Il monte

Simboli biblici

Nelle grandi religioni, il monte, a motivo della sua grandezza, del suo innalzarsi verso il cielo, della sua solidità, è considerato la dimora del dio invisibile la cui maestà è nascosta dalle nubi. Il monte, essendo, il luogo dove gli dèi abitano, è ritenuto anche il luogo da dove la salvezza può arrivare.

È così importante l'immagine del monte collegato alla divinità che nell'antico Medio Oriente il tempio degli dèi è rappresentato come una montagna. Un noto esempio sono le ziqqurat babilonesi, costruite in cima a una torre, con una gradinata che simboleggia la montagna sulla quale Dio si manifesta. Questo edificio, come il monte, posto a metà strada tra il cielo e la terra, indica il cammino che Dio compie verso l'uomo e di questi verso Dio. Le ziqqurat babilonesi richiamano la torre di Babele. Per la mentalità biblica, il monte è il luogo dove Dio si rivela e fa udire la sua voce. La Bibbia evidenzia, però, che il Dio d'Israele è Dio dei monti, della terra e delle sue pianure. La salvezza non viene dai monti che sono creature e in quanto tali lodano Dio: «O voi, monti e colline, benedite il Signore» (Dan 3,75; Sal 148,9).

Alcuni monti nella esperienza biblica sono i luoghi scelti da Dio per manifestarsi. Vi è il monte Moria verso il quale Abramo sale con Isacco per offrirlo a Dio e dove incontra Dio che non vuole sacrifici umani (cfr. Gen 22,1 ss.). Mosè ascende sul Sinai-Oreb ritenuti, per eccellenza, monti della rivelazione. Sul monte Mosè sperimenta la presenza divina nella nube (cfr. Es 19,1) e vede la gloria del Signore (cfr. Es 33,18). Non sappiamo dove collocare il Sinai-Oreb. La loro geografia è, in primo luogo, spirituale. Mosè sull'Oreb incontra Dio (cfr. Es 3,1) e su di esso condurrà il popolo (cfr. Dt 1,6). Dio si stabilisce sul monte Sion.

Se il monte indica il luogo dove Dio si può incontrare, nel Nuovo Testamento il nostro monte è Gesù perché soltanto lui ci dà la possibilità di avvicinarci a Dio, anzi di vederlo, ascoltarlo senza paura, di chiamarlo Padre. Alzare gli occhi verso i monti vuol dire cercare aiuto dall'alto (cfr. Sal 121); Giovanni invita ad «alzare gli occhi verso l'alto», cioè verso colui «che è stato innalzato da terra» (cfr. 3,13; 19,37). Con Gesù cessa la stessa importanza del Sinai, che non è più il centro della terra o l'ombelico del mondo (cfr. Ez 38,12). Dio, infatti, non vuole più essere adorato su questo o su quel monte: «Né su questo monte né su di altro adorerete Dio, ma lo adorerete in spirito e verità» (cfr. Gv 4,21). Nel Vangelo secondo Matteo, Gesù ama salire sui monti, e invita coloro che lo seguono ad ascendere sul monte.

Le montagne che scandiscono la vita pubblica di Gesù dalle tentazioni (cfr. Mt 4,8) al mandato apostolico (cfr. Mt 28,16) sono sette. Centrale è il monte delle beatitudini dove Gesù presenta il suo programma (cfr. Mt 5-7) cui corrisponde il monte, dove dopo la sua resurrezione, Gesù consegna il mandato missionario (cfr. Mt 28,16-20). Non sappiamo quale sia questo monte. Un dato è certo: gli undici per poterlo incontrare hanno dovuto fare una «salita» sul monte fissato da Gesù (cfr. Mt 28,16), per poi «discendere» e andare, inviati da Gesù, verso i confini della terra.

Da sapere

  • Leggi il salmo 120/121: il salmista chiarisce bene che il suo aiuto nelle diverse situazioni della vita non può venire dai monti alti. Per quanto questi possano grandezza, il vero aiuto che non tradisce viene solo dal Signore.

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