Le encicliche sociali

Dalla "Rerum novarum" alla "Fratelli tutti"

L’editore Paoline, da sempre, dedica molto spazio ai documenti magisteriali della Chiesa e “Le encicliche sociali”, un importante e poderoso volume che raccoglie i documenti pontifici sulla dottrina sociale della Chiesa, ne è una testimonianza.

Prendere in mano questo volume vuol dire attraversare 130 anni di storia, quella più vicina a noi e che stiamo vivendo con tutte le contraddizioni e le problematiche ancora attuali. I documenti di questo volume datano a partire dal 1891, anno della pubblicazione della Rerum novarum di Leone XIII, un documento di grande importanza perché segna l’inizio di una riflessione sistematica sui temi sociali e rimarrà a lungo un punto di riferimento per gli interventi successivi del magistero pontificio. L’indicazione temporale si riferisce a questo primo documento in cui la Chiesa affronta la questione sociale, ma l’attenzione del popolo di Dio alle situazioni di ingiustizia, di sfruttamento e di povertà affonda le sue radici nella rivelazione biblica: «Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, lo stendere il dito e il parlare empio, se offrirai il pane all’affamato, se sazierai la persona digiuna, allora brillerà fra le tenebre la tua luce…». Con queste parole il profeta Isaia, vissuto nell’VIII secolo a. C. ci dice a chiare lettere che trascurare la giustizia non si coniuga mai con la fedeltà a Dio. Gesù nel Vangelo è ancora più esplicito: il Regno dei cieli che i suoi discepoli sono chiamati a costruire, è un regno di amore, di giustizia, di fraternità. La storia della Chiesa, fin dai primi secoli e nelle più diverse situazioni, documenta la presenza di donne e uomini che hanno vissuto esperienze spirituali di contemplazione e di vita ascetica mai disgiunte dall’attenzione ai poveri, ai pellegrini, ai malati e ai profughi. L’esperienza monastica che ha segnato il Medioevo, oltre a testimoniare una altissima dimensione spirituale, ha prodotto movimenti culturali, economici e sociali che hanno attraversato secoli e lasciato un’impronta incancellabile.
A partire, però, dalla seconda metà del 1700 la rivoluzione industriale imprime una accelerazione decisa alla società rispetto ai modelli culturali del tempo ed è segnata da un concetto di lavoro in cui i padroni godono di una vita molto ricca, mentre i lavoratori – compresi minorenni e donne – sono sfruttati. In questo contesto nasce la Rerum Novarum, la prima enciclica sociale, emanata da Leone XIII nel 1891.

Già da tempo, in alcune nazioni europee e americane più industrializzate, alcuni vescovi, preti e laici sensibili avevano denunciato queste situazioni di sfruttamento, schierandosi con lavoratori e lavoratrici. Le loro voci hanno certamente contribuito ad alimentare una riflessione etico-sociale circa la questione operaia che sconvolgeva i rapporti sociali esistenti. L’enciclica raccoglie queste voci e offre un’immagine di Chiesa in ascolto del bisogno di giustizia, di rispetto delle condizioni di lavoro e di difesa della dignità umana. Senza la Rerum novarum - scrive il curatore dell’opera, Renzo Beghini, - non sarebbero pensabili lo sviluppo e il consolidamento dei movimenti cattolici in ambito sociale. A partire dalla prima enciclica, quindi, il magistero della Chiesa testimonia un’attenzione sempre maggiore ai temi sociali che coinvolgono l’umanità. Dalla questione operaia all’urgenza di un nuovo ordine sociale e internazionale; dai progressi scientifici e tecnici che creano nuovi beni di consumo, ma enormi disparità, fino alla denuncia di un sistema consumistico che ignora la solidarietà e la reciprocità. Per passare poi, nel corso del tempo, alla guerra fredda, alla corsa agli armamenti, alla necessità di scegliere la pace come obiettivo realistico, temi affrontati, per esempio, dalla Mater et Magistra e dalla Pacem in terris di Giovanni XXIII.

La prima enciclica sociale, dopo il Vaticano II, Populorum progressio, è firmata da Paolo VI. Siamo ancora una volta in tempi delicati: la guerra in Vietnam, la rivoluzione culturale cinese, la contestazione del '68 e l’emancipazione della donna, lo strapotere delle economie occidentali che sfruttano i paesi emergenti senza rispettarne i diritti.
Altre encicliche rimettono in discussione i cambiamenti e i progressi tecnici che non producono vero benessere e dignità del lavoro. Giovanni Paolo II con la Laborem exercens e la Centesimus annus dichiara che la Chiesa non ha paura del mondo del lavoro e che il lavoro deve essere posto al centro della vita sociale, come bene e non solo come diritto-dovere. Proprio sullo sviluppo umano integrale interviene Benedetto XVI con la Caritas in veritate sostenendo che senza una visione e una sapienza ulteriore non è possibile un progresso umano integrale.

Un deciso e finora inedito contributo alla dottrina sociale viene dal magistero di Papa Francesco che con l’enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune affronta temi delicati, denuncia lo stretto legame tra inquinamento e sfruttamento dei poveri e indica nel rapporto rispettoso con la natura la strada privilegiata per un vero benessere. Fratelli tutti, sulla fraternità e l’amicizia sociale non riassume la dottrina sull’amore fraterno, ma indica la dimensione universale della fratellanza che è valore politico: cittadinanza responsabile, uguaglianza, giustizia.
La Chiesa è guidata da una visione trascendente che supera le contingenze storiche, ma questa visione trascendente si esplicita proprio nei cammini non sempre facili dell’umanità, nell’impegno per la Chiesa di essere, secondo una forte e impegnativa espressione di papa Montini, «maestra di umanità».

Sì, si scrive: "Dottrina sociale della Chiesa" ma si legge: "Storia di uno sguardo ravvicinato della Chiesa sul mondo e sui percorsi di liberazione dei popoli" che dura da più di un secolo e che vede la Chiesa impegnata a cercare con le donne e gli uomini di buona volontà strade di verità, giustizia, pace.

Leggi un estratto del libro


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