiedono rapidità.
In questo scenario così frammentato e desolante, mi ha ridestato quella parola di papa Francesco che, per ben due volte, a distanza di poco tempo, ha parlato di «pensiero incompleto». Questa espressione è stata usata dal Papa, per la prima volta, nell'intervista rilasciata alle riviste dei Gesuiti il 19 settembre 2013:

Il gesuita deve essere una persona dal pensiero incompleto, dal pensiero aperto. Ci sono state epoche nella Compagnia nelle quali si è vissuto un pensiero chiuso, rigido, più istruttivo-ascetico che mistico (...). No, il gesuita pensa sempre, in continuazione, guardando l'orizzonte verso il quale deve andare, avendo Cristo al centro. Questa è la sua vera forza. E questo spinge la Compagnia a essere in ricerca, creativa, generosa.
La Civiltà Cattolica 164 (2013) 3, 3918, 455-456.

La seconda volta, il 3 gennaio 2014, il Papa è tornato a usare questa espressione nell'omelia durante la Messa di «azione di grazie» per la canonizzazione di Pietro Favre:

E se il Dio delle sorprese non è al centro, la Compagnia si disorienta. Per questo, essere gesuita significa essere una persona dal pensiero incompleto, dal pensiero aperto: perché pensa sempre guardando l'orizzonte che è la gloria di Dio sempre maggiore, che ci sorprende senza sosta. E questa è l'inquietudine della nostra voragine.

Questo libro nasce proprio da questo invito e da questa inquietudine: tornare a pensare. De profundis significa canto che viene dagli abissi, in cui il pensiero è sprofondato, ma possiamo anche intenderlo come canto sulle cose profonde, sulle grandi domande della vita, su quelle cose che stanno a cuore a ciascuno, ma su cui non abbiamo più l'audacia di riflettere: il tempo, la morte, l'amore, la libertà, il desiderio... Il modo in cui intendiamo questa espressione dice come ci poniamo davanti alla realtà: con rassegnazione o con slancio.
Senza escludere le altre dimensioni della vita, pensare è, come diceva già Martin Heidegger, un ringraziare. Pensare è coinvolgersi responsabilmente nella vita. La pigrizia del pensiero ci rende schiavi, desolati e amareggiati, solo apparentemente più felici. Senza l'azione del pensiero diventiamo pagliacci che piangono sotto una maschera sorridente, perché non sappiamo più chi siamo e quello che desideriamo.
Pensare è un'azione che ha pertanto una rilevanza etica. Pensare è già fare qualcosa. È il punto di partenza di ogni azione. Senza il pensiero restiamo immobili, rinunciando a vivere. È forse il tempo in cui riabituarsi a pensare, è il momento in cui ritrovare il gusto di pensare.
Questo libro può essere compreso come una palestra della mente, il luogo dell'esercizio spirituale, perché è impossibile non incontrare Dio quando ci poniamo le domande più profonde sulla nostra esistenza.

Come ricordava Giovanni Paolo II in Fides et ratio, al n. 30: «Ogni uomo è in certo qual modo un filosofo». Perciò questo libro è per tutti. E può essere considerato come una piccola introduzione alla filosofia, cioè a quel desiderio di ogni uomo di trovare un senso nella sua vita. Il pensiero ha tante forme e non solo quella logico-argomentativa. Per questo ho pensato di introdurre ogni riflessione con un testo tratto dalla letteratura, per mostrare come ogni domanda risponda a questioni che attraversano profondamente l'umano. Ciascuno prova a esprimere la sua risposta secondo le proprie modalità. Questa prima parte è denominata «Gustare»: è l'atteggiamento che ci prepara, ci predispone, ci coinvolge affettivamente. Segue poi «Pensare»: è la proposta di riflessione, una pista per provare a mettersi in gioco. Ma il pensare deve trasformarsi in azione per evitare di spegnersi: arriva quindi il momento di «Agire». Infine, per coloro che vogliano andare avanti nella riflessione e confrontarsi, sullo stesso tema, con altri autori, viene offerta una breve bibliografia per «Approfondire».
Questo libro può tracciare la via per un cammino personale, per lasciarsi provocare e per meditare; ma può essere anche uno strumento da proporre a studenti, per introdurre allo studio della filosofia, o a gruppi, come spunto di riflessione e di discussione.

Tutto rimane aperto, per continuare l'avventura del pensiero. Il libro prova solo ad avviare la riflessione, ma non pretende di dare risposte definitive. Il pensiero rimane incompleto e l'anima desidera cercare ancora.

Intervista all'autore

 

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Pensiero incompleto
Breve introduzione alle grandi domande della vita

Il tempo ci divora con il suo inesorabile passaggio: tutto troppo veloce per fermarsi a pensare. Non c'è tempo per riflettere. Le decisioni chiedono rapidità. Questo libro nasce proprio da questo invito e da questa inquietudine. Tornare a pensare, per dare respiro e spazio in noi alle grandi domande della vita, quelle cose che stanno a cuore a ciascuno, ma su cui non abbiamo più l'audacia di riflettere.

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