Lettera agli Ebrei

Il testo non è una lettera, ma un'omelia pronunciata da un maestro del primo secolo d.C. (non da Paolo). È rivolta ai cristiani, disorientati e scoraggiati, e orienta a riflettere sull'incarnazione, morte e risurrezione di Gesù che lo hanno reso unico mediatore tra Dio e l'umanità.

Il testo denominato Lettera agli ebrei è stato definito lo scritto dei tre no! (Vanhoye). In realtà, non è una lettera, ma un'omelia pronunciata, probabilmente, durante una solenne liturgia cristiana, non dall'apostolo Paolo, ma da un maestro del primo secolo d.C. Questa predica è rivolta ai cristiani, compresi quelli di origine ebraica, disorientati e scoraggiati, per spronarli a sperare in Cristo Gesù, nostro unico mediatore. Che si tratti di un discorso lo si deduce dal fatto che l'autore stesso afferma di parlare e richiede attenzione al suo discorso (cf 2,5; 8,1;9,5 ). Mancano il mittente e il destinatario richiesti dalle lettere.

La particolarità di questo testo, rispetto agli altri libri del Nuovo Testamento, è nella descrizione originale - e alla luce della liturgia dell'Antico Testamento - del mistero di Cristo nel suo rapporto filiale con Dio e nella solidarietà fraterna con l'intera umanità peccatrice. Il sacerdozio di Gesù consiste in questa duplice ed esclusiva mediazione.

L'omelia agli Ebrei è composta da 13 capitoli. Inizia con un discorso solenne che fa contemplare Gesù glorioso, Parola ultima e definitiva di Dio. Riflette, quindi, sul percorso storico di incarnazione, sofferenza, morte e risurrezione di Gesù che lo resero l'unico mediatore tra Dio e l'umanità.

Il cuore del messaggio di questo scritto è contenuto nel capitolo 9,11-14, dove si afferma che Gesù è il nuovo sacerdote, non perché - per ottenere la purificazione dei peccati del popolo - abbia offerto vittime sacrificali esterne, come si offrivano gli animali nel Tempio di Gerusalemme, ma perché offrì se stesso come sacrificio a Dio e senza mediazioni sacerdotali esterne. Egli è la vittima per eccellenza, il sacerdote che permette di vivere in comunione profonda con Dio. L'immagine di Gesù sacerdote proposta dall'omelia agli ebrei è diversa da quella del sacerdote dell'Antico Testamento. Costui si presentava a Dio, nel Tempio, ogni anno per offrirgli, per il perdono dei peccati, gli animali. Gesù, invece, ha offerto se stesso, una volta per sempre. Il suo dono volontario aprì definitivamente l'accesso dei cristiani al Padre e rese possibile la nuova alleanza.

I capitoli 10-13 invitano i battezzati a vivere la nuova alleanza, iniziata da Gesù, nel quotidiano. A lasciarsi, cioè, purificare dal peccato, a vivere da figli di Dio ubbidienti alla sua Parola, a essere forti dinanzi alla sofferenza, ad accogliere la correzione che proviene dal Signore, e, come Gesù, a realizzare rapporti fraterni solidali. La fede adulta che affronta con coraggio le prove della vita cristiana e l'amore fraterno è il culto della nuova alleanza che Dio gradisce.

Lo scritto agli Ebrei presenta Gesù, nostra speranza certa, con l'immagine dell'àncora già gettata nel porto (Ef 6,19). Egli è già entrato nei cieli. I cristiani che sono con lui sono certi della loro salvezza, pur sapendo che devono ancora percorrere le 'piste giuste' aperte da Gesù.

Da sapere

  • Questo scritto anche se non è di Paolo ha molti aspetti simili alla sua teologia. Ad esempio la critica alla legge come mezzo di salvezza. Presenta, comunque, aspetti e linguaggio completamente nuovi, come la figura di Gesù, sommo sacerdote.
  • L'autenticità e canonicità, dell'omelia agli Ebrei, accettate fin dall'inizio in Oriente, furono, a causa dell'incertezza sull'autore, oggetto di discussione in Occidente fino al IV-V sec.
  • La tradizione ha identificato come autore, tra diverse possibilità, Apollo, il giudeo-cristiano esperto di Sacra Scrittura e collaboratore di Paolo (At 18,24-28; 1Cor 1,12; 3,4-9; 16,12).

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