Il Vangelo secondo Marco

Una rilettura

Scrive Luigino Bruni, economista e storico del pensiero economico, «sapevo che la storia di Marco era una storia meravigliosa. Rileggendola e ristudiandola ho però sentito che pagina dopo pagina quella storia era anche la mia, molto più e diversamente da quanto pensassi prima di iniziare a scrivere».

Sono arrivato al Vangelo di Marco come approdo, provvisorio, di un lungo cammino. L’ho trovato dopo aver commentato undici libri dell’Antico Testamento. L’ultimo è stato il libro di Rut (2021), l’antenata di Gesù, che è diventata antenata anche di questo mio commento a Marco.

Da qualche anno tornava, di tanto in tanto, una stessa domanda: quando commenterò, se lo commenterò, un Vangelo o un testo del Nuovo Testamento? Nel rispondere ho esitato a lungo, forse perché, più o meno consapevolmente, temevo un lungo incontro con Gesù faccia a faccia, che sapevo sarebbe stato soprattutto una lotta, dalla quale non sarei uscito indenne. Sapevo che gli incontri sinceri con persone speciali ci cambiano sempre. Ci feriscono, come Giacobbe dopo il guado dello Iabbok, ma noi, diversamente da Giacobbe-Israele, non sempre riceviamo insieme alla ferita anche una benedizione, o almeno non sempre la vediamo.
Poi, oltre all’incontro con il Gesù dei Vangeli, temevo anche, e forse di più, l’incontro con il Gesù della Chiesa di oggi, dove in due millenni sono cresciuti insieme il Gesù-grano e il Gesù-zizzania. Gesù è certamente cresciuto con la sua Chiesa e con l’umanità.
Oggi lo conosciamo meglio e di più dei suoi discepoli di Galilea, riesce a dirci parole di vita anche più umane di quelle che ha detto nel I secolo in Palestina, grazie alla Chiesa e all’umanità che, cresciute per i frutti portati dal seme delle sue parole, amplificano quelle antiche parole. Ma insieme sono anche cresciute le molte ideologie su Gesù e fin dai primi secoli le incrostazioni ideologiche si sono profondamente innestate dentro il Gesù dei Vangeli, così oggi noi facciamo una gran fatica quando proviamo a separare Gesù dalle ideologie su Gesù, sapendo di non riuscirci mai del tutto. […]

Ma, nonostante queste paure e queste resistenze interiori, a un certo punto, mentre lavoravo sui profeti – in un lavoro difficile e stupendo, che ha cambiato molte cose nella mia fede, nel mio lavoro e nella mia vita – cominciai a maturare uno strano e crescente desiderio di Nuovo Testamento. Tuttavia intuii che dovevo arrivarci dal basso, arrivare a Gesù ripercorrendo la sua genealogia cominciando da Adamo, passando per la Legge, i profeti e la sapienza biblica. Iniziò ad appassionarmi sempre più l’idea di vederlo arrivare sull’orizzonte dell’attesa millenaria di un popolo che ha saputo custodirla e continua a farlo. Così i timori hanno lasciato spazio all’entusiasmo.
Ho scelto l’intera Bibbia come postazione di vedetta sul Vangelo, con essa sono stato sentinella sulle mura della mia città, e da lì ho iniziato a guardare lontano, nell’attesa che arrivasse qualcuno. Sperando che quel mio avvistare non fosse quello vano della fortezza Bastiani del Deserto dei tartari, ma quello vero dei profeti, le prime sentinelle della Bibbia.
Speravo di vedere, anch’io, quella grande luce mentre camminavo ancora nelle tenebre, in compagnia dei miei amici. Vederla spuntare non dalla sponda dell’era cristiana ma su quella della Bibbia. Per sentire pronunciare quelle parole nuove per la prima volta, con lo stesso stupore dei primi discepoli. Come chi, dopo aver provato a credere e poi averlo dimenticato, un giorno torna in una chiesa non per andare a messa né per pregare, ma solo per la speranza che, improvvisamente, Qualcuno arrivi e lo sorprenda alle spalle. È questa fede quella che ancora mi parla, mi sfida, mi dona speranza. Una fede che arriva in punta di piedi da dietro, come Mosè che dopo una vita spesa a parlare nel nome di Dio riuscì a vedere YHWH solo di spalle. […]

Come vedrà facilmente il lettore, alcune figure ed episodi narrati da Marco mi hanno colpito molto, alcuni moltissimo (per esempio il Battista, il giovane ricco o Giuda) e la lunghezza dei miei commenti è il primo indicatore dell’interesse che quel brano mi ha generato. Ciò fa del mio commento un libro asimmetrico, squilibrato, sbilanciato, parziale e partigiano, difetti che in genere non si trovano nei commenti tecnici degli esegeti e che invece si trovano in massima misura in questo commento. Però, forse, questa asimmetria può anche creare quel ritmo e quello spazio necessari perché qualche pagina creativa e generativa si possa infilare in mezzo ai crepacci.
Ma se dovessi definire in una sola parola qual è il timbro specifico di questo mio libro direi dialogo. Perché il lavoro è stato un continuo, profondo, crescente, sorprendente dialogo con il Vangelo di Marco, con il suo autore e, ogni tanto, con il suo protagonista, Gesù di Nazaret, nelle pagine forse più riuscite del libro, quando la prosa s’intrecciava con la poesia e con la preghiera.

Leggi un estratto del libro

 


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