Il dialogo, musica che salva dalla Shoah

Il tempo del canto è tornato

Parlare di Shoah non è mai facile e non deve essere una "tappa obbligata" per celebrare la Giornata della Memoria per poi dimenticarsene. Come fare allora soprattutto con i giovani? Dino Ticli, con il romanzo "Il tempo del canto è tornato", fa suonare le note del cambio di prospettiva, del dialogo e delle domande, per aprire orizzonti e tenere sveglie le coscienze.

«Avevo bisogno di parlare con qualcuno». Una delle prime frasi pronunciate da Daniel, uno dei due protagonisti del libro, detta subito il ritmo, indica l'armonia di sottofondo che percorre tutto il testo: il desiderio del dialogo, il cambio del punto di vista. Colpisce questa necessità in uno che si scopre essere un giovane SS, tenente responsabile di un campo di concentramento, abituato a obbedire solo a se stesso e ai superiori e a comandare senza attendere risposta. E così il romanzo suona su un pentagramma in dieci parti, tanti quanti sono gli incontri e le conversazioni serali tra il giovane ufficiale e l'altro protagonista, rabbi Aharon, anziano rabbino ebreo prigioniero del campo.
L'accordo principale allora è quello giusto perché se i dialoghi sono fatti di parole e di silenzi, ritornano come filo conduttore, sempre presenti, le domande, segni che aprono alla novità di qualcosa che sta per succedere di nuovo e inaudito.
L'autore, Dino Ticli, insegnante e scrittore, porta il lettore verso uno stile di confronto senza proclamazioni di intenti, affidandosi semplicemente agli interrogativi di chi non si accontenta e scava in se stesso e nell'altro, e al desiderio di costruire insieme nuove strade, canti corali. Sullo sfondo della Shoah, il genocidio degli ebrei durante la II Guerra mondiale, il romanzo apre questioni e temi importanti, spiragli di umanità, e questo solo attraverso il ripetersi di un piccolo segno: "?".

Si incontrano nel testo richieste concrete, segno di disponibilità alla volontà dell'altro: «Domani sarò ancora qui: te la senti, rabbi?». Ma sono molte di più le questioni che interpellano la coscienza personale, in una ricerca costante sulla verità di se stessi: «Spesso ci sentiamo padroni della nostra vita, a volte addirittura di quella degli altri, eppure chi può sfuggire al tempo?», «Che cosa mi stava riservando ancora il destino?», «Un pensiero mi tormenta da quella rivelazione: se avessi saputo, che uomo sarei diventato?». Quando un giovane SS scopre elementi del passato che non si aspettava, la sua vita cambia, la prospettiva da cui si osservava si ribalta, la coscienza inizia a produrre note libere, non copiate da altri.
Ci sono le domande false, quelle che la propaganda nazista martella come un tamburo nella testa di tanti per incitare le pulsioni e diffondere violenza: «Intimidire noi tedeschi?», «E voi, giovani qui presenti, volete rimanere con le mani in mano a piangere e a disperarvi? Preferite forse trasformarvi in tante femminucce senza coraggio?».
E poi ci sono gli interrogativi da condividere, che hanno bisogno di un volto, per essere espressi; problemi che riguardano Dio, la libertà, la coscienza, la dignità delle persone, il perdono, argomenti che il racconto suscita con eleganza e spontaneità: «Ce l'hai con gli uomini o con Dio?», «Come potei lasciarmi convincere della correttezza di quest'idea?», «Erano davvero liberi! E noi? Potevamo dire la stessa cosa? Noi che avevamo ceduto senza obiezioni la nostra mente e il nostro cuore a un ideale distorto e crudele?», «Perché hai voluto conoscerne il nome? Non era meglio che rimanesse anonimo come migliaia di altri innocenti?», «E tu? Potresti perdonarmi? O è solo il tuo Dio a saperlo fare?», «Mi ero costruito una corazza fatta di pregiudizi, luoghi comuni, odio, nazionalismo: ora è andata in pezzi. Perdonarmi?».

Tante volte si parla di Shoah, ma qui affascina il modo in cui il libro tocca il cuore del problema: la coscienza di ciascuno, la disponibilità reale al dialogo che diventa uno stile di vita, la possibilità di mettersi nei panni dell'altro. Le risposte, bisogna dirlo subito, non ci sono; si dischiudono invece scoperte e colpi di scena, rivelazioni, sacrifici e salvataggi perché aprire gli occhi vuol sempre dire cambiare nel piccolo il corso della storia; senza però svelare il finale del romanzo.

Le risposte non ci sono perché non si è mai finito di comporre musiche nuove, perché anche per i nostri ragazzi è importante coltivare interrogativi, inseguire insieme quei suoni che costruiscano melodie e armonie, e che facciano percepire un sottofondo che tocchi i toni della speranza; come dice il Cantico dei Cantici: «Perché, ecco, l'inverno è passato, è cessata la pioggia, se n'è andata; i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato».

Leggi un estratto del libro

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Il tempo del canto è tornato 

«Lo conoscevo. Sapevo perfettamente chi fosse, per questo, in quel rigido gennaio del 1945, stabilii che per fare pulizia dentro di me era ormai necessario rivolgermi a lui e a nessun altro. Nell'ultimo anno e mezzo, due eventi drammatici e una rivelazione inaspettata mi avevano stravolto l'esistenza, avevano cambiato ogni mia prospettiva, rendendomi fragile e insicuro, un estraneo a me stesso». Inizia così il racconto di 10 straordinarie serate trascorse tra Daniel, giovane ufficiale delle SS, convinto sostenitore di Hitler, e rabbi Aharon, prigioniero in uno dei campi di concentramento.

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