Perché i giovani possano sentirsi parte attiva nella creazione di un mondo di pace è necessario coltivare per loro e con loro la speranza.
Il richiamo alla speranza proviene sia dal mondo laico sia da quello cristiano. Papa Francesco nella Bolla d’indizione per il Giubileo del 2025, Spes non confundit (la speranza non delude mai), indica nella speranza l’orizzonte dell’esistenza cristiana, ma anche nel mondo intellettuale laico troviamo forti richiami alla necessità di vincere l’angoscia che compenetra questo periodo storico con un atteggiamento di speranza che possa bucare l’atmosfera grigia e minacciosa del nostro tempo. Byung-Chul Han, docente all’Università di Berlino, scrive nel suo ultimo saggio, Contro la società dell’angoscia: Speranza e rivoluzione (Function, Kindle Edition): «L’angoscia si aggira come uno spettro. Tutti noi ci troviamo permanentemente faccia a faccia con scenari apocalittici: una pandemia, una guerra mondiale, una catastrofe climatica. La fine del mondo o della civiltà umana viene sempre più spesso evocata come un qualcosa di incombente, imminente».
Gli adolescenti respirano inconsapevolmente tale atmosfera. Ogni giorno giornali e televisioni evidenziano un disagio del mondo giovanile, che assume dimensioni sempre più preoccupanti. L’uso di sostanze e di alcool, l’esercizio irresponsabile della sessualità, la violenza verso le cose e le persone, la ricerca ostinata del rischio sono segnali che sollecitano, prepotentemente, l’attenzione e l’impegno degli adulti: genitori, docenti, psicologi, operatori sociali.
Per contrastare tutto questo è necessario coltivare la speranza. Essa apre al futuro, indica una via. Invita a guardare lontano. Chi spera scruta l’ambiente che lo circonda e se stesso alla ricerca di una direzione. Guardare lontano, cercare nuove strade e nuove soluzioni è la prima funzione della speranza: si può fare, si può cambiare, si può sognare. Byung-Chul Han suggerisce l’immagine della talpa della storia che, piena di fiducia, scava infinite gallerie nell’oscurità. In tal senso la speranza è giovane e ha molto da dire ai giovani.
La seconda funzione della speranza è quella di creare il Noi. Se l’angoscia isola, nell’illusione di contatti superficiali ed effimeri (quelli di un like), la speranza, di contro, ha in sé una dimensione di comunità. I social media connettono, ma non uniscono. Essere in relazione è molto diverso dall’avere migliaia di contatti superficiali, cercati e vissuti in un’ottica di vantaggio personale. Essi non trasformano il nostro modo di pensare e, soprattutto, non sollecitano lo sviluppo di atteggiamenti di responsabilità e di cura rispetto al bene comune.
Educare alla speranza è, prima di tutto, aiutare i ragazzi a uscire dalla strisciante atmosfera che spinge a credere che niente può cambiare e che si può emergere dalla passività soltanto assoggettandosi alla logica della performance a tutti i costi.
La speranza apre alla fiducia nelle proprie e nelle altrui possibilità, dando spazio alla curiosità, all’inventiva, alla creatività.