Come comunica il bambino? Parlare con il corpo...

5. Relazione tra genitore e bambino

«Le conversazioni» tra la mamma e il suo bambino costituiscono la base di ogni comunicazione, anche di quella con Dio che il bambino imparerà, gradualmente, a conoscere e a interpellare.

Quando inizia a parlare un bambino? Come sanno le mamme e i papà, molto prima che sia in grado di pronunciare parole intellegibili. Fin dalla nascita, l'infante (cioè colui che è, per definizione, «senza parola») parla, racconta, dialoga. Con la mimica del viso, i gesti, i gorgoglii, lo sguardo. E la mamma, pian piano, impara a capire ciò che il suo bambino le sta comunicando, interpreta ogni intonazione della sua voce o del suo pianto, ogni movimento degli occhi. E risponde con quella lingua speciale che gli esperti chiamano «motherese», fatta di parole e suoni particolari, che fa da controcanto ai vocalizzi del bambino.

Queste «conversazioni» particolari tra la mamma e il suo bambino costituiscono la base di ogni comunicazione, anche di quella con Dio che il bambino, con l'aiuto dei genitori, imparerà gradualmente a conoscere e a interpellare. Ciò che rende straordinario questo primo linguaggio è il suo potere di sintonizzazione: esso offre contenimento alle emozioni del bambino e allontana la paura della solitudine. Come un buon latte, la voce della mamma nutre il suo piccolo. Il neonato non può ancora capire il significato di ciò che ascolta, ma non per questo non comprende: ciò che coglie è il tono, la musicalità delle voci, la mimica della madre, il calore del suo sguardo.

La voce materna rappresenta una sorta di imprinting, perché attraverso la voce il bambino riconosce il carattere della madre, gli aspetti affettivo-emozionali del suo modo di porsi. Il bambino risulta, già in epoca molto precoce, sensibile all'intonazione e alla musicalità della voce materna, che rappresenta la radice su cui si fonda la sua prima e fondamentale esperienza di relazione affettiva.

Le storie che la mamma racconta con il contatto fisico, i gesti, la mimica, le parole risponderanno a uno dei principali scopi della narrazione: dare senso alle molteplici sensazioni ed esperienze che coinvolgono il bambino e rispondere alla domanda fondamentale che ci accompagna dalla nascita alla morte: «È buona la vita? Mi posso fidare? Chi sono io per te?».
Questi scambi sensoriali e vocali si imprimono nella memoria del bambino e daranno colore e gusto alle narrazioni future, quelle che potrà man mano comprendere, anche concettualmente.


L'avventura del linguaggio

L'acquisizione del linguaggio da parte del bambino è una straordinaria avventura, un viaggio meraviglioso nel mondo della relazione e della scoperta della realtà.
A partire dagli otto mesi il bambino emette suoni con intento comunicativo. Sarà un momento magico quando scoprirà che quei suoni indistinti fanno reagire l'altro, secondo il suo desiderio: la parola «mamma» fa comparire la persona cara, «pappa» il cibo che placa la fame. Ancora più magica e misteriosa è l'evocazione, attraverso il ripetere di alcuni suoni della mamma assente: si è osservato come il bambino molto piccolo può «cantarsi» la ninna nanna, ascoltata precedentemente dalla mamma, e così tranquillizzarsi anche in sua assenza.


Lo sviluppo narrativo

Nelle comunicazioni verbali del bambino assumono un'importanza sempre più grande l'ascolto e il racconto di storie. Per la costruzione del la sua identità è di grande rilievo ascoltare le storie che lo vedono come protagonista, e che la mamma, il papà, i nonni gli narrano.
Attraverso queste piccole «storie quotidiane», egli impara a conoscersi e, se narrate in modo affettuoso e valorizzante, a riconoscersi come persona unica, originale e bella. Più tardi queste storie potranno essere illustrate dalle foto che hanno fissato momenti importanti della sua vita. Allo stesso modo, attraverso le narrazioni che fanno memoria della storia della sua famiglia, degli avvenimenti e dei luoghi che l'hanno tessuta, cresce il suo senso di appartenenza a quel nucleo familiare e la sua identità culturale e sociale. Gli anni dell'infanzia sono per eccellenza gli anni del racconto.
I bambini, infatti, non sanno ancora leggere da soli e i racconti rispondono al loro sconfinato desiderio di conoscere. Egli ama il ritmo della parola: filastrocche, canti e anche preghiere lo cullano. Gradualmente imparerà a comprenderne il significato. Imparerà, poi, a leggerle. Prima sarà una lettura solo per immagini, ma poi compiterà (sillaberà) brevi frasi e anche semplici trame narrative. Sarà decisivo sempre il contesto relazionale in cui il narrare si svilupperà. Il piacere del bambino sarà nutrito da quello dell'adulto che narra.


Narrare la Bibbia?

Riteniamo che proprio nei primi tre anni (prima dell'ingresso nella scuola dell'infanzia e, quindi, prima di un'educazione sistematica), il linguaggio biblico possa essere assorbito dal bambino piccolo, come una sorta di melodia, in cui non si distinguono ancora i fonemi, ma che diventa parte di quel linguaggio di famiglia che fa sentire a casa, accudito, accolto, compreso.

Così i nomi di Dio, di Gesù, di Maria entrano a far parte del lessico familiare, evocano presenze solo intuite, ma non per questo meno significative.

La grande storia del dono del mondo, le narrazioni di Gesù, le parole dei salmi – non comprese ancora nel loro contenuto – introducono nella dimensione religiosa e vengono a creare l'ambiente emotivo, da cui, poi, partiranno i tanti processi di concettualizzazione e di chiarificazione. Essi costruiranno quella casa affettiva in cui il bambino potrà rappresentarsi Dio e la propria relazione con lui. Nel Catechismo dei bambini, «La sciate che i bambini vengano a me», i genitori possono trovare materiali ed esempi di narrazioni su Dio, Gesù, la vita della Chiesa.

A ogni genitore spetta il compito di «masticarle», cioè di farne oggetto di riflessione personale, per renderle, poi, un nutrimento adatto al proprio figlio. La scelta dei luoghi e dei momenti propizi a queste narrazioni spetterà, ancora una volta, alla sensibilità di mamma e papà.

Articolo di Franca Feliziani Kannheiser pubblicato in:

Catechisti parrocchiali 5 febbraio 2018

Catechisti parrocchiali n.5
febbraio 2018

Tema portante di questo numero: il Tempo di Quaresima. Negli itinerari, troviamo la guarigione del cieco, che introduce al cammino verso Gerusalemme. In questa linea si pone il percorso di preghiera "verso la Pasqua", accompagnato dal poster.
Il dossier affronta il quarto tema del Padre nostro: "Pane per tutti".

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