Pellegrinando - 2

Giubileo 2025

Il nostro pellegrinaggio in preparazione al Giubileo che dal 24 dicembre prossimo interesserà tutti i cristiani del mondo, ma anche coloro che desiderano approfondire il senso della vita, sosta ancora nella locanda per precisare meglio il significato del camminare verso la Porta Santa delle quattro basiliche romane (San Pietro, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, San Paolo fuori le Mura) così da ottenere l’indulgenza plenaria, che elimina «i residui del peccato», cioè «l’impronta negativa» lasciata dai peccati (MV 22).

Perché il pellegrinaggio? Perché affrontare le difficoltà e la fatica del viaggio? A questi interrogativi risponde papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo (documento importante), intitolata Spes non confundit (La Speranza non delude) con alcune indicazioni. Nella vita che è «un intreccio di speranza e pazienza» appare chiaro come «la vita cristiana sia un cammino, che ha bisogno anche di momenti forti per nutrire e irrobustire la speranza, insostituibile compagna che fa intravedere la meta: l’incontro con il Signore Gesù». Mettersi in cammino è tipico di chi va alla ricerca del senso della vita, riscoprendo il valore del silenzio, della fatica, dell’essenzialità.

IL PELLEGRINAGGIO DELL'ANNO SANTO è «per tutti occasione di rianimare la speranza» con i segni dei tempi che il Signore ci offre: il desiderio della pace, l’apertura gioiosa per ogni vita dalla nascita alla morte; l’attenzione ai malati, ai giovani, ai migranti, agli anziani, ai poveri che incontriamo nella vita di ogni giorno che la nostra locanda rappresenta. Per svolgere questo compito concretamente la Chiesa propone sette opere di carità corporali e sette spirituali, da affrontare secondo il bisogno e le circostanze, senza mai trascurare quelle che, in qualche modo, permettono di intraprendere il pellegrinaggio: insegnare agli ignoranti, sopportare pazientemente le persone moleste, che abbiamo già identificato nella precedente sosta nella locanda. Queste sono basilari e le più urgenti.

«GLI IGNORANTI» DA ISTRUIRE non sono quelli che non sanno leggere e scrivere, ma quelli che credono di capire tutto, di saper fare tutto e di non aver bisogno di nessun pellegrinaggio. Costoro sono sempre esistiti, ma oggi «eccedono», perché si limitano a informarsi tramite gli insegnanti che sono sempre disponibili: il web, il cellulare, i social.

E LE PERSONE MOLESTE DA SOPPORTARE QUALI SONO? Sono soprattutto coloro che, credendo di sapere già tutto, guardano gli altri dall’alto in basso, non accettano il confronto e non apprezzano le idee e le convinzioni altrui. Che tipo di carità si può fare per smontarli e aiutarli? L’unica azione che può fare loro del bene è una benevola e amichevole pazienza, che non per niente è chiamata santa.

I SENZA PANE, SENZA ACQUA, SENZA VESTITO

Aprire gli occhi sulla realtà e guardarsi intorno significa mettere in atto tre opere di carità: dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi.

È il segno dei tempi più evidente che il Signore ci offre, eppure non mancano i pretesti per ignorarlo. «Affamati, assetati, nudi?», si dice, «Ma dove sono? Oggi tutti mangiano e bevono da stare male, e i vestiti si cambiano non per bisogno, ma perché moda comanda». Ragionare così fa entrare a piè pari nella compagnia degli ignoranti, che «hanno occhi ma non vedono».
Gli affamati, gli assetati, gli ignudi sono accanto a noi, gomito a gomito sempre, anche se fisicamente lontanissimi. Per riuscire – sempre a cominciare da noi – a vincere la cecità dell’indifferenza non bastano piccoli e sporadici gesti «di carità», come le raccolte di offerte promosse dalla Caritas e dalle diverse associazioni benefiche. Serve sentirsi fratelli e sorelle di tutti, e con tutti, anche se si vive in altri continenti.
Scrive papa Francesco: «Speranza invoco in modo accorato per i miliardi di poveri, che spesso mancano del necessario per vivere. Di fronte al susseguirsi di sempre nuove ondate di impoverimento, c’è il rischio di abituarsi e rassegnarsi. Ma non possiamo distogliere lo sguardo da situazioni tanto drammatiche, che si riscontrano ormai ovunque, non soltanto in determinate aree del mondo. Incontriamo persone povere o impoverite ogni giorno e, a volte, possono essere nostre vicine di casa. Spesso non hanno un’abitazione, né il cibo adeguato per la giornata. Soffrono l’esclusione e l’indifferenza di tanti» (SnC 15).
L’Anno Santo chiede di fare quello che è possibile per assicurare a tutti una vita dignitosa. Ma adesso via! Si riparte con la sensazione che, una volta aperti gli occhi, ci siano altre opere di carità da intraprendere, perché ci sono affamati, assetati, nudi più difficili da individuare e da soccorrere.


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