SHARE: condividere

Le 10 parole della comunicazione /4

Oggi basta un click per condividere una notizia, una foto, un video. Di fronte al fascino di un contenuto che si diffonde rapidamente ricordiamo l'importanza di "share right = condividere bene".

Le 10 parole 1

1. La parola alla parola

Siamo nell'era della condivisione. Share, che tradotto dall'inglese significa condividere, è la parola chiave delle reti sociali. Se clicchiamo la voce condividere nel dizionario online della Treccani, leggiamo: condividere, verbo transitivo composto da con e dividere. Si dice dividere, spartire insieme con altri: il patrimonio è stato condiviso equamente tra i fratelli. Anche, avere in comune con altri, ad es. l'appartamento; più spesso ha un significato figurato: condivido pienamente la tua opinione; non condivideva le mie idee; condividono la passione per la montagna.
Nella nostra lingua italiana, condividere si riferisce a significati che implicano una partecipazione, un coinvolgimento consapevole non solo di idee, ma di cose, spazi fisici, beni, materiali e non, ideologie, strategie, progettazioni...


Le 10 parole22. La parola della rete 

L'uso del termine condividere-condivisione non nasce con la rete, ma nella rete e soprattutto con i social ha assunto un significato, una valenza diversa. Si accentua come modalità di partecipazione, interazione, scambio di foto, video, contenuti di scrittura. La condivisione nella rete è diventata una consuetudine, un gesto istintivo e automatico. L'utilizzo che se ne fa è quotidiano, veloce e frequente, una normale e semplice abitudine. E può diventare un modo superficiale di comunicare, far circolare informazioni e contenuti che, a volte, possono danneggiare persone o gruppi. Basti pensare ai video che vengono postati e condivisi da migliaia di ragazzi e di adolescenti che hanno protagonisti, maschi e femmine, che subiscono prepotenze e sono vittime di bullismo.

Con la frequentazione dei social non ci si rende conto dell'implicanza del link che ci connette con gli altri; non sempre si ha la coscienza che tutto quello che condividiamo, sia con consapevolezza, sia con superficialità, viene immesso nella rete e può essere visualizzato e condiviso a sua volta, nel caso di foto, video e messaggi, da tutti e non solo dagli amici, o dagli amici degli amici...
Credo che se dovessimo analizzare contenuti e motivazioni di ciò che viene condiviso nelle pagine e nei profili personali, si aprirebbero spazi di discussione molto interessanti. Forse ci aiuterebbe a capirci di più, a conoscere quanto è ampio il bisogno di "raccontare" e di "raccontarsi" attraverso foto, video, scrittura. Quanto è grande il bisogno di diventare follower o farsi dei followers su Twitter, ossia divenire seguaci di qualcuno/a, perché si condividono idee, posizioni o quant'altro. Ma attenzione: si può scegliere la persona, il personaggio pubblico perché piace ma anche perché in qualche modo con lui/lei si diventa visibili!

Spesso ci sono genitori che postano, e dunque condividono con tutti, le foto dei loro bambini, dei loro fatti privati, pezzi di vita personale e intimi che possono facilmente divenire oggetto di possibili manipolazioni. A proposito della tutela dei dati personali, il portale di informazione legale La legge per tutti, (una testata giornalistica fondata dall'avv. Angelo Greco e iscritta presso il Tribunale di Cosenza), ha spiegato quali sono i rischi per chi pubblica una foto sul web. L' articolo 167 del codice privacy, spiega il portale di informazione legale, prevede il reato di illecita diffusione dei dati personali. Una questione molto complessa, ma sarebbe utile approfondire.


Le 10 parole 343. La parola e la vita

La prima domanda da porci sarebbe: che cosa pubblichiamo quando condividiamo e che cosa stiamo condividendo, quando pubblichiamo in rete? Spesso si cerca, a tutti i costi, di ottenere maggiori condivisioni possibili per raggiungere una certa popolarità. A volte questo meccanismo può produrre effetti postivi, può far conoscere una situazione di emergenza, di aiuto, una ricerca di sostegno per cause umanitarie importanti e ottenere un risultato apprezzabile. La condivisione in rete può avere davvero effetti positivi nella vita delle persone reali: produrre un nuovo impiego, mobilitazione, far smuovere l'opinione pubblica, far prendere posizione a livello di gruppi o istituzioni pubbliche. Spesso la rete e la condivisione in rete, fatta da milioni di persone, ha ottenuto pubblicazioni, per esempio, di libri cartacei, diventati best-seller. Moltissimi giovani talenti pubblicano i loro video e le loro prestazioni artistiche e, grazie alla condivisione, ottengono un reale successo, una reale possibilità di realizzare sogni e di far conoscere capacità e creazioni che, nel giro di pochi minuti, diventano virali.

La condivisione ha una valenza indispensabile nella politica, nella governance dei Paesi membri dell'Europa, dell'Onu, per esempio, nell'attuazione di politiche sociali, di fronte alle attuali emergenze umanitarie riguardanti l'immigrazione, il terrorismo, i vivai di guerra che sono la causa prima dell'enorme esodo immigratorio e di ingiustizie sociali. Si pone la necessità di un'urgente condivisione di problemi che riguardano tutti gli Stati. Solo con una concreta politica di scelte e strategie condivise è possibile favorire e operare un reale cambiamento.


paoline pgv dieci parole icone24. Una Parola di vita

Una Parola che mi ha aperto a uno sguardo di condivisione a vari livelli è stato il brano che riguarda la storia dei discepoli di Emmaus, narrato dall'evangelista Luca al capitolo 24. Dopo la passione e la morte di Gesù, i discepoli erano ancora impauriti e delusi da ciò che era successo al Nazareno. Ogni speranza sembra ormai svanita dietro la grande pietra che aveva chiuso il sepolcro. Ogni condivisione di ideali, spazi, parole, gesti del Maestro, diverso dagli altri rabbini, sembra appartenere a un tempo da dimenticare.
I due discepoli, che si allontano da Gerusalemme verso Emmaus, non sono più in grado di reggere un progetto di condivisione. Gesù allora condivide fisicamente con loro un pezzo di strada e fa emergere dai due discepoli la loro delusione, li ascolta, cerca di far loro vedere le cose accadute negli ultimi giorni da un altro punto di vista, da quello della storia della salvezza, del Gesù vero uomo e vero Dio che ha Incarnato le profezie. Ed ecco riemergere la loro iniziale fiducia nel Gesù di Nazareth che avevano conosciuto:

Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno sta volgendo al declino». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero.

Gesù sa che è necessario ricucire la comunione e guarire la ferita della delusione dovuta alla loro visione di Gesù, condivisa dai discepoli, almeno per tre anni. Ora, le loro persone hanno bisogno di rivedere e riascoltare le parole e i gesti della cena, dell'ultima cena, per capire il vero senso del loro discepolato che si apre in questo istante a nuove, entusiasmanti condivisioni e testimonianze di fede.

... essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

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 Rubrica a cura di Paoline PGV

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