Padre nostro

La preghiera del Padre nostro è considerata la preghiera per eccellenza del cristiano. Don Alessandro Deho’, però, non fa un “commento” al Padre nostro ma parla di “narrazione” che prende le mosse da un luogo di dolore e di amore; un luogo circoscritto, che diventa crocevia da cui parte e a cui approda ogni nostra domanda di senso: il Golgota e il giardino della Risurrezione.

La preghiera del Padre nostro è considerata la preghiera per eccellenza del cristiano. Ai discepoli che chiedevano parole giuste per rivolgersi a Dio, Gesù dice: «Quando pregate, dite Padre…».

Nell’introduzione a questo originale commento del Padre nostro, Alessandro Deho’ scrive: «Il Padre nostro, preghiera che non si può comprendere ma che ti comprende». Ad essere precisa, dovrei sottolineare che l’Autore non parla di “commento” al Padre nostro ma di “narrazione” che prende le mosse da un luogo di dolore e di amore; un luogo circoscritto, che diventa crocevia da cui parte e a cui approda ogni nostra domanda di senso: il Golgota e il giardino della Risurrezione. Ce lo dice subito la copertina del libro che riproduce il dipinto di P. Brueghel il Giovane (1564-1638) dal titolo Cristo portacroce, un’opera in cui pare di sentire tutto il vociare di una folla dove le donne che piangono il condannato, la Veronica che tenta di asciugare il suo volto, lo stesso Cristo che cade sotto il peso della croce sono confusi e trascinati in un moto tragico e ineluttabile, che trascina con sé anche chi guarda il dipinto.
Una narrazione del tutto spiazzante che chiama sulla scena personaggi del Vangelo; alcuni li conosciamo per nome: Maria Maddalena, Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo, Tommaso, Pietro e gli altri apostoli, ma anche figure meno note, come i discepoli senza nome che seguivano il Signore o altri che lo seguivano in maniera defilata o i soldati che hanno dovuto eseguire la condanna.
A partire dal mistero di dolore, di fallimento e di fiducia amorosa e incondizionata di Gesù, l’Autore ripercorre la preghiera del Padre nostro, versetto per versetto e dà voce alle emozioni, ai sentimenti, alla rabbia impotente e umanissima di chi si sente schiacciato da un evento che non capisce e che vorrebbe ridurre alle dimensioni del suo cuore e della sua comprensione.

Padre nostro

Tra i primi a cui l’Autore da voce c’è il discepolo che guarda da lontano la crocifissione e ricorda: «Gli avevamo chiesto di insegnarci a pregare, quel giorno… Volevamo solo pregare e avere parole che fossero nostre… preghiere da insegnare ai nostri figli. Padre nostro, sembrava dolce l’inizio. Il Maestro conosceva già l’identità intima di questi due destini: che l’amore e il dolore si fecondano, che senza abbraccio con la morte ogni parola è solo vento? Ma, se sapeva, perché non ci ha fermato?»
E adesso che il Maestro muore implorando dal Padre il perdono per i suoi uccisori, questo discepolo ha paura di non saperli perdonare… o forse ha paura di imparare a perdonare.

Sia santificato il tuo nome

Il soldato che ha colpito il costato di Gesù ha visto sgorgare sangue e acqua e per lui sono la garanzia che quel Crocifisso ha santificato il nome di Dio. Il soldato lo aveva colpito perché doveva essere sicuro della sua morte per toglierlo dalla croce; i potenti che avevano decretato la sua morte dovevano essere sicuri che l’ordine fosse ripristinato e i soldati erano lì anche per quell’incombenza: cancellare le tracce di disordine. «Io sono solo un soldato e quel giorno toccò a me. E fu così che egli trovò il modo, anche da morto, di crocifiggersi ai miei pensieri per sempre... Quel fianco aperto non me lo dimentico, e quello che mi piacerebbe credere è che non si può dire Dio senza dire l’umano, di più, senza dire il Vivente. Dove scorre sangue c’è anche acqua, ogni vita che respira parla di Lui… santificare il nome di Dio è interrogare il sangue di ogni essere vivente».

Venga il tuo Regno

Ancora due discepoli che seguivano Gesù di nascosto: Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo. Saranno loro a trovare il coraggio per andare da Pilato e chiedere il corpo di Gesù, quel Gesù che - rispondendo al potente che gli chiedeva se era re - aveva affermato che il suo regno non aveva niente da spartire con i regni del mondo. Forse si aspettavano resistenze da parte dell’autorità che aveva firmato la condanna di Gesù, invece scoprono che «a Pilato il cadavere del Maestro non interessava. I potenti hanno troppa fiducia nella morte. Credono sia la soluzione, che la vita si possa zittire. Hanno troppa fede nel potere. Pilato credeva ancora che la vita si potesse risolvere con la morte».
Il Regno per cui preghiamo il Padre non risponde alle logiche del potere che porta sempre con sé violenza e morte. Il Regno per cui preghiamo il Padre non è quello del trionfo personale o di una nazione e si costruisce giorno per giorno. «Il Regno viene ma non ha niente di eroico».

È evidente che questa lettura della preghiera del Padre nostro è lontana dai pensieri che spesso ci guidano quando la preghiamo. In questa narrazione l’Autore ci invita a lasciarci coinvolgere da una preghiera «che non si può recitare, perché le cose preziose della vita, ridotte a recita, svaniscono in una nenia di rumori ripetitivi». Il Padre nostro è preghiera rivoluzionaria, come del resto lo è il Vangelo.

Leggi un estratto del libro


Condividi

padre-nostro-3.html

Articoli correlati

Newsletter

Iscriviti alla newsletter per essere sempre aggiornato su iniziative e novità editoriali
Figlie di San Paolo © 2024 All Rights Reserved.
Powered by NOVA OPERA