Il legame che ci fa vivere

1. Relazione tra genitore e bambino

Quale la relazione tra il bambino e il suo genitore? La persona umana è «una persona in relazione» e non può vivere senza gli altri, ha bisogno di stringere un legame sicuro, per orientarli verso una crescita autonoma e responsabile, e favorire l'apertura a Dio, presente in loro e attorno a loro...

Relazione tra bambino e genitore

Di che cosa ha bisogno un bambino per vivere, crescere, essere felice? Certamente di essere nutrito e curato secondo i suoi bisogni. Tuttavia questo non basta. Poiché la persona umana è «una persona in relazione» e non può vivere senza gli altri, ha bisogno di stringere un legame sicuro con i suoi cargiver (figure adulte che si curano di lui). Tale legame è detto attaccamento.
Fu lo psicoanalista inglese J. Bolbwy a portare l'attenzione degli educatori sul fatto che, nel neonato, il bisogno di vicinanza e di contatto è importante così come quello di essere nutrito, riparato dal freddo, accudito.

L'attaccamento è un meccanismo innato che spinge il bambino a ricercare la vicinanza di un'altra persona che è la mamma o chi ne riveste la funzione. Non tutti i bambini, però, sviluppano lo stesso tipo di attaccamento; la qualità di attaccamento che sviluppano influenzerà il loro modo di stringere i rapporti futuri e, secondo alcuni psicologi della religione, anche di vivere la fede.

L'esperimento che ha permesso di individuare quattro tipi diversi di attaccamento – sicuro, evitante, ambivalente, disorganizzato – si chiama: Strange situation; esso consiste nel far entrare il bambino piccolo in una stanza insieme con la mamma. Dopo alcuni minuti entra una persona sconosciuta al bambino. La mamma esce e il bambino resta solo con l'estranea. Che cosa farà il bambino? E soprattutto: come si comporterà al suo ritorno?
Elisabetta piange, ma poi pian piano si lascia consolare dalla persona estranea e, quando la mamma torna, l'accoglie con un grande sorriso. Elisabetta ha sviluppato un attaccamento sicuro. Sa che può esprimere tutte le sue emozioni (rabbia, gioia, tristezza) e che la mamma è pronta ad accoglierle. Pian piano sperimenta che la separazione non è abbandono, ma qualcosa di temporaneo che permette di fare nuove esperienze.

Il legame con la mamma offre una base sicura da cui il bambino può partire per esplorare il mondo. Come è necessario, infatti, che il bambino si leghi alla mamma, è altrettanto indispensabile che si separi da lei, per riconoscersi come una piccola persona distinta, sempre più in grado di affrontare i suoi compiti di sviluppo. Queste separazioni, attentamente dosate dalla mamma, apriranno la strada verso l'autonomia, a partire dallo svezzamento, dai primi passi, dal dormire separati.

Una presenza continua, lo sforzo di evitargli tutte le frustrazioni non lo aiuteranno a crescere, al contrario. Egli deve essere accompagnato nei primi transiti: dal seno al biberon, alle pappine; dalle braccia materne al gattonamento, ai primi passi; dallo stare insieme allo stare solo, in presenza della mamma. Il compito della mamma sarà sempre più quello di «presentare il mondo al bambino in piccole dosi» (Winnicott), preparandolo così ad affrontare distacchi più grandi come quello che richiederà l'ingresso al nido e, poi, nella scuola dell'infanzia. La mamma sarà sempre disponibile ad accompagnarlo emotivamente in queste nuove esperienze, aiutandolo a «digerire» le emozioni che esse suscitano: piacere, ma anche paura, rabbia o tristezza.


Il legame che unisce il bambino a Dio

Genitori-bambino in relazioneOgni sorriso rivolto al bambino, ogni sguardo attento e benevolo, che lo accompagna, ogni gesto di cura, che risponde ai suoi bisogni, tessono quel legame che unisce il bambino alla sua mamma (ai suoi genitori) ma, in modo sorprendente, anche alla vita e a Dio. Più si sviluppa un attaccamento sicuro, tanto più nel bambino cresce il sentimento di non essere solo, di sentirsi a casa nel mondo, proprio come sente di esserlo quando si trova nelle braccia della mamma.
La mamma, pian piano, diventa una presenza interna che permane anche nell'assenza, un centro interno di sicurezza e fiducia. Il bambino, che può rilassarsi perché felicemente rispecchiato, si dedicherà alla costruzione di una zona intermedia tra realtà esterna e interna, in cui fantasticare e «giocare» con le immagini delle persone care e gli affetti che esse suscitano.

In questo spazio si svilupperanno la creatività e la fantasia del bambino, e quelle esperienze interiori in cui si sentirà in contatto con una realtà interna a lui, ma che va oltre. In tale spazio interiore potrà germogliare l'esperienza religiosa. A questa realtà potrà dare il nome di Dio, se l'ambiente che lo circonda gli parlerà di lui, confermandogli così la sua esistenza. Dio potrà diventare, pian piano, una figura di attaccamento.

L'ambiente relazionale del bambino come può favorire questo processo? Prima di tutto, come abbiamo detto, nel predisporre le condizioni perché s'instauri un attaccamento sicuro tra il bambino e le sue figure di riferimento, poi nel «presentare» Dio al bambino attraverso la narrazione, la preghiera, piccoli riti che sottolineino la presenza di Dio nei momenti più importanti della giornata (preghiera al risveglio, prima dei pasti, prima di addormentarsi).


Preghiera

Caro Papà di Gesù,
vicino a te mi sento al sicuro
come un pulcino
sotto le ali della sua mamma.

Con te mi sento tranquillo
come quando il mio papà
mi prende per mano.

Grazie, Papà del cielo,
perché mi pensi sempre
e mi vuoi bene.

Articolo di Franca Feliziani Kannhesier, pubblicato su:

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Per il 2017-18 gli itinerari seguono il Vangelo secondo Marco e sono ritmati dal poster “Sui passi di Gesù” e da “Riti di consegne”. Nuove rubriche sulla catechesi, la Chiesa-comunione, i linguaggi digitali, la relazionalità dei bambini... Particolare attenzione in questo numero a: Mandato del catechista e Festa dell'accoglienza.
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