La sposa e lo sposo nell'Antico Testamento

Simboli biblici

Nella tradizione biblica l'immagine sponsale dello sposo e della sposa che si cercano, si chiamano, si riconoscono l'uno per l'altro apre e chiude la Scrittura. Alla coppia delle origini (Gen 2,23-24) corrisponde quella degli ultimi tempi delle nozze dell'Agnello, Cristo morto e risorto, con la Gerusalemme celeste (cfr. Ap 19,7; 21,2).

Il Cantico dei Cantici, definito il "libro dei libri", presenta questa relazione con rara ricchezza poetica (cfr. 2,8-17). In questo libro la relazione sponsale è appartenenza totale, desiderio e ricerca continua dell'amato/a, amore che conserva la freschezza di un fidanzamento, cresce nella libertà del dono, si fortifica nelle vicende quotidiane, fino a sconfiggere la morte (cfr. Ct 2,8-17; 8, 6-7). Il Salmo 19,6 paragona lo sposo che esce dalla tenda nuziale al sole che illumina la terra. Il simbolo sponsale interpreta in maniera efficace l'Alleanza tra Dio e il suo popolo nella quale Dio è considerato come lo sposo e il popolo scelto da Dio la sposa. Come la relazione sponsale rende i due una sola carne e non ammette interferenze così l'Alleanza di Dio con il suo popolo, avvenuta per scelta di amore, esige fedeltà, dedizione piena ed esclusiva.

Questo simbolo assume grande rilievo negli oracoli dei profeti Osea, Isaia, Geremia, Ezechiele che interpretano l'infedeltà del popolo all'Alleanza come adulterio o prostituzione. Nel loro linguaggio simbolico, Dio è l'amante tradito che soffre e si adira ma che si commuove e vuole la riconciliazione. Il profeta Osea, forse sulla base di una vicenda personale (cfr. Os 1-3), è il primo a presentare l'infedeltà del popolo all'Alleanza come l'infedeltà della sposa verso il suo sposo innamorato e fedele (cfr. cap 2). Israele cedendo all'idolatria, di fatto, cadde nella corruzione, nell'ipocrisia religiosa, nella violenza e nell'ingiustizia. Così divenne insipiente (Os 13,13) e testardo (Os 4,16). Dio, come sposo innamorato e fedele, anche a costo di farlo soffrire, vuole liberarlo dalle sue appartenenze idolatriche per restituirle con la dignità perduta pace e benessere. Nel linguaggio poetico Osea dice: «La sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore» (Os 2,16). Il deserto è il luogo dove il popolo, uscito dall'Egitto, sperimentò l'amore unico di Dio per lui e lo scelse come suo unico Signore. Nel deserto il popolo/sposa infedele rivive l'esperienza del primo amore e ritorna a lui.

Il profeta Isaia, con accenti diversi, nelle tre parti che costituiscono il libro, ripresenta l'esperienza di amore, delusione e di fedeltà rinnovata.
Una meravigliosa lirica nuziale, nella seconda parte del libro (cfr. Is 55, 1-10), esalta la fecondità del popolo fedele a Dio. Infine, Isaia dipinge Gerusalemme immagine del popolo che ritorna al suo Signore come una sposa che nel giorno delle nozze, ricca di doni, accoglie lo sposo, che si compiace di essa e gioisce (cfr. 61,10; 62, 4-5).

Il profeta Geremia come pure il profeta Ezechiele nella relazione tradita del rapporto sposa/sposa, esprimono lo choc dell'esilio babilonese dal quale Dio, a causa del suo amore fedele, li farà ritornare nella fedeltà a Lui. Nonostante l'infedeltà del popolo/sposa, Geremia spera in un ritorno perché solo il Signore è l'amato dalla giovinezza (Ger 3,4).

 

Da sapere

  • L'immagine sponsale simbolo dell'Alleanza tra Dio e il suo popolo nel Nuovo Testamento assume aspetti nuovi. Essa interpreta l'amore di Cristo per la Chiesa: Gesù è lo sposo messianico che, con il dono della sua vita, purifica la Chiesa da tutte le infedeltà e la rende bella, gloriosa degna del suo amore.

 

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