Fiabe per non dimenticare

Nel Giorno della memoria il pensiero corre agli orrori perpetrati dai tedeschi sugli ebrei e altre vittime predestinate, ai sopravvissuti con il loro pesante bagaglio emotivo, ai "coraggiosi silenziosi", che aiutavano i perseguitati a rischio della loro vita, ma anche a chi una volta in trappola ha speso le sue energie prodigandosi per gli altri.

Tra le tante figure di "coraggiosi silenziosi" spicca la personalità di Ilse Herlinger Weber, poetessa e scrittrice di religione ebraica, conosciuta come autrice di fiabe di successo, e di programmi radiofonici per i bambini. Agli inizi del'42 fu deportata insieme a suo marito e al figlio nel ghetto di Theresienstadt oggi ricordato come il campo di concentramento dei bambini.

La voce di Ilse ferma il tempo e accompagna i bimbi in luoghi d'incanto, lontano dalle violenze quotidiane, spalancando le porte dell'immaginario, animando la stanza di piccoli eroi di tante fiabe che dopo affanni, peripezie, privazioni, confidando nel bene, riescono a salvarsi, a liberarsi, a portare soccorso ai propri cari. 15.000 furono i bambini e neonati ebrei deportati a Theresienstadt. Dopo la guerra ne ritornarono solo un centinaio e nessuno di questi aveva meno di quattordici anni. Ilse muore nel 1944 ad Auschwitz con suo figlio Tommy e i bambini dell'infermeria.

Ilse, nonostante la devastazione interiore, raccoglie le sue energie e si dedica completamente alla cura dei bambini malati del campo, raccolti tutti in infermeria. E con l'aiuto delle fiabe, della musica e del canto, allevia le loro sofferenze regalando ore di speranza... È al figlio Hanuš che dobbiamo oggi la possibilità di rileggere le fiabe di sua madre. Racconti nati dalla fertile fantasia di una giovane donna ebrea, pochi anni prima del crollo dell'umanità, pubblicati ora da Paoline nel libro L'ora blu delle fiabe, curato da Rita Baldoni, che ci narra la vicenda di Ilse. Queste fiabe diventano così un tesoro, un messaggio di pace da divulgare fra i ragazzi italiani, un utile strumento per la didattica della Shoah nelle scuole.

L'ora blu delle fiabe

Si stinge a ovest il bagliore del giorno,
nell'infermeria scivola la luce del crepuscolo,
lieve sfiora i letti dei piccoli malati e posa su guance che la febbre arrossa.
È l'ora blu delle fiabe
e nell'aria è tutto un bisbiglio e un sussurro.

«Oggi in sogno» dice un bimbo, il capo fasciato,
«ero nel paese della cuccagna.
Me ne stavo seduto sotto un albero
e potevo mangiare e mangiare all'infinito».
«Che cosa hai mangiato»? vuole sapere una bambina,
occhi grandi su un cuscino colorato,
«allora: dolci, salsicce e di tutto, beh,
tutto quel che si mangia nel paese della cuccagna».
«Ah, dolci! » borbotta quello con l'ittero,
già da giorni a digiuno. «Quanto vorrei del puré di patate».
«E io», una vocina squillante, «vorrei un uovo».
Un'eco a più voci risuona per la stanza:
«Un uovo, tutti noi ne vorremmo uno!
È da dieci mesi che non ne mangiamo nessuno
e non ce ne ricordiamo più il sapore».
Rauca si leva una voce:
«A casa avevamo un melo, se solo potessi averne un frutto».
Da un angolo della stanza, dal letto
del piccolo Heinz malato di tubercolosi,
bianche le guance e trasparenti come la neve, arriva la sua voce:
«Se solo potessi avere ciò che a casa lasciavo nel piatto.
Non mi piaceva la minestra, la carne e neppure il puré,
ogni pasto era un urlo.
Ora mamma è malata e papà è morto
e io vorrei tanto del pane raffermo».
«Una volta mio zio», si vanta la piccola Eva e ride,
«mi ha portato un maialino di marzapane».
Il piccolo Peter trasognato guarda lontano:
«Quanto mi piaceva la cioccolata!».
«Macché cioccolata e marzapane!», lo riprende risoluto il vicino stizzito
«Ah, poter mangiare una volta lenticchie,
piselli gialli e fagioli in giuste, grandi porzioni»!
«Sì», interrompe la piccola Ilse con fervore,
«e poi ancora tanta verdura, spinaci e cavoli,
rape e carote me li mangerei volentieri anche crudi...».

Ascolto inosservata i loro discorsi e mi fa male il cuore,
c'è del caffè nero per cenare.
Giro l'interruttore, chiare risplendono le luci
a illuminare scarni visi di bimbi,
segnati dalla fame e dagli stenti,
dalla dura matita della mancanza di alimenti.

A voi, vittime innocenti di una violenza cieca,
giunga presto difesa
e vi liberi da questa palude di putrefazione
per portarvi salvezza e guarigione.

Ah, possiate essere di nuovo bambini,
con il diritto all'amore e alla luce del sole,
alla felicità serena d'una infanzia piena,
alle guance tonde e allo sguardo di bagliore.
E che possiate mangiare di nuovo a sazietà,
voi, poveri bambini di Theresienstadt.

(Ilse Weber – traduzione di Rita Baldoni)


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