A volte nel corso della storia si sono verificate combinazioni di personaggi e di eventi che hanno creato stagioni particolarmente importanti. È ciò che è accaduto dopo l’anno Mille, quando sembrò che si stesse restaurando l’impero romano.
Aveva già dato un segnale Carlo Magno, facendosi incoronare imperatore, nella notte di Natale dell’800 d.C. ma il tentativo era sfumato presto. La speranza riprese vigore con Federico Barbarossa, incoronato imperatore il 18 giugno 1155.
La primavera, tuttavia, sbocciò con l’arrivo contemporaneo di personaggi speciali: l’imperatore Federico II, 1194; Francesco di Assisi, 1181; Domenico di Guzman, 1170; Tommaso d’Aquino, 1224; Giotto, 1267; Dante, 1265… Con essi cominciava una nuova era nella politica, nella letteratura, nell’arte, nella fede. Questa trovò la sua consacrazione nel Giubileo indetto da Bonifacio VIII nel 1300, al cui grande successo contribuirono in modo particolare san Francesco e san Domenico che, con i loro frati, punteggiarono il territorio, che sarebbe diventato l’Europa, di conventi, efficaci strumenti per il rinnovamento della fede.
I conventi, a differenza dei monasteri, dove si svolgeva tutto all’interno, erano case per abitare, per pregare, per momenti comunitari, da cui partire e andare fra la gente a predicare, confessare e fare opere di carità. Una di queste era offrire ai pellegrini riposo fisico e spirituale, come san Francesco stesso aveva sicuramente sperimentato nei suoi pellegrinaggi a Gerusalemme e a Santiago di Compostela.
ACCOGLIENZA SPIRITUALE
I conventi, come i monasteri, praticavano, prima di tutto, le opere di carità materiali: «dar da bere agli assetati, da mangiare agli affamati e vestire gli ignudi»; è facile che, oggi, vengano praticate dalla Caritas, dalla San Vincenzo de’ Paoli, dalle Misericordie e dalle confraternite, nate proprio in quei secoli, dai volontari e, naturalmente, dai singoli cristiani. Era – come lo è oggi! – più difficile, ma più necessaria – come lo è oggi! – l’assistenza spirituale.
In tempi duri, violenti, con guerre fra le città, i conventi educavano alla pacifica convivenza, al superamento di superstizioni e di pratiche paganeggianti, ammonendo i peccatori, pregando Dio per i vivi e per i morti, perdonando le offese: opere di carità che, tradotte in diciture più moderne, costituiscono il percorso del nostro Giubileo verso la Porta Santa.
Ammonire i peccatori
Oggi ammonire i peccatori significa prendere nuova consapevolezza che il peccato non è una parola medioevale da superare, ma una realtà da contrastare e vincere perché distrugge il bene nelle persone, nella società, nel mondo, come la cronaca dimostra; occorre aiutare ad abbandonare la convinzione che tutto si può realizzare se piace, se dà emozioni, se tutti lo fanno. Quali sono i peccatori da ammonire? Prima di tutto noi stessi e, poi, tutti coloro dei quali, in qualche modo, siamo responsabili: figli, catechizzandi, alunni, amici…
I nostri tempi non sono un’epoca creativa e positiva come quella dopo l’anno Mille. Tutt’altro! Non si deve perdere, però, la speranza, anzi è necessario ritrovarla e potenziarla. Ecco perché papa Francesco ha voluto che questo Anno Santo sia un cammino di speranza che non delude perché fondata in Gesù.
Pregare Dio per i vivi e per i morti
Se ci si rende consapevoli del male e delle conseguenze nefaste e minacciose che esso produce, si comprende che il bene, per farsi largo, ha bisogno di una forza che non abbiamo e che dobbiamo chiedere al Signore, con la preghiera. Questa non consiste in qualche formula imparata a memoria, ma nel lasciarsi abitare dal Signore nei pensieri, negli affetti, nelle parole perché egli si manifesti nelle opere, così da camminare con lui, nella «comunione dei santi», che ci unisce tutti, vivi e defunti.
Perdonare le offese
Il fondamento di ogni opera di carità, sia materiale sia spirituale, è la pace, perché senza di essa ogni bene scompare e lascia il posto all’odio, alla vendetta, alla guerra nei pensieri, nelle parole, nelle azioni, e la preghiera diventa un parlare al vento: il Signore, infatti, «ci perdona come anche noi perdoniamo».
Pellegrinare verso la Porta santa e attraversarla, per ricevere il perdono dei peccati ed essere liberati dalle sue conseguenze, sarebbe una sciocca finzione se non si avesse il cuore libero da ogni gelosia, invidia, rancore e sarebbe un terribile inganno se non si fosse o se non si desiderasse essere in pace con se stessi, con i fratelli, le sorelle e con il Signore.
MA I CONVENTI DOVE SONO?
I conventi di allora ci sono anche oggi, praticamente gli stessi e, per quanto con forze ridotte, sono disponibili a preparare chi lo desidera al cammino verso la Porta santa. Ci sono poi altri «conventi»: parrocchie, associazioni, gruppi, ugualmente disponibili a offrire il loro contributo per aiutare a vivere il Giubileo. Coloro, poi, che sono impossibilitati a partecipare di persona per motivi vari: salute, età, indigenza…, possono varcare la Porta Santa, unendosi alla Chiesa spiritualmente, con la preghiera e ricevendo l’Eucaristia.