Ascolto e dialogo: ago e filo della relazione

Comunicando s'impara

Capacità di ascolto e disponibilità al dialogo sono, con una metafora, l'ago e il filo della relazione. Infatti senza ascolto non esiste il dialogo perché quest'ultimo diventerebbe solo un monologo. La dimensione relazionale è inesorabilmente condizionata dalla qualità della nostra comunicazione che si gioca proprio tra ascolto e dialogo, pratiche quotidiane che richiedono attenzione, tempo, impegno, generosità.

Il verbo comunicare, nella sua etimologia, deriva dal verbo latino communicare la cui radice, communis, rimanda alla preposizione interna cum, "con", e perciò ad un "essere con" ossia ad una modalità di relazione. L'ascolto e il dialogo presuppongono dunque l'essere con, l'essere insieme.
Ascoltare e dialogare sono due verbi che indicano azioni faticose che non possono essere slegate tra loro. Tuttavia, anche se molti vogliono parlare, pochi sono quelli disposti ad ascoltare in modo attivo, profondo ed empatico. Il dialogo è uno strumento relazionale importante sia per conoscere noi stessi, sia per conoscere la realtà che ci circonda. La forza del dialogo sta nella capacità di porsi dal punto di vista dell'altro per giungere insieme ad una verità, cercando di creare una comprensione e una soluzione dei problemi da parte di almeno due persone. Ma a volte abbiamo l'impressione di parlare solo a noi stessi, di non essere ascoltati; percepiamo l'altro - un partner, un amico, un collega, un figlio - distratto rispetto a ciò che diciamo.

Durante l'ascolto dell'altro, a volte senza renderci conto, facciamo degli errori. Il primo è quello di pensare che l'altro debba ascoltarci, ossia pretendiamo dall'altro l'ascolto. Siccome io parlo e ho voglia di comunicarti ciò che vivo, le mie ragioni..., tu devi ascoltarmi. Questa pretesa scatena però la rabbia in chi ascolta e la persistente domanda rischia di generare un conflitto.
Un altro errore che potremmo fare è quello di elevarci a maestri degli altri, salire in cattedra per imporre la nostra visione delle cose, volere che l'altro/a capisca esattamente che noi abbiamo ragione, che le cose stanno come noi le diciamo in quel momento. Quando qualcuno ci vuole imporre qualcosa, la prima reazione che si ha è quella di fuggire facendo il contrario di quello che vorrebbero farci fare.

Una domanda importante: come facciamo a dire che l'altro non ci sta ascoltando? A volte siamo preoccupati per l'impressione che possiamo dare agli altri piuttosto che ascoltare e capire realmente l'altra persona. Spesso ci sono dei segnali molto evidenti che manifestano questo atteggiamento: la persona guarda il cellulare oppure il suo sguardo è rivolto altrove oppure ci interrompe prima che terminiamo il nostro discorso. In genere si ha una bassa capacità di ascolto perché mentre il nostro interlocutore sta parlando la nostra mente si va a concentrare su ciò che noi vorremmo dire immediatamente dopo. In questo modo perdiamo la profondità del messaggio dell'altro. È importante offrire a chi ci sta parlando dei cenni di assenso, ponendo piena attenzione a ciò che l'interlocutore ci comunica, mantenendo costantemente il contatto visivo, dandogli spazio e tempo per comunicare appieno ciò che intende comunicarci. Non essere ascoltati, inconsapevolmente, produce in noi la sensazione di sentirci ignorati, non stimati. In un dialogo è fondamentale saper ascoltare l'altro senza mai interromperlo perché ciò lo fa sentire importante.

Un consiglio: facciamo attenzione a quei comportamenti che ci fanno sentire non considerati. Quando qualcuno ci fa sentire accolti, ascoltati, diventa anche più facile poi ascoltare quello che ha da dire. Si attiva, infatti, una positiva reciprocità: se ti senti ascoltato, tendi ad ascoltare allo stesso modo. Mentre se qualcuno incalza, ti interrompe e non ti senti ascoltato, anche tu tenderai a ripagarlo con la stessa moneta.
Domanda: in quella precisa relazione sono in grado di stare 30 secondi oppure un minuto in silenzio, ascoltando e accogliendo quello che l'altro dice senza interromperlo per poi intervenire io?

L'attuale distanziamento, dovuto a motivi sanitari, ha implementato l'utilizzo delle piattaforme digitali per dialogare e restare in contatto con amici e parenti lontani. L'incontro sui social ha messo a nudo alcune difficoltà legate all'ascoltare e al dialogare. Spesso sui social ciascuno sembra ignorare ciò che l'altro ha postato precedentemente portando avanti il proprio pensiero, non tenendo conto di quanto è stato detto prima.

In sostanza, non dobbiamo dimenticare che quello che comunichiamo è ciò che l'altro ha capito e non quello che pensiamo di aver comunicato. Quindi, come è stato scritto, «non so ciò che ho detto finché non ascolto il mio interlocutore».

Diciamolo con... una storia

Quando l'ascolto e l'apertura sono vissuti nella reciprocità, è possibile il dialogo che cuce e ricuce ferite, sana relazioni, in un flusso continuo di dare e ricevere, di parole e vita.

Un re, un giorno, rese visita al grande mistico sufi Farid. Si inchinò davanti a lui e gli offrì in dono un paio di forbici di rara bellezza, tempestate di diamanti. Farid prese le forbici tra le mani, le ammirò e le restituì al suo visitatore dicendo: «Grazie, Sire, per questo dono prezioso: l'oggetto è magnifico; ma io non ne faccio uso. Mi dia piuttosto un ago». «Non capisco» disse il re. «Se voi avete bisogno di un ago, vi saranno utili anche le forbici!». «No», spiegò Farid. «Le forbici tagliano e separano. Io non voglio servirmene. Un ago, al contrario, cuce e unisce ciò che era diviso. Il mio insegnamento è fondato sull'amore, l'unione, la comunione. Mi occorre un ago per restaurare l'unità e non le forbici per tagliare e dividere».

Jean Vernette, Parabole d'Oriente e d'Occidente.


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