Mamma, papà, mi vedete?

3. Relazione tra genitore e bambino

Quanto è importante per la crescita dei bambini la comunicazione con i genitori? In questa puntata vengono messi in risalto gli occhi e l'importanza dello sguardo. Uno sguardo che dà vita, che riconosce e che incoraggia, che conduce all'esperienza del bambino con Dio attraverso lo sguardo della madre.

Uno sguardo che dà vita

«Un bambino piccolo sulla spiaggia si allontana dalla mamma per dirigersi verso il bagnasciuga. Dopo pochi incerti passi si gira verso di lei, la guarda, e le dice: "Tu mi guardi, va bene?". Rassicurato, si dirige, a questo punto più deciso, verso il mare. Nel frattempo la mamma non stacca lo sguardo dal suo bambino. Ogni tanto questi si gira e controlla che lo sguardo sia sempre lì, puntato su di lui. Non si allontana troppo, rimane a distanza di sicurezza, e si mette a giocare con l'acqua. La mamma, obbediente, si avvicina un poco, per non perderlo di vista. Reciprocamente controllano, ogni tanto, di essere in contatto» (cfr. S. Diena, La psicoanalisi in ascolto dell'amore, Milano 2015, p. 51).
In questo bellissimo brano della psicoanalista Simonetta Diena è descritto, in forma poetica, un elemento fondamentale del rapporto madre-bambino, che precede la comunicazione verbale e fonda ogni comunicazione e, cioè, il gioco degli sguardi che intercorre tra di loro. Esso, assieme al tono della voce e al ritmo delle cure – nutrire, pulire, sostenere, riscaldare –, costituisce l'ambiente vitale in cui il bambino piccolo si sviluppa, acquisendo pian piano il senso della propria esistenza e del valore di sé come persona unica e irripetibile.
Lo sguardo della mamma e del papà – uno sguardo attento, premuroso e compiaciuto – è la luce che fa crescere la delicata pianta dell'autostima del piccolo. Il bambino si rispecchia in questo sguardo e ciò che vede comincia ad attribuirlo a se stesso, costruendo così, pian piano, la risposta a quella grande domanda che non finisce mai di tormentarci anche da adulti: «Chi sono io?»; «Chi sono io per te?». Ricordandoci che ogni domanda sulla nostra identità è relazionale: ci interroga, cioè, sulla nostra relazione con gli altri.


Uno sguardo che mi riconosce

Il pediatra e psicoanalista inglese, D.W. Winnicott, sottolinea la funzione di specchio che lo sguardo materno esercita sul bambino. A un certo punto, viene il momento in cui il bambino si guarda intorno... Che cosa vede il lattante quando guarda il viso della madre? Secondo me, di solito ciò che il lattante vede è se stesso (cfr. Psicoanalisi dello sviluppo, Roma 2004, p. 231). Tanto più lo sguardo della mamma è limpido e rivolto al bambino, tanto più egli potrà riconoscervisi e sentirsi contenuto da esso.
Una mamma troppo ansiosa, preoccupata o depressa, offuscherà, invece, questo primo specchio e con esso l'immagine di sé che il bambino inizia a costruirsi. Anche uno sguardo corrucciato e severo, mai contento, influenzerà la stima di sé del bambino, non solo nelle prime fasi della sua vita, ma anche in seguito. Ancora Winnicott afferma: «Quando la famiglia è intatta, e continua ad esserlo nel tempo, ogni bambino trae beneficio dall'essere in grado di vedere se stesso nell'atteggiamento dei singoli membri o... della famiglia nel suo insieme» (ivi, p. 237).
Il rispecchiamento dei genitori può anche fallire perché l'immagine del bambino che essi riflettono non è reale. Essi lo esaltano per soddisfare i loro bisogni narcisistici. Il bambino, infatti, deve confermare il loro successo come genitori, deve realizzare i loro progetti. Tutto quello che interferisce con l'immagine del bambino felice, socievole, intelligente, sportivo, ecc. è negato. Le parti più piccole e bisognose di cure del figlio non sono viste, perché imbarazzano e generano ansia negli adulti. Tali parti continuano a svilupparsi senza cura e senza contenimento, e sono causa di quei comportamenti, apparentemente inspiegabili (crisi d'ira o di tristezza, insuccessi scolastici), che sorprendono l'ambiente in cui il bambino cresce. Questo fa sì che il bambino non si senta accettato per ciò che è, e si avverta sempre inadeguato rispetto ai desideri irrealistici dei suoi genitori.


Dallo sguardo il coraggio di crescere

genitori bambino relazioniIl modo con cui il bambino è guardato, cioè riconosciuto, ospitato in tutte le sue parti, sviluppa in lui la fiducia in se stesso e nelle sue capacità di affrontare i compiti di sviluppo, e le situazioni problematiche con cui necessariamente dovrà confrontarsi. Anche i genitori più attenti, infatti, non possono risparmiare al proprio figlio delusioni, difficoltà e prove. Le radici della capacità di resistere, chiamata appunto resilienza, sono da ricercarsi in quella sensazione di essere compresi e presenti nella mente e nel cuore di un altro che ci ama, che è sintonizzato e che è padrone di sé (cfr. Bessel van der Kolk, Il corpo accusa il colpo, Milano 2014, p.123).
Riassumendo indichiamo alcune attenzioni che un genitore deve avere, per favorire lo sviluppo dell'autostima del proprio figlio:
• saper vedere il bambino nella sua individualità;
• aiutarlo a non vergognarsi di sé;
• non sostituirlo, ma accompagnarlo nell'affrontare compiti e situazioni nuove, facendogli fare esperienza delle sue risorse;
• incoraggiarlo, usando un linguaggio rispettoso.
Il monito di una grande pedagogista, Maria Montessori, può venirci in aiuto, quando ci ricorda che: «I genitori non sono i costruttori del bambino, ma i suoi custodi. Essi devono proteggerlo e curarlo in un senso profondo, come chi assume una missione sacra» (Il segreto dell'infanzia, Milano 1999, p. 140).


Lo sguardo della madre come prima esperienza di Dio

La prima esperienza che il bambino userà per costruire la sua rappresentazione di Dio è lo sguardo della madre che lo rispecchia con tenerezza e che gli rimanda l'immagine di sé come persona degna di essere amata.
Un'esperienza negativa potrebbe condizionare anche il suo rapporto con Dio (una paziente sentiva che per essere gradita a Dio, doveva essere «un'altra persona»). Essere madri e padri «sufficientemente buoni» è la prima catechesi che solo i genitori sono in grado di fare. È una catechesi implicita che può essere esplicitata gradualmente, attraverso piccole esperienze, come quella che suggeriamo.


Le immagini della Natività

nativita giottoIn molti dipinti della Natività si esprime il gioco di sguardi che lega un bambino alla sua mamma. In questo caso il Bambino è Gesù e la Mamma è Maria. Attraverso la raffigurazione del pittore un'esperienza così profondamente umana diventa esperienza di fede.
In Gesù Dio si affida a noi come un bambino piccolo alla sua mamma e, al tempo stesso, guarda ciascuno di noi con uno sguardo tenero, compiaciuto, accogliente.
Guardare insieme – mamma e bambino – un dipinto che raffiguri Gesù bambino in braccio a Maria può diventare una semplice, ma efficace forma di catechesi.

Articolo di Franca Feliziani Kannhesier, pubblicato su:

Catechisti parrocchiali 3, dicembre 2017 - Paoline

Catechisti parrocchiali n.3
dicembre 2017

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