Prima che sia notte

«Brani scelti dal mio diario destinati alla mia famiglia e ai miei amici, a chi ha vissuto, direttamente o indirettamente, una sofferenza che gli ha cambiato la vita e a chi osa credere che sia possibile essere felici anche in mezzo alle difficoltà».

Queste parole poste dall’Autrice, Sophie Barut, all’inizio del libro, sono certamente le più adatte per introdurre queste pagine che raccontano una storia d’amore e di coraggio. Un libro scritto con il ritmo di un romanzo e con il coinvolgimento emotivo proprio di chi vive e ama l’esperienza che sta vivendo, anche se destabilizzante e dolorosa.

«Rientrerò prima che sia notte»: così aveva detto Cédric alla moglie prima di uscire in bicicletta per un lungo giro che lo aiutasse a smaltire un po’ di nervosismo accumulato sul lavoro. Sarebbero state le ultime prima dell’incidente. Un incidente che cambierà completamente la loro vita e li costringerà a sognare sogni diversi da quelli sognati insieme. Sarà l’amore a dare loro il coraggio di ri-sognare gli stessi sogni con una consapevolezza nuova: quella di limiti non previsti. Sì, perché l’incidente è di quelli che lasciano poco spazio a progetti; Cédric non potrà più camminare, correre, muoversi in modo autonomo. Non solo, ma anche il suo sistema nervoso sarà segnato per sempre.

L’Autrice non nasconde nessuno dei sentimenti che attraversano il suo cuore e il cuore di suo marito: amore, desiderio, paura, rabbia, voglia di mollare, di lasciarsi andare.

«Questo incidente ci ha colpiti mentre spiccavamo il volo, bloccando di colpo la nostra storia d’amore nascente. Abbiamo dovuto ricominciare da basi assolutamente nuove, sconcertanti. Tutto era da scoprire. Siamo andati avanti, passo dopo passo. Mano nella mano. Guardandoci negli occhi. Giorno dopo giorno. Quando volevi abbandonare tutto, ti supplicavo di continuare a lottare, di farlo per me, perché le nostre vite erano indissolubilmente legate, la mia felicità consisteva nel vederti sorridere. La tua disperazione mi avrebbe travolto. Allora ti sei rialzato e, per amore, hai ripreso il combattimento, per donare a me e a entrambi una vita bella».

Queste parole possono sembrare esagerate, ma non è così. Una vita bella, possibile anche nelle difficoltà, una vita feconda, dove c’è spazio anche per il sogno di una casa piena di giochi e di risate, con bambini che la riempiono di voci, di pianti e di grida, di capricci e di tenerezza. Arriveranno anche loro a riempire la casa e a dare un senso nuovo ad ogni cosa.
Certo, detta in questo modo, può suonare come la tipica conclusione, perfino troppo veloce, di una bella fiaba: e vissero felici e contenti! Non è esattamente così e le pagine di questo diario raccontano la lunga degenza in ospedale durata due anni, registrano lo stupore e la gratitudine per ogni più piccolo segno di progresso, la paura e l’impotenza di fronte ad una situazione delicata e fragile, sempre compromettibile con facilità. In questo percorso pieno di ostacoli ci sono gli amici, c’è la solidarietà tra familiari, tra colleghi; c’è la fiducia nella medicina e nel personale sanitario.
E c’è Dio! che questa donna invoca non come un taumaturgo o per ottenere un miracolo; lo invoca per chiedere di capire il senso di quello che sta vivendo, per chiedere di fidarsi della vita, suo dono.

Molto spesso siamo tentati di credere che essere felici significhi che tutto va bene, che tutti i tasselli sono al loro posto. La vita però è più grande dei nostri schemi e ci può sorprendere portandoci per strade che non abbiamo neppure immaginato, offrendoci opportunità di felicità per nulla scontate, tanto più preziose perché non programmate secondo schemi ovvi che ci suggeriscono di seguire solo i percorsi facili, escludendo a priori l’eventualità che fatica e dolore si possano coniugare con la felicità. A questo riguardo sono molto significative le parole che l’Autrice stessa scrive nelle prime pagine del libro ricordando la festa per i 20 anni di matrimonio, quando guardando il marito legge nei suoi occhi serenità ma anche consapevolezza di una condizione di precarietà che accompagnerà tutti i giorni della sua e della loro vita:

«Se l’avessimo saputo! Se vent’anni fa avessimo saputo quante battaglie ci sarebbero state da sostenere, quante notti da passare in bianco, quante energie da spendere, quante volte avremmo dovuto ricominciare da capo, saremmo forse crollati dalla fatica prima ancora di iniziare. Ma avremmo fatto salti di gioia vedendo quali regali, quali belle vittorie la vita ci avrebbe riservato…
Se avessimo potuto intravedere dove questa prova ci avrebbe portato, avremmo lottato con più ardore e forza. È proprio questo ardore, questa forza che ora vorrei trasmettere, affinché non si spenga mai la fiammella della speranza.
È vero, la vita è un dono. Grazie alla sua fede, Cédric ha mantenuto la promessa che mi aveva fatto, quella di rientrare "prima che fosse notte".
Sì, Cédric è rientrato prima che la notte dell’angoscia, della disperazione e della paura lo agguantasse e finisse per ghermire tutti noi. Ogni volta che sceglie di accettare la realtà, di amare questa vita, di amare i suoi amici e l’ignoto che si presenta, allora sì, fa ritardare la notte.
Sì, rientra prima che faccia buio».


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