Il vestito

Simboli biblici

Il vestito è un simbolo ricco di sfumature: rappresenta la dignità, regale, sacerdotale, oppure profetica; l'abito di cui si riveste il credente è tessuto di atteggiamenti evangelici: la misericordia, la bontà, l'umiltà.

Il vestito nella Bibbia è simbolo d'identità, dignità, condizione e indica ciò che si ha nel cuore. Nei racconti della creazione, Dio veste Adamo ed Eva, i quali, dopo avere commesso il peccato, si accorsero di essere nudi. La nudità che, in questo caso, genera vergogna, indica l'esperienza della fragilità umana, della miseria provocata dal peccato che rompe le relazioni con Dio e fa perdere la trasparenza di figli del Creatore.

Nei racconti patriarcali, Giacobbe al figlio Giuseppe, in segno di predilezione «aveva fatto una tunica dalle maniche larghe» (Gen 37,3). Dopo che essa gli fu strappata, in Egitto dove era stato condotto, Giuseppe riceve dal Faraone una nuova tunica: «lo rivestì di abiti di lino finissimo» (Gen 41,42). La dignità strappata, gli viene riconosciuta e restituita. Questa seconda tunica esprime, però, non solo il riconoscimento della sua grandezza quanto soprattutto la nuova identità interiore che Giuseppe aveva raggiunto dopo tanta sofferenza vissuta nella fedeltà al suo Dio. Dio afferma la dignità di Eliakìm vestendolo di una tunica: «Chiamerò il mio servo Eliakìm... lo rivestirò con la tua tunica lo cingerò della tua sciarpa e metterò il tuo potere nelle sue mani» (Is 22,19-21). Nel libro di Ester, la veste, fatta indossare a Mardocheo, attesta la benevolenza del re e il riconoscimento pubblico a un uomo che agì con giustizia, anche a rischio della vita (Ester testo ebraico 8,15).

In pratica nella Bibbia l'abito conferisce dignità ai re, i quali sono tenuti a guidare il popolo loro affidato nella fedeltà all'alleanza con Dio (1 Re 22,30; 2 Re 9,13); ai sacerdoti (Lv 21,10; Sir 50) le cui vesti indicano il loro ruolo di mediazione. Nella veste del sommo sacerdote erano impresse i nomi dei figli di Israele sopra le pietre di onice che adornavano le spalle dell'efod (cfr. Es 28, 6-14); ai profeti il cui abito indica la sobrietà e invita alla penitenza (1 re 19,19; Zc 13,4; Mt 3,4). Cambiare abito significa cambiare stile di vita ovvero convertirsi: i cittadini di Ninive «vestirono il sacco, grandi e piccoli» (Gion 3,5).

Nella parabola del padre misericordioso il simbolo del vestito è predominante: Il figlio andando via di casa non solo sperperò i suoi beni, ma ripudiò, insieme al padre, la sua identità filiale. Ritornato a casa, il padre, l'unico che poteva farlo, gli fece indossare il vestito più bello che indica il suo essere figlio e non servo (Lc 15,22).

L'apostolo Paolo esorta i battezzati a 'indossare Cristo'. Ciò significa che Cristo Gesù deve potersi vedere nel cristiano così come si vede il vestito. Esso indica all'esterno ciò che riempie il cuore. Il cristiano, infatti, con i suoi comportamenti esprime i valori di Cristo che lo abitano e sono tenerezza, bontà, umiltà, mansuetudine, magnanimità, misericordia, bontà (Col 3,12; cfr. Gal 3, 26-29; Rom 13,14). Coloro che non hanno per vestito l'abito nuziale non possono partecipare alla festa (Mt 22,11-12).

Nell'Apocalisse, ultimo libro della Bibbia, la veste è il segno dei martiri (Ap 6,11), ma anche della folla immensa, che nessuno poteva contare, il cui abito è lavato nel sangue dell'Agnello (Ap 7,9.13-14; cfr. Ap.22,24); gli angeli, pure, sono vestiti di lino puro, che indica la funzione sacerdotale che stanno per compiere (15,5); il vestito di lino puro splendente di gran pregio contrasta con l'abbigliamento sfarzoso e scintillante della meretrice (17,4; 18,16).

Da sapere

  • L'Apocalisse descrive una donna vestita di sole (12,1) che nel linguaggio biblico indica bellezza che esprime Dio. Questa donna per i cristiani è Maria la madre di Gesù. Ella, a sua volta, è segno della Chiesa nella sua identità profonda di presenza di Cristo nella storia, che genera figli di Dio.
  • Nei racconti della trasfigurazione di Gesù le sue vesti divennero candide come la luce o sfolgoranti che indicano in anticipo la sua gloria pasquale (cfr. Mt 17,2; Mc 9,3; 9,29).

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