Una vita religiosa per tutti?

Come recuperare il legame congenito della "vita religiosa" con la storia e con la profondità della vita, per essere, anche oggi, segno credibile? Nell'Anno che la Chiesa dedica alla vita consacrata nuove domande si impongono: Chi siamo noi oggi? Chi siamo noi, chiamati religiosi e religiose, attualmente?

Personalmente, la vita religiosa, oggi, la percepisco stanca. Questa stanchezza non è dovuta – penso – alla sua età, ma al suo non preoccuparsi più di essere vita. Siamo meno – anche chi tuttavia conta numerosi membri nelle proprie comunità – e viviamo come se fossimo ancora tanti o tante.

Quando non siamo deluse o delusi, stiamo comodamente bene per quello che abbiamo già fatto prima, per cui il presente ci dice molto poco se non come oggetto di critica costante. La così chiamata vita religiosa, oggi, a mio avviso, rispecchia l'insufficienza di questo aggettivo in relazione all'ampiezza del termine vita. La vita infatti ci sfugge, non cronologicamente, ma esistenzialmente. La vita religiosa è, ormai da anni, spaesata e impaurita di fronte alle costanti trasformazioni della storia, in un mondo «adulto»; che si pensa autonomo e che non ama grandi dipendenze; e così, noi preferiamo ridefinirci dall'interno.

Questione di "stile"...

In questo momento storico è come se apparissero tutti quei vuoti che avevamo potuto riempire con tante facili apparenze. Sono vuoti mistico-esistenziali. Mistici perché legati alla nostra relazione con il Mistero, esistenziali perché per troppo tempo abbiamo trasformato questo stile di vita in uno stile non condivisibile con gli altri e, quando stiamo in mezzo agli altri, lo facciamo sempre con la finalità di fare qualcosa. Uno stile che ha dimenticato di essere nato con il gusto di essere vita e niente più; sogno e prassi di spiriti liberi e cuori pensanti. Spiazzata rispetto alle trasformazioni profonde della storia, non le resta che pensare a se stessa, anche quando pensa agli altri. Deve andare e stare «nel mondo» per essere utile. Deve recuperare nuove forze per essere ancora più utile, senza accorgersi che nessuno le sta chiedendo di esserlo.

... e non di numero

La vita religiosa oggi è... quella dei numeri. Quante! Non quella dei «quanti», cioè preoccupata delle particelle nascoste che abitano la materia, ma piuttosto del quanto, numericamente calcolabile. Il numero, questo intoccabile numero che per molte congregazioni diventa criterio di spostamento verso altre terre; non per affiancarsi a processi di liberazione, non per cercare le sfaccettature di un Mistero non ancora percepito totalmente, ma solo per cercare come arrivare a essere numerose, «presenti». Come se, per essere presenti, bisognasse essere in tanti o tante.

La storia della vita religiosa è solo uno dei tanti fili della trama e dell'ordito della storia umana, intreccio di elementi lineari più o meno complesso. Trama delle nervature di una foglia, o chiaroscuri rigagnoli della superficie lunare in una notte limpida. Leggerla senza la storia non è possibile e significherebbe sfilacciare questo tessuto e smagliarne la trama, cioè quella strana entropia senza la quale nemmeno la vita religiosa ha un senso. Percorrerla a ritroso, mi rendo conto che non è facile; ma è come accarezzare questo tessuto cercando, con il tatto, da dove inizia il tutto. In questo modo la storia scorre, si interseca, si sfuma, riappare, ma come continuazione di un altro filo.

Da: Antonietta Potente, È vita ed è religiosa. Una vita religiosa per tutti, Paoline.


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