La porta

Simboli biblici

La metafora della porta caratterizza la storia di salvezza racchiusa tra una porta che si chiude (Genesi) e dodici porte che, alla fine della storia, si aprono (Apocalisse).

Dio, a causa del peccato dei progenitori (Gn 3,23-24), chiude la porta dell'Eden. Nel libro dell'Apocalisse, ultimo libro della Bibbia, l'autore sacro, interpretando la profezia di Ezechiele 48, 30-35, descrive la nuova Gerusalemme, simbolo della comunione dell'umanità con Dio, circondata da dodici porte, aperte ai quattro punti cardinali (Ap 21,12-13). La porta, in quanto tale, permette l'entrare e l'uscire: si apre per fare entrare e si chiude per mettere al sicuro.

Nell'Antico Testamento, il Signore ama le porte di Sion, perché esse custodiscono il popolo che egli si è scelto. Egli rende forti le porte di Gerusalemme per resistere agli attacchi dei nemici: «Glorifica il Signore, Gerusalemme, loda Sion il tuo Dio, perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte» (Sal 147,12). Il fedele per entrare nel Tempio domanda che gli si apra la porta: «Apritemi le porte di giustizia, io entrerò, renderò grazie a JHWH! Qui è la porta di JHWH, per la quale entreranno i giusti» (Sal 118,18-20).

Nel Nuovo Testamento il simbolo della porta è frequente: Lc 11,5-8; Lc 13,23- 27.29.30; Mt 7,13; Ap 3,8; Ap 3,20; Ap 4,1; Ap 20,1-3. La porta permette l'accesso al Regno di Dio ma è una porta stretta (Mt7,13-14; cfr. Lc13,24-26) perché richiede lo stile di vita di Gesù. Essa si chiude a coloro che vivono, come nella parabola delle vergini stolte, nella negligenza e irresponsabilità (Mt 25,10-12). Negli Atti degli Apostoli la frase "porta della fede" (cfr. At 14, 27) indica l'accoglienza del Vangelo da parte di pagani, che entrano nella relazione di fede. L'apostolo Paolo con il simbolo della porta indica le nuove possibilità di evangelizzazione che desidera si aprano (cfr. Col 4, 3) o che si sono già aperte (cfr.1Cor 16, 8-9). La porta indica pure il cuore chiuso: «Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3, 20).

Un testo fondamentale del simbolo o metafora della porta è la parabola del buon pastore (Gv 10). Gesù la pronuncia in prossimità del tempio di Gerusalemme, di cui si ammirava la porta, e si definisce la porta unica: «Io sono la porta delle pecore». Definendosi "la porta" trasferisce nella sua persona la funzione di accesso in un luogo sicuro e familiare e di uscita da esso come espressione di libertà. Gesù, diversamente della porta del Tempio, fa entrare non semplicemente in un luogo sacro come il Tempio ma nella comunione con lui. La sua persona glorificata è il nuovo Tempio di Dio. Giovanni vi fa un'allusione fin dall'inizio del Vangelo (cfr. Gv 2,13-14). Come, inoltre, nell'AT, l'arrivo alla porta di Gerusalemme, significava essere già nella città santa (Sal 122,2) così chi accoglie la mediazione di Gesù è già nella comunione con Dio. Il simbolo della porta, con il suo ricco fondamento dell'AT, descrive in maniera eccellente la mediazione unica di Gesù alla salvezza. Egli è mediatore di salvezza (porta) e salvezza nella sua persona (Tempio).

Da sapere

  • Il patriarca Giacobbe sogna una scala che collega la terra con il cielo. Stupito di questa visione, esclama: «Questa è la porta del cielo» (cfr. Gen 28, 17). Questa espressione, unica nell'Antico Testamento, richiama il nome della città di Babele, che significa "porta del dio". Nel vangelo di Giovanni questa scala, porta del cielo, è Gesù che apre l'accesso al Padre (Gv 1,51).

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