Una cosa è la fragilità di un oggetto, altra cosa è la fragilità di una persona. Ci sono fragilità diverse in ognuno di noi e i personaggi biblici, protagonisti della storia della salvezza non ne sono esenti. Essere fragili spesso non è un ostacolo, ma una chance... e Dio nel nostro essere "lucignoli fumiganti" intravede già la fiamma nuova come possibile realtà. Sesta tappa del nostro percorso biblico/artistico sulla fragilità, seguendo il libro di Alberto Curioni.
La Parabola del servo malvagio, di Domenico Fetti, è il dipinto scelto da Alberto Curioni, autore di Il coraggio di essere fragili (Paoline), per approfondire, attraverso l'arte, la meditazione da lui proposta nel capitolo sesto del suo libro, La pietà verso gli altri, dove i protagonisti della parabola sono il re che decide di regolare i conti con i suoi servi e il servo a cui viene condonato il debito ma che non riesce a fare lo stesso con un suo simile.
Per gli incontri pastorali, ma anche per la fruizione privata, suggeriamo innanzitutto di proiettare o avere in altro modo sotto gli occhi il dipinto (su tablet, smartphone, notebook o stampando l'immagine). Dopo una breve introduzione sull'autore, il periodo, il perché della commissione e il luogo dove si trovava il dipinto, consigliamo un lungo momento di silenzio per poterlo guardare e gustare con attenzione. Dopo si possono leggere e meditare le pagine 69-79 del libro - soffermandosi prima di tutto sulla pericope evangelica - e, in seguito, sulla scheda con le note spirituali/artistiche del dipinto. Per ogni passaggio è importante prendersi il tempo necessario. Canti appropriati e/o brani musicali di sottofondo possono aiutare la preghiera e la contemplazione.
Nato a Roma tra il 1588 ed il 1589, Domenico Fetti (1588/1589 – 1623), dopo essere stato introdotto dal padre Pietro, anch'egli pittore, al mondo dell'arte, si formò presso il pittore tardomanierista Lodovico Cigoli (1559 – 1613).
Nella prima giovinezza, non mancò tuttavia di assorbire i linguaggi nuovissimi che andavano incrociandosi nella Roma del primo decennio del Seicento (dal Caravaggio ad Annibale Carracci, da Elsheimer a Rubens)1. Anche le opere del Barocci e del Borgianni costituirono indimenticati testi di riferimento nella formazione dell'artista e comunque posero le basi, insieme alle straordinarie invenzioni di Annibale Carracci e del Rubens, per un primo approccio alle interpretazioni della luce-colore veneziana condotte da quei grandi maestri2.
Nel 1614, su richiesta del duca Ferdinando, si trasferì poi a Mantova come pittore di corte dei Gonzaga e qui creò le sue opere più note, lavorando nella propria bottega sia con il padre Pietro che con la sorella Lucrina (suora e pittrice), guadagnandosi così l'appellativo di "Mantovano". All'artista si presentò inoltre la straordinaria opportunità di immergersi nella formidabile collezione di dipinti del duca di Mantova, entrando in contatto con alcuni dei più grandi capolavori della pittura veneta del Cinquecento: dai Tiziano ai Tintoretto, dai Veronese ai Bassano.
Oltre ai dipinti eseguiti direttamente per l'entourage gonzaghesco, Domenico eseguì anche importanti commissioni per alcune delle principali chiese cittadine. Tra queste, in prevalenza dipinti ad olio ed affreschi, spicca l'Apoteosi della Redenzione (1611 ca.) che decora la volta dell'abside della Cattedrale di San Pietro (Duomo) e i dipinti destinati alla chiesa di Sant'Orsola, ovvero I Martiri (1613), Viani che offre a Margherita Gonzaga la chiesa di Sant'Orsola (1615 ca.) e la Moltiplicazione dei pani e dei pesci (1620), tutti conservati ad oggi presso il Palazzo Ducale di Mantova.
Al periodo compreso tra il 1618 e il 1621 risale poi l'ideazione della serie forse più celebre del Fetti: le Tredici Parabole evangeliche, redatte per lo studiolo di Isabella d'Este, che a quel tempo il duca Ferdinando aveva trasferito dal pian terreno di corte Vecchia a palazzo ducale, nel proprio appartamento cosiddetto del Paradiso. Le piccole storie evangeliche, tra cui anche la Parabola del Servitore malvagio, ricche di quelle velature malinconiche tipiche del linguaggio umbratile del Fetti, costituiscono un'antologia completa del percorso pittorico dell'artista che riunisce qui elementi toscani a sollecitazioni bassanesche, veronesiane e tintorettesche3.
[Domenico Fetti (1589-1624), Parabola del servo malvagio (1619 ca), olio su tavola, Gemäldegalerie Alte Meister – Staatliche Kunstsammlungen Dresden]
«A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».
Per quanto ci risulta, Domenico Fetti è stato l'unico a puntare la propria attenzione sull'episodio del servo spietato. II pittore sceglie l'episodio più drammatico dell'intera narrazione, che d'altronde si presta molto bene a una trasposizione figurativa, isolando proprio il momento in cui il debitore del re, appena sceso dalle scale del palazzo, che si intravede sulla sinistra in alto, compie l'azione descritta nel vangelo, incorniciata da un arco aperto che funge da proscenio all'intera rappresentazione.
Inquadrature simili contraddistinguono anche le parabole del Convito e del Fattore infedele, che condividono inoltre con quella del servo una perfetta comunanza stilistica. È dunque ipotizzabile che i tre dipinti fossero destinati a decorare un'unica parete dello studio di Isabella. La Parabola del servitore malvagio, in particolare, era collocata all'estremità sinistra, come denuncia lo squarcio prospettico convergente. Questa appartenenza delle tre parabole a un piccolo gruppo di dipinti correlato all'insieme troverebbe inoltre una conferma nel significato morale e didattico insito nell'episodio del servo spietato: lavite che crescendo verso l'alto si protende verso il centro del dipinto simboleggia infatti Cristo e la fede Cristiana e quindi anche i valori della pietà e della remissione dei debiti e dei peccati.
Anche le parabole del Convito e del Fattore infedele indicano diverse opere di Misericordia: dar da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, vestire gli ignudi, visitare gli infermi e i carcerati (per quanto riguarda la prima), donare le proprie ricchezze ai poveri (per quanto riguarda la seconda). Il comune messaggio di misericordia, quasi sicuramente preteso dal committente, troverebbe dunque una piena valorizzazione nella riunione delle tre parabole sulla stessa parete4.
La lievitante materia pittorica, la pennellata fluida, la semplice e monumentale distribuzione degli elementi architettonici, l'armonia cromatica tra il tenue azzurro del cielo, il vivido ocra dei muri e il rosso della veste della figura col turbante, ed ancora la torsione di derivazione caravaggesca dei protagonisti, ricollegano infine l'opera alla Moltiplicazione dei pani e dei pesci permettendo quindi una datazione al 1619 circa, quindi al centro dell'intera serie di parabole5.
1. G. Milantoni, Fetti Domenico (ad vocem) in Dizionario Biografico degli italiani, vol. 47, 1997.
2. Ibidem
3. Ibidem.
4. E. A. Safarik (a cura di), Fetti, Milano electa 1990, p. 98, n. 24.
5. Ibidem
Storie di personaggi dall'Antico e dal Nuovo Testamento, visti nella loro fragilità creaturale o morale, e la storia meravigliosa della relazione che Dio ha intessuto con loro, prototipo della relazione che Dio vuole stabilire oggi con noi.