Combattere la cultura dello scarto

Nella società di oggi viviamo immersi in una cultura che ci rende insensibili agli sprechi e ci spinge a scartare o rifiutare tutto ciò che non rientra negli standard del consumismo: è necessario risvegliare la nostra coscienza critica e combattere questa mentalità.

"Cultura dello scarto" è una frase che abbiamo sentito molto spesso nell'anno scorso, poiché risuonava frequentemente nei discorsi di papa Francesco. Descritta come una tragedia epocale, una malattia sociale che contagia tutti, è una delle sfide più importanti da affrontare oggi. Il pericolo, infatti, è di 'abituarsi' ad essa, di accettarla generosamente nel nostro vocabolario, ma senza capirla, senza una riflessione profonda, la quale potrebbe cambiare qualcosa – almeno nel nostro atteggiamento.

La sfida della solidarietà – perché?

Per risvegliare, quindi, una coscienza critica di fronte a questi fenomeni, le Paoline hanno pubblicato il libro La cultura dello scarto e la sfida della solidarietà, scritto da Carlo Valerio Bellieni, per mettere in guardia dai rischi connessi a tale fenomeno e diffondere il pensiero del Papa. L'autore paragona la genialità del richiamo di Bergoglio nel combattere la cultura dello 'scarto' alla genialità del bravo medico che, invece limitarsi a colpire i sintomi, colpisce al cuore la malattia. "La cultura dello 'scarto' è la malattia vera, il resto sono sintomi. Impariamo difenderci".

I sintomi: dai rifiuti urbani ...

Una delle domande che ci può aiutare in questo cammino è:"Dove erano le discariche a metà del secolo scorso"? Forse una domanda sorprendente, ma ancora più sorprendente è la risposta ad essa: non c'erano! Si comprava quello di cui si aveva bisogno, non quello che la pubblicità proponeva come la cosa necessaria per renderci felici. Le cose si riusavano, non si buttavano semplicemente e non se ne compravano di nuove – ad esempio si aggiustava la sedia rotta e quando non si poteva più aggiustare era usata per alimentare il fuoco...

Abbiamo inventato noi i rifiuti, lo 'scarto'. Negli ultimi anni, soprattutto con il rapidissimo sviluppo tecnologico, il fenomeno dell'obsolescenza programmata sta diventando sempre più ovvio e scottante. Si tratta del fatto che dopo un certo tempo (breve) i beni e i prodotti vengono cambiati perché non servono più (per es. a causa dell'utilizzo di materiali di scarsa qualità, i costi di riparazione sono superiori rispetto a quelli di acquisto) o perché per alcuni sono semplicemente "passati di moda" (anche se funzionali e funzionanti).

... agli scarti alimentari

La 'cultura dello scarto' ci ha resi insensibili anche agli sprechi e agli scarti alimentari. Alcune statistiche sono veramente allarmanti. Ad esempio, una delle poche analisi a livello globale (nel 2011 dalla FAO) stima uno spreco mondiale annuale di circa 1,3 miliardi di tonnellate (pari a circa un terzo della produzione totale di cibo destinato al consumo umano): in media, solo il 43% dei prodotti coltivati a scopo alimentare viene effettivamente consumato! Secondo i dati diffusi da ADOC (Associazione per la difesa e l'orientamento dei consumatori), a livello domestico vengono sprecati il 35% dei prodotti freschi, il 19% del pane, il 16% di frutta e verdura. Il dramma è che, purtroppo, nemmeno ci accorgiamo di una spirale viziosa nella quale siamo immersi, è normale per noi, neanche facciamo più il caso.

Invece ... NESSUNO e NIENTE è "inutile"

La malattia non ci fa inutili ... Forse uno degli esempi più forti che abbiamo avuto negli ultimi tempi è stata la testimonianza di papa Giovanni Paolo II, che si spegneva pian piano - la sua indimenticabile ultima benedizione senza parole dalla sua finestra, dopo lunga malattia - mostrando al mondo che essa fa parte della vita, che non toglie la dignità della persona, che non è da nascondere.

Nessuno è inutile nella moltitudine dei popoli, nello sport, nel lavoro ...
Neanche i microbi sono inutili – tantissimi sono indispensabili per la nostra vita.
Niente è inutile nel corpo umano - "dalle unghie all'appendice dell'intestino".
Niente è inutile nel DNA, come si capisce oggi, anche se per decenni si pensava che oltre 90% di esso fosse inutile.


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