Giacobbe e il pellegrinaggio nella speranza: da Bethel a Bethel

Padri e Madri nella Speranza - 4

Il patriarca Giacobbe è modello esemplare di un’esistenza come pellegrinaggio, che comincia nell’incontro personale con Dio (a Bethel) e si conclude nell’incontro con Dio (a Bethel) di tutti i membri della sua famiglia. La speranza è stata un faro che ha illuminato le sue notti interiori, fino a che non ha ricevuto da Dio il nome nuovo: Israele, ovvero il credente che lotta con Dio che lo fa vincere.

«Se Dio sarà con me»

Costretto a fuggire da casa per l’ira del fratello cui aveva carpito la primogenitura, Giacobbe spera di trovare accoglienza e futuro dallo zio Labano. Lungo il cammino, e in preda allo sconforto, «capitò in un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese là una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo». Un sogno rompe il suo terrore: vede una scala unire il cielo con la terra e sente la voce del Signore Dio che gli promette una terra, una numerosa discendenza e gli assicura la sua protezione. Come per Abramo, anche per Giacobbe i verbi sono al futuro: «Ecco, io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questa terra, perché non ti abbandonerò senza aver fatto tutto quello che ti ho detto».
Lusingato da queste parole, il buio che avvolge Giacobbe si fa luminoso. Chiama il luogo Bethel, cioè casa di Dio, mentre prima si chiamava Luz, che significa “luogo chiuso”. Luz, in realtà, era lui che, chiuso in sé stesso, non aveva ancora esperienza di Dio e della speranza che viene da Lui. Bethel è, invece, luogo aperto ed esso indica proprio lui che, sia pure titubante, si apre a Dio ponendo delle condizioni. Tra sé e sé dice: «Se Dio sarà con me e mi proteggerà in questo viaggio che sto facendo e mi darà pane da mangiare e vesti per coprirmi, se ritornerò sano e salvo alla casa di mio padre, il Signore sarà il mio Dio». Con il cuore abitato da una flebile speranza, il giovane Giacobbe arriva dallo zio Labano. Si forma una famiglia e diventa un bravo e astuto pastore, padre di dodici figli. La sua posizione economica suscita l’invidia di Labano che gli riduce il salario e gli procura diverse vessazioni.

«Il Dio di mio padre è stato con me!»

Giacobbe, esasperato, confida alle mogli l’astio del loro padre verso di lui. Confessa loro: «il Dio di mio padre è stato con me» (cfr. Gen 31,5). Il se dell’inizio è divenuto certezza. Le prove vissute hanno reso adulta la sua fede e realizzato la sua speranza. Dio non lo ha deluso! Il suo pellegrinaggio deve, comunque, continuare. Dio gli dice: «Io sono il Dio di Bethel… dove tu hai fatto un voto. Ora alzati, parti da questa terra e torna nella terra della tua famiglia!». Giacobbe come era fuggito dalla casa paterna, ora deve fuggire dalla casa di Labano, per raggiungere la terra che Dio gli ha preparato.

«Se il Dio di mio padre non fosse stato con me…!»

Quando Labano lo raggiunge, Giacobbe testimonia davanti a tutti che Dio non ha deluso le sue speranze. Infatti «se il Dio di suo padre, non fosse stato con lui sarebbe partito a mani vuote, invece Dio lo ha protetto» (cfr. Gn 31,42). Colmo di fiduciosa speranza, riprende il pellegrinaggio verso Bethel, dove all’inizio del suo cammino aveva incontrato Dio. «Alzati!» gli comanda Dio. Questo comando sulle labbra di Giacobbe diviene: «Alziamoci!». Tutta la sua famiglia dovrà camminare verso il luogo dove Dio accese in lui il faro della speranza. Ogni membro della famiglia dovrà scegliere il Dio che lo ha protetto, eliminando gli dei stranieri che avevano con loro (cfr. Gen 35,3).
Alle soglie di Bethel, Giacobbe attraversa la notte più buia della sua vita, perché sulla strada avrebbe incontrato Esaù. Il suo Dio sarà ancora con lui per proteggerlo da una eventuale vendetta? La mente di Giacobbe è un turbinio di pensieri. Mette in salvo la sua famiglia e si prepara all’incontro con Esaù. Quando si fa buio, uno sconosciuto misterioso lo afferra e lotta con lui. Giacobbe sostiene la lotta per tutta la notte, senza dargli tregua. Vuole vincere senza fuggire, affrontando le difficoltà. Quando crede di aver vinto il suo rivale lo colpisce, lasciandolo zoppo per tutta la vita. «Lasciami andare, perché è spuntata l'aurora», gli dice l’essere misterioso. Giacobbe gli risponde: «Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!». L’uomo gli domanda: «Come ti chiami?». Giacobbe nel rivelare il suo nome si arrende, perché dichiara di essere Giacobbe cioè “il soppiantatore”. Questa resa a Dio gli ottiene una nuova identità: «Non ti chiamerai più Giacobbe ma Israele perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!» (v. 29). Nel pieno della sua fragilità, quando si arrende a Dio, riceve la benedizione sperata.
«Spuntava il sole quando Giacobbe passò a Penuel». Un nuovo giorno si è aperto nel suo cammino, ora è colmo dalla certezza che Dio lotta con lui e per lui, certezza che si fa coraggio di osare, cioè speranza senza illusioni, perché fondata sulla fede.

La storia del pellegrinaggio fisico e spirituale di Giacobbe è narrata in Genesi, capitoli 28-32.


Preghiamo
Dio, nostro padre,
tu sei il Dio con noi, sempre.
Nel deserto apri le strade,
nel buio doni la luce,
e nel cuore angosciato,
susciti la speranza che osa lottare.
Concedici, come Giacobbe,
di passare da una fede che vuole metterti alla prova
a una fede che ti dichiara il «Dio che è stato con me!».
Rafforza la nostra speranza
per rimanere coraggiosi sul tuo cammino.


LEGGI ANCHE: 1. La speranza di Dio - 2. Abramo e Sara pellegrini nella speranza - 3. Rebecca, la speranza provata e perseverante - 4. Giacobbe e il pellegrinaggio nella speranza: da Bethel e Bethel


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