Il conflitto: una via privilegiata di conoscenza

Comunicando s'impara

Pensare ad una vita senza difficoltà relazionali, senza lotte e contrapposizioni non è realistico. Il conflitto è un'esperienza naturale che tocca tutti da vicino. Si tratta di una componente sempre presente nelle relazioni umane, radicata dentro ciascuno di noi, che interpella e mette in crisi, provoca fatica e disagio nei rapporti interpersonali, ma può divenire anche un potente strumento di crescita.

Tra le insidie della comunicazione troviamo quei comportamenti che innescano lotte e contrasti tra chi pensa e vive in modo diverso rispetto ad un altro, fino ad arrivare a veri e propri litigi.
Ogni essere umano nasce diviso in se stesso: porta dentro di sé una spaccatura ossia una lotta tra bene e male che si manifesta quando tendenze, aspirazioni, sentimenti, bisogni e valori sono in contrasto tra loro e orientano la persona a prendere una decisione piuttosto che un'altra. Ciò genera sia la soddisfazione di alcune forze sia la frustrazione di altre. Se spostiamo l'attenzione da noi stessi ai nostri rapporti interpersonali, sappiamo per esperienza che capita a tutti di entrare in conflitto con un familiare, un amico, il proprio/la propria partner, un conoscente occasionale o un collega. I disaccordi, a volte, sono causati da aspetti caratteriali, da diversi modi di sentire, pensare e agire che spesso trasportano il conflitto da un piano di contenuto a quello relazionale ossia la conflittualità si sposta dal "cosa" si sta comunicando nel litigio al "come" comunichiamo. Ti è mai capitato di iniziare una banale discussione e finire a litigare in modo feroce su temi che non c'entrano nulla con il motivo di partenza, portando l'attenzione sui difetti altrui? A volte il disaccordo nasce non tanto dal "cosa" suscita la lotta, ma da "come" lo manifestiamo. Questo significa passare dal livello di contenuto a quello relazionale.

Quando si scatena un conflitto, senza rendercene conto, può capitare di sentirci attaccati nella nostra identità o nel nostro ruolo, nel percepire calpestata la propria immagine. L'avversario riesce a toccare, anche inconsapevolmente, quel punto dolente in cui noi siamo più vulnerabili. Infatti il nostro "io" si sente minacciato; la reazione difensiva che si adotta, di attacco o di evitamento del conflitto, tende a proteggere il bene prezioso della persona: la stima di sé.
Se cerchiamo l'origine della parola "conflitto", troviamo che deriva dal verbo latino confligere, composto di cum e di fligere: sbattere contro, urtare una cosa con un'altra. Nell'origine stessa del vocabolo vi è sia la dimensione dello scontro, dell'aggressione con le parole, sia quella dell'incontro. Dipende da noi quale aspetto intendiamo privilegiare ossia vivere il conflitto solo come litigio, che ferisce non solo chi ne è l'oggetto ma anche chi esprime la perdita di controllo, oppure come esperienza di un nuovo apprendimento, di una maggiore consapevolezza personale e quindi occasione di crescita umana.

Quale strategia, dunque, utilizzare per gestire i conflitti e i comportamenti ostili? Ognuno tende a viverli in modo diverso diventando aggressivo oppure subendoli.
Da un lato ci hanno insegnato che dobbiamo essere sempre vincenti: "Non devi farti mettere i piedi in testa, ... se qualcuno ti attacca, devi contrattaccare, altrimenti sarai considerato un debole". In questo modo si rischia di dare libero sfogo alla rabbia spesso soffocata. Dall'altro lato ci viene richiesto di "fare buon viso a cattivo gioco", di imparare a "lasciar stare, a non rispondere, a chinare il capo ed evitare di affrontare chi la pensa diversamente, o potrebbe pensarla diversamente", ovvero reprimere la rabbia per essere accettati, cercati, amati.

In realtà i conflitti non si risolvono né con l'aggressività né con la remissività. È necessario comprendere che nel disaccordo entra in gioco una particolare emozione: la rabbia. Occorre anzitutto imparare a conoscerci per riconoscerla, ad avere consapevolezza dei motivi che la scatenano, di quali siano le strategie migliori per contenerla ed utilizzarla trasformandola in energia positiva. Quindi è importante saper manifestare il disagio che un particolare comportamento ha suscitato in noi, ma è fondamentale anche riuscire a farlo nel modo più corretto e rispettoso affinché tale manifestazione non intacchi il nostro benessere e non susciti ulteriori tensioni. La soluzione matura è il controllo imparando a comunicare, a curare le parole che usiamo, a dire ciò che per noi è importante nel rispetto di noi stessi e nel rispetto dell'altro.

Diciamolo con... un libro

Nel conflitto è implicato, tra gli altri, il linguaggio verbale. Merita, infatti, una particolare attenzione l'utilizzo delle parole che spesso caratterizzano anche le accese discussioni presenti nel web, in particolare sui Social. Tutti sappiamo molto bene gli effetti negativi e drammatici su chi legge o ascolta che può avere esprimere una frase offensiva.
Le parole sono pietre, scriveva a suo tempo Carlo Levi. Proprio per sensibilizzare a un uso rispettoso delle parole, l'associazione Parole O_Stili ha elaborato il Manifesto della comunicazione non ostile. Si tratta di dieci principi per affrontare pratiche e linguaggi negativi online e offline e per valorizzare gli aspetti positivi e creativi del dialogo. A questo proposito vi segnalo il libro Virtuale è reale. Aver cura delle parole per aver cura delle persone. Un testo per ricordare che è necessario adottare sempre uno stile comunicativo solidale e rispettoso dell'altro. Litigare può essere costruttivo ma ricordiamo la regola delle 10 P: Prima pensa, poi parla, perché parole poco pensate portano pena.


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