Expelliarmus: incontrare l’altro come fratello

Passi verso una scelta di vita/10

Come saremmo senza avere accanto un'altra persona? Più leggeri, liberi o semplicemente più vuoti? Una delle sfide del Vangelo è di camminare con l'altro, riconoscerlo fratello, farsi spazio l'uno con l'altro rispettando i "passi" di ognuno e imparando ad accogliere, perdonare e perdonarsi, amare...

In latino il verbo sancio, da cui la parola italiana santo, significa tra le altre cose: fare spazio. Mi ha sempre colpito questo significato. Il santo è colui che crea spazi: di libertà, di apertura, di respiro... in cui possano star bene lui e gli altri.

Creare spazi
Vivere insieme è farsi spazio a vicenda, dicendo all'altro: "ho bisogno che tu sia tu, nonostante tutto". Una delle tante sfide del Vangelo. Confesso che ho fatto molta fatica a capire perché Gesù volesse che gli apostoli andassero in missione due a due. Spesso gli altri che ci sono vicini non sono quelli che ci saremmo scelti e saremmo più leggeri nel vivere la missione da soli, senza la fatica di aspettare il passo dell'altro.

Eppure nella Bibbia una delle prime cose che l'uomo comprende e Dio gli ispira di scrivere è: «Non è bene che l'uomo sia solo» (Genesi 2,18). Perché? Forse perché, senza l'altro, non saremmo più leggeri, ma semplicemente più vuoti.
Dio crea Eva, la donna, perché si accorge che Adamo in nessuno degli altri esseri viventi trova qualcuno che gli corrisponda, in altre parole un aiuto! Da millenni l'uomo ha capito che l'altro non è un ostacolo, ma è un aiuto a tal punto da scriverlo per descrivere la creazione.
È molto bello il termine aiuto: nella Bibbia ha quasi sempre Dio come soggetto, è sempre lui che aiuta l'uomo. La prima volta lo si trova proprio in questo racconto per parlare della relazione tra due persone!
Sapere che c'è qualcuno su cui poter contare ci fa camminare più sicuri. Sapere che qualcuno fa il tifo per noi ci fa sentire invincibili. Questo non significa appoggiarsi all'altro come se fosse la nostra stampella, ma camminare insieme, condividendo la strada a volte con alcuni a volte con altri.
Ogni vocazione, allora, deve necessariamente tenere conto che l'altro e gli altri sono indispensabili.

Incontrare l'altro - foto di Lucyna Tomkòw apDi tutte le persone con cui siamo in relazione alcune poi sono più vicine: quante volte ci sarà capitato di dire di alcuni amici che ci stanno talmente a cuore e ci sentiamo talmente uniti a loro che sono dei "fratelli".
Fratello non è solo chi è legato a noi da vincoli di sangue, ma chi appartiene a noi, alla nostra storia... chi ci conosce e ci ama; chi ha ascoltato le nostre "paranoie" e ha riso alle nostre battute; chi ci ha chiamato per sapere come era andato un esame e chi ci ha convinto che sicuramente l'avremmo superato.
È quel qualcuno creato proprio per noi, non "nostro" ma "per noi" e noi "per lui".
Un fratello rimane fratello anche quando ci tradisce. Non è un errore di battitura, è quello che volevo dire. L'altro rimane aiuto, creato per noi, anche quando ci fa del male. Chi ci ama è capace di ferirci di più, perché sul suo bene noi contiamo, perché abbiamo aspettative su di lui, perché ci soffriamo di più.

Nella saga di Harry Potter, ambientata in un mondo fatto di magia, si parla di "maledizioni senza perdono": sono tre incantesimi che si possono scagliare sull'altro per ferirlo.
La maledizione Imperius: consiste nel cercare di avere il dominio sull'altro, sui suoi pensieri, sulle sue azioni.
La maledizione Cruciatus: una tortura che può portare alla pazzia.
L'Avada Kedavra: la maledizione terribile, quella senza ritorno, che provoca la morte dell'altro.
Queste maledizioni arrivano solo dai nemici. Opporsi a loro è difficilissimo, bisogna avere un potere straordinario e provocare più male di quanto se ne riceve. Ma questo non è buono: non si può rispondere al male con il male.

"Expelliarmus", ovvero disarmare l'altro, perdonare!
C'è un'altra possibilità, ma bisogna essere veloci ed esperti.
Invece di riscagliare a propria volta un incantesimo più potente si può semplicemente disarmare l'altro. L'incantesimo di disarmo, "Expelliarmus", è il primo che si impara ma il più difficile da mettere in pratica.

Nella vita reale le "maledizioni senza perdono" arrivano anche dai fratelli.
E anche noi, a nostra volta, siamo capaci di farne: ci si ferisce per risentimento, rabbia, stanchezza, paura...
"Expelliarmus", possiamo allora ripetere nella nostra vita di tutti i giorni, e l'unico modo per disarmare il male è perdonare, perdonarci e andare avanti.
Il fratello non è chi non ci ha fatto male mai, ma quello a cui abbiamo perdonato e ci ha perdonato.
Se "perdono" è la parola che Dio conosce meglio allora quell'aiuto che ha creato ha proprio questo scopo: permetterci di conoscere qualcosa di più del Suo modo di amare.

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Dall'articolo: Expelliarmus: incontrare l'altro come fratello, di M. Francesca Frasca, in Se vuoi. Rivista di orientamento per giovani, N. 4 - 2018.

Se vuoi n. 4 2018

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