Don Tonino Bello, un Vescovo con il profumo del popolo

Don Tonino Bello è stato una figura eccezionale di pastore, che ha incarnato il rinnovamento auspicato dal Concilio Vaticano II e l'impegno per la pace a tutti i livelli. A più di vent'anni dalla sua morte, il suo messaggio è sempre attuale.

Alla fine della sua vita così ricordava don Tonino: "Quello che ho vissuto da parroco non lo potrò scordare. Stare in mezzo alla gente, chiamare i parrocchiani per nome, entrare nelle loro case in momenti di festa e di dolore, vivere con loro il gaudio esaltante della domenica, progettare con loro i momenti forti della vita parrocchiale, avere a che fare con i poveri con nome, cognome e codice fiscale, profumare di popolo... è stata l'esperienza che ho vissuto nella stagione più felice della mia vita". In realtà, questo stile pastorale caratterizzerà anche il suo episcopato nella Diocesi di Molfetta, uno stile che possiamo sintetizzare con una immagine di Chiesa a lui tanto cara: la Chiesa della Stola e del grembiule, cioè, una Chiesa calata nella realtà dell'oggi, attenta ai bisogni dei lontani e dei deboli, promotrice di valori e non di regolamenti, una Chiesa di servizio.

Una ricca personalità quella di don Tonino Bello, che non sfugge all'attenzione dei suoi superiori fin dagli anni giovanili: così egli si ritrova ben presto a Bologna, presso il seminario dell'Onarmo, per gli studi teologici. La tappa bolognese, che lo porta a vivere per cinque anni in una grande città industriale del Nord, a contatto con una realtà completamente diversa da quella della sua terra pugliese, nella città più laica d'Italia che, sotto la guida del cardinale Lercaro, era diventata in quel tempo un punto di riferimento per la cultura cattolica, diventa decisiva per la sua formazione. Già Vescovo ricordava quei tempi: "Un periodo bellissimo. Si vivevano già i segni del periodo preconciliare, e poi c'era la presenza straordinaria del cardinale Lercaro. Tutto ruotava attorno alla riscoperta della liturgia e dei suoi valori sociali".

Quando nel 1963, in occasione del Concilio Vaticano II, è chiamato ad accompagnare a Roma il proprio Vescovo in qualità di consigliere personale, ha l'opportunità di immergersi in quell'evento straordinario di novità, di conoscere meglio la Chiesa italiana, di respirare a pieni polmoni quell'aria di rinnovamento che soffiava con il Concilio, rinnovamento che egli cercò, in seguito, di vivere e concretizzare. Non sempre però fu capito nella sua rivoluzione evangelica: dal suo stesso presbiterio, dai suoi confratelli nell'episcopato che spesso lo tolleravano, a volte lo deridevano, e in alcune occasioni, lo umiliarono. Anche l'esperienza alla guida di Pax Christi diventa per don Tonino realtà segnata da tante incomprensioni provenienti da più parti... sono ferite dolorose per il Vescovo pugliese che lo amareggiano profondamente ma di fronte alle quali non indietreggia per amore del Vangelo, per la fedeltà a quel Signore che era diventato la sua unica ragione di vita.

Quando il male lo aggredisce in maniera violenta, impedendogli di continuare ad essere tra la gente, don Tonino sale in cattedra, la cattedra scomoda del dolore e dell'annientamento, ma carica di grazia: da qui egli continua ad incoraggiare tutti con l'invito alla speranza, alla gioia, con il rassicurare fiducioso.

A distanza ormai di più di venti anni dalla sua morte ci rendiamo conto che la sua eredità rimane più viva che mai... e, forse, dobbiamo umilmente riconoscere, che non siamo stati sempre capaci di comprendere la sua capacità profetica nel leggere i segni dei tempi.., si, dobbiamo riscoprire la sua testimonianza e il suo insegnamento!

In fondo, quella Chiesa, fedele al Vangelo, che oggi Papa Francesco tanto sollecita, è quella stessa che don Tonino Bello ha voluto, ha cercato di realizzare, e per essa ha tanto sofferto! Non sprechiamo la preziosa eredità di questo Vescovo: "La Chiesa ha il compito di legare la fede alla storia, la speranza alla vita, l'utopia alla serialità del quotidiano".

Per approfondire leggi: Tonino Bello, Fratello vescovo, di Claudio Ragaini, Paoline.


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