Far toccare Dio

La narrazione nella catechesi

È possibile narrare la fede? E come raccontare, in modo originale e sempre inedito, la storia che vede coinvolti Dio e l'uomo? Come andare oltre gli stereotipi o le formule forse corrette, ma astratte, per far scaturire la bellezza e la freschezza della fede? Come comunicare la fede in modo efficace, parlando i giusti linguaggi pur senza tradirla?

La narrazione in sé ha sempre una valenza rivelativa, svela qualcosa che sta a cuore a chi racconta e interessa profondamente la vita di coloro che ascoltano. Simbolicamente si può dire che chi racconta consegna nelle mani e nel cuore di chi ascolta qualcosa del mistero della sua persona, trasmette un segreto di vita, che aiuta a vivere coloro che recepiscono il segreto. Tutto questo è ancora più vero quando ciò che si narra è la propria fede.

Il tema della narrazione, però, per essere affrontato in modo adeguato, offre diverse opportunità di approcci, è una sorgente di acqua viva da cui scaturisce una pluralità di percorsi. Qui, per focalizzarne la rilevanza pedagogica, mi piace raccontare una storia che apre sviluppi interessanti rispetto alle domande introduttive, che ogni operatore nella catechesi ed evangelizzazione si pone.

Narrare è creare vita

Una sera, tornando a casa, ho trovato la mia anziana mamma che raccontava ai miei nipoti, adolescenti o poco più, la storia del suo amore con papà e la nascita dei sei figli e dei loro nipoti: la storia della nostra famiglia. Dall'espressione del volto dei ragazzi mi sono subito accorto che con la mia presenza disturbavo la narrazione della nonna e che avrei fatto bene ad allontanarmi, per non essere di ostacolo alla loro comunicazione, per non interferire con interventi che potevano svilire il senso di quello che veniva loro raccontato; temevano un mio possibile intervento umoristico che bloccasse la nonna, così come qualche altra volta era successo. I miei nipoti mi hanno fatto capire, senza dirmelo, ma anche senza equivoci, che era cosa gradita che io li lasciassi soli con la nonna, perché la mia stessa presenza risultava loro invadente e un mio intervento poco opportuno.
Tutti erano come gelosi di un curioso ma interessante dialogo tra generazioni: giovani nipoti con la loro nonna, che si sottoponeva alle loro domande e che con semplicità, ma con dovizia di particolari e soprattutto con amore, raccontava la sua vita e tutto quello che era nato dal suo matrimonio con il nonno.

Tra nonna e nipoti, legati dalla storia che stavano condividendo, si era creato un clima di reciproca appartenenza che faceva sentire estranea o invadente ogni altra presenza, anche la mia. Dalla stanza vicina dove mi sono trasferito, ascoltavo fatti che in parte già conoscevo, ma che mia madre raccontava con sfumature e particolari inediti che mi erano sfuggiti. Le domande però, che venivano poste dai ragazzi per comprendere meglio le radici della loro vita, mi erano totalmente nuove e mi permettevano di riassaporare la bellezza di una storia che è la storia semplice e comune, ma per me unica, della mia famiglia.

La loro grande curiosità li rendeva silenziosi come non mai, attentissimi alle sfumature del racconto e permetteva loro di porre domande pertinenti e specifiche, ma anche di chiosare il racconto della nonna con loro personali considerazioni, condividendo quanto ciascuno di loro aveva già appreso dal proprio genitore.

L'ascolto dei ragazzi era interattivo, molto partecipato: con parole, con espressioni di compiacimento del viso, con gesti di disappunto o di non comprensione piena, con atteggiamenti globali del corpo che lasciavano trasparire il bisogno di continuare a riflettere sul tema.
Il parlare di mia madre era un intreccio di suoni, di segni, di significati, di immagini, di messaggi, verbali e non. Mentre raccontava storie passate si raccontava, non con concetti astratti e formali, ma con immagini e storie vere e vissute, metabolizzate nel tempo e quindi meglio ricomprese nella loro globalità.

Narrando le sue vicende e in parte mitizzando il nostro passato, da nonna, mia mamma veicolava valori e sentimenti, intesseva nel cuore dei suoi nipoti la fede nella famiglia, li provocava a non restare vittime delle difficoltà che le circostanze a tutti riservano, li spronava a migliorare la qualità della loro vita parlando del bisogno di costruirsi affettivamente ed economicamente un futuro sereno, apriva loro il segreto della sua fede che le faceva cogliere Dio come provvidenza e misericordia. In altri termini, raccontando catechizzava, iniziava i giovani alla complessità della vita.

Fare della catechesi una narrazione

La narrazione mette in movimento la fantasia e l'immaginazione, attiva una capacità interpretativa che dà luogo a una pluralità di visioni che, se armonizzate, arricchiscono la comprensione dell'evento. Questa inconsapevole testimonianza, che mia mamma e i miei nipoti mi hanno dato, mi ha posto in ulteriore stato di riflessione su come narrare la fede all'uomo di oggi e come offrirla, con gratuità, a tutti coloro che vogliono meglio comprendere il senso di una relazione che illumina tante generazioni di famiglie.

Il fatto sperimentato dentro le mura di casa mi ha impressionato e, in qualche modo, provocato come catecheta, perché ho percepito che questa via narrativa, nella prassi, andrebbe meglio conosciuta, sviluppata e perseguita, per comunicare la fede in modo semplice, avvincente, personale e familiare, sia ai giovani sia agli adulti.

Naturalmente non si tratta di ridurre la catechesi e l'evangelizzazione a una serie di storie o storielle. La sfida è molto più ampia, seria e profonda.
Con alcuni autori abbiamo provato allora, attraverso un approccio multidisciplinare, a esplorarne le istanze, a lasciarci interrogare sul metodo, a verificarne le prospettive. Da questo lavoro a più voci è nato un testo, Far toccare Dio. La narrazione nella catechesi (Paoline 2016) che può servire a tutti coloro che si vogliono lasciar sfidare dal futuro della catechesi e dell'evangelizzazione.

Don Giuseppe Alcamo, cappellano del monastero di clausura San Michele Arcangelo a Mazara del Vallo (TP), è docente di Catechetica e di Introduzione al Cristianesimo nella Facoltà Teologica di Sicilia. Ha pubblicato: La Catechesi in Sicilia dal Concilio Vaticano II al Giubileo del 2000 (2006); La «sicura bussola» della Chiesa. La recezione del Concilio Ecumenico Vaticano II e i Convegni ecclesiali nelle Chiese siciliane (2008); La Chiesa educa all'incontro con Gesù. Schemi di catechesi bibliche (2011); Nella pienezza del tempo (2011). La fede che cammina (a cura di, 2013) e Il desiderio come promessa del dono. La catechesi nell'intreccio dell'identità dell'umano (2014). Per Paoline ha pubblicato: Noi ragazzi di oggi (2009); Associazioni e movimenti ecclesiali. Formazione, catechesi e dinamiche educative (2011); (a cura di) Il compito educativo della catechesi. Il contributo del Documento di base (2011); Abbiamo incontrato il Signore (2012); Il profeta Elia. La voce scomoda di Dio (2013), Il Dio di Gesù Cristo (2014) e La catechesi educa alla gioia evangelica (2014).


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