Giovani e... cultura dello "scarto"

Cultura dello "scarto", un'espressione che ci accompagna da tempo e che inquadra una visione del mondo fondata sulla mentalità dell'usa e getta. Non possiamo più, però, permetterci il lusso di fermarci solo su ciò che è esteriormente bello, utile e piacevole al momento, occorre impegnarci per un nuovo modello di economia, iniziando dai nostri semplici comportamenti quotidiani.

Nell'Enciclopedia Treccani online la parola scarto, derivante dall'infinito scartare, indica il rifiutare, l'eliminare qualcosa dopo una scelta. Sullo scarto si fonda la civiltà dei consumi.
I giovani sono particolarmente attratti da questa realtà, da ciò «che è» – secondo papa Francesco - «esteriore, immediato, visibile, veloce, superficiale, provvisorio. Il reale cede il posto all'apparenza».
Per gli adolescenti, nello sviluppo della propria identità, sappiamo quanto i beni di consumo siano efficaci per ottenere il riconoscimento dei pari, per designare uno status e non restare invisibili nel gruppo di amici. Se per essere belli, attraenti e sempre giovani bisogna stare al passo con la moda e esibire l'ultima novità "digitale", allora cambiare rapidamente look oppure oggetti symbol ne è la conseguenza. Ma la sostituzione rapida di oggetti conduce inevitabilmente alla produzione di materiali di scarto. Il fenomeno dell'"obsolescenza programmata" è la logica che sostiene la società attuale: «programmare apposta oggetti con malfunzioni, per indurre, anzi obbligare, il cliente a doverli sostituire di tanto in tanto, tenendo costantemente in moto l'economia e la compra vendita» (Giulia Lizzi). Non a caso il noto sociologo polacco Zygmunt Bauman ha intitolato uno dei sui numerosi libri: Consumo, dunque sono. Ciò è la premessa per la produzione della cultura dello scarto, cioè dello spreco che non riguarda solo l'utilizzo delle cose ma è un atteggiamento di fronte al creato, alla vita stessa. "Vite di scarto" è la definizione scelta da Bauman per parlare delle condizioni di vita nel nostro pianeta che non si riferisce solo «allo stato della Terra, ma ai modi e mezzi adottati dai suoi abitanti per vivere».

Perché il livello di attenzione al creato e all'ecologia integrale (creazione e uomo) non si abbassi, in questi giorni (6-27 ottobre 2019) si sta svolgendo a Roma il Sinodo per l'Amazzonia, polmone verde del pianeta da conservare insieme ai popoli che la abitano. Obiettivo: ricercare "nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale".

Per il nostro quotidiano "riuso", "riciclaggio" e "riduzione dei consumi" sono la terna per sconfiggere l'economia dello scarto. È necessario risvegliare la coscienza "ecologica" per ricordare che «il nostro pianeta se la passa benissimo», - scrive Alberto Laratro - «è sopravvissuto a cinque estinzioni di massa, impatti meteorici ed ere glaciali. Il nostro pianeta non corre alcun rischio. Siamo noi umani e la nostra civiltà ad essere sull'orlo di un baratro».

È quanto mai urgente un cambiamento capace di ridare valore alle cose e alle persone che, davvero, un valore lo meritano.
Per salvaguardare il nostro pianeta che non è "usa e getta", anche noi, come canta Nek, sosteniamo:

«che c'è bisogno d'amore è tutto quello che so
per un futuro migliore, per tutto quello che ho,
per cominciare da capo e ritrovare una coscienza
per fare a pezzi con le parole questa indifferenza».

Per approfondire il tema:

paoline la cultura dello scarto

La cultura dello «scarto»
e la sfida della solidarietà

Un esame della cultura dilagante dello scarto. L'appello di Papa Francesco: «Vorrei che prendessimo tutti sul serio l'impegno di rispettare e custodire il creato, di essere attenti a ogni persona, di contrastare la cultura dello spreco e dello scarto, per promuovere una cultura della solidarietà e dell'incontro».

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