Chiarapunzel

«Vi siete mai chiesti che cosa significa essere genitori di un figlio con una disabilità grave? Io non ne avevo idea. L’ho scoperto e continuo a scoprirlo giorno per giorno…»

«Sono la mamma di due bambine: Miriam di otto anni e Chiara di sei. Sono sposata da dieci anni con Paolo. La piccola Chiara – chiamata Chiarapunzel in onore della principessa preferita dalla sorella – è nata con la sindrome di Angelman, un disordine neurogenetico raro, grave e al momento senza cura… Le manca un minuscolo pezzo di gene. Minuscolo, ma essenziale. La mia bambina è arrivata con questo peso sulle spalle così, senza avvertire, e io mi sono trovata del tutto impreparata a gestirla e aiutarla. Ho cercato informazioni, ho trovato tanti riferimenti medici e indicazioni terapeutiche, ma non ho trovato nulla che mi facesse comprendere cosa significava essere madre – ogni giorno – di una bambina con questa sindrome».

La sindrome di Angelman è una rara malattia genetica che determina la quasi totale assenza di linguaggio espressivo, la disabilità intellettiva e compromette il raggiungimento delle autonomie necessarie per vivere in un contesto sociale. Una diagnosi, arrivata quando Chiara aveva sedici mesi, molto dolorosa per i genitori di questa bimba dolcissima e dal sorriso contagioso, che ha l’effetto di una condanna senza appello. Per alcuni giorni, scrive la mamma, «guardavo Chiarapunzel, ma non la vedevo, vedevo la sua sindrome, vedevo le storie e le fotografie di bambini Angelman più grandi». Chiarapunzel però non è la sua sindrome e questa madre ha imparato, dopo giorni di smarrimento, a guardarla per quello che è, la sua piccola bimba che ha bisogno di amore e che restituisce amore e gioia.

Nelle pagine di questo libro c’è il diario di tre anni – Covid compreso – con tutto quello che i genitori di bimbi disabili conoscono fin troppo bene e che Emanuela Traversini decide di scrivere per dare forma ai suoi pensieri di madre in mutamento continuo, impegnata ogni giorno, con la famiglia, compresa la sorellina di due anni più grande, a scoprire ciò che può stimolare Chiarapunzel e spingerla a nuove conquiste, piccole ma estremamente significative.
«Avevo altri progetti, poi è arrivato il tuo sorriso», così la mamma sintetizza il percorso, faticoso, difficile, imprevedibile, ma ricco di amore a cui la piccola Chiarapunzel risponde con una gioia capace di generare stupore e speranza nella sua famiglia, pur nella consapevolezza di una situazione difficilissima da gestire. Le piccole conquiste di questi bambini, infatti, non sono garantite e per questo l’impegno della famiglia è costante, come scrive l’Autrice «…per cogliere i punti di forza, quelle caratteristiche che solo loro hanno e dalle quali possiamo partire affinché raggiungano nuovi obiettivi».

Questa mamma, insieme alla sua famiglia e alle famiglie che vivono questa stessa realtà, desidera una cura per la sindrome di Angelman, desiderio che, con un pizzico di ironia e disincanto, definisce: il desiderio di avere una villa con piscina. Il desiderio non è del tutto infondato; la ricerca va avanti e prima o poi la cura si troverà, ma il quando è impossibile da prevedere. Non è semplice tenere insieme queste due cose: il sogno di una cura che cambia la vita e la realtà da gestire giorno per giorno. L’Autrice scrive con lucidità che non si può passare la vita a sognare quello che non sai “se” e “quando” arriverà altrimenti il rischio è quello di sottovalutare la realtà in cui si vive. E la realtà è la gioia contagiosa di Chiarapunzel che è una bimba piena di amore, coraggiosa nell’accettare gli stimoli della sua famiglia. Certo, serve il sogno, perché può dare la forza di non mollare. Bisogna tenere a bada anche la tentazione di invidiare le mamme che non hanno questo pesante fardello da portare, perché fa solo male. L’Autrice scrive con lucidità e dolcezza insieme: «Io non sono migliore di chi non ha una Chiarapunzel con sé, ho solo l’occasione di vivere un’esperienza profonda ma non l’ho scelta, mi è capitata e basta. Come riuscirò a viverla farà davvero la differenza… Invece sentire drammi creati dal nulla non mi è mai piaciuto… Sentire persone lamentarsi perché non possono fare una vacanza in più, o per altri futili motivi mi tocca delle corde troppo delicate. Perché no, quelli non possono essere drammi, in questo mondo. Perché sono l’indicatore di un senso capovolto del peso delle cose». Non sempre la felicità corrisponde ai nostri progetti e soprattutto non corrisponde a ciò che viene presentato come essenziale per la felicità. Il segreto di una felicità possibile lo descrive così l’Autrice: «Questa, ora, è la mia vita. Nessun’altra. È qui che devo essere, è da qui che devo partire per dare il meglio di me a chi ne ha bisogno. Quello che poteva essere non è stato».

A dare energia sempre nuova nel raggiungimento di una felicità possibile c’è la solidarietà della famiglia e delle famiglie coinvolte, degli amici, dei medici e dei terapeuti che testimoniano come chiudersi nel proprio dolore e nella propria fatica fa perdere forza più che guadagnarne.
C’è poi quella che l’Autrice definisce la mia “Fonte”, la sua fede, una fede raccontata con discrezione, senza esibizionismi, ma anche con molta spontaneità. Una fede che permette a lei e a Paolo, suo marito, di superare le fatiche, di trovare la forza necessaria per leggere e interpretare ogni difficoltà alla luce della speranza concreta che fa desiderare la cura per questa malattia, fa gioire di ogni piccola conquista di Chiarapunzel, ma anche la speranza che diventa fiducia nella Fonte, che diventa amore. Così l’Autrice termina il suo diario: «L’amore è sempre un percorso. Sempre, a chiunque sia rivolto, anche a Dio. E l’amore per i figli non fa eccezione. Non si ama mai allo stesso modo, non si ama senza impegnarsi a farlo. Io amo Chiarapunzel, io voglio amarla. E io devo farlo. Non ho altro modo per aiutarla davvero e renderla felice».

Leggi un estratto del libro


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