Il medico senza frontiere

In memoria di Carlo Urbani

Le Paoline di Taiwan hanno tradotto in lingua cinese il libro "Carlo Urbani. Il medico della Sars" e l'autore, Vincenzo Varagona, ha percorso tutte le città dell'isola, da Kaohsciung a Taipei, per presentare questa pubblicazione, in un tour che ha riscosso notevole interesse.

In quella terra, infatti, la figura straordinaria di questo medico, scopritore e vittima dell'influenza aviaria, la cosiddetta SARS, è considerata pari a un eroe nazionale. Per questo la settimana di iniziative, realizzata dal 17 al 25 aprile 2015, è stata promossa dall'Associazione Carlo Urbani di Taiwan.

Verso i malati più poveri

Nato a Castelplanio, in provincia di Ancona, il 19 Ottobre 1956, fin da giovane collabora a raccogliere le medicine per Mani Tese, promuove un Gruppo di solidarietà che organizza vacanze per i disabili e si dedica agli studi di Medicina con specializzazione in malattie infettive. Sposato con Giuliana Chiorrini, con la quale ha tre figli, dopo aver lavorato dieci anni nell'ospedale di Macerata, Urbani sente la necessità di una svolta nella sua vita: partire verso le zone più remote del mondo, dove le persone non hanno l'accesso neppure ai farmaci più basilari e sono falcidiate da malattie infettive di ogni tipo.

Per questo organizza, con altri medici, viaggi in Africa centrale, dove porta aiuto nei villaggi poco raggiungibili. Nel 1996 entra a far parte dell'organizzazione Medici senza frontiere con la quale realizza missioni in Cambogia, in Laos e in Vietnam Nell'aprile del 1999 viene eletto presidente di Msf Italia e come tale partecipa alla delegazione che ritira il premio Nobel per la pace assegnato all' organizzazione.

La scoperta della SARS

Nel 2003 Carlo Urbani è ad Hanoi, dove, per conto dell'Organizzazione mondiale della sanità, coordina le politiche sanitarie del sud-est asiatico. In quel periodo si sta diffondendo, dapprima in Cina, poi in altri paesi, una forma atipica di polmonite fulminante, ma non ancora identificata come potenziale pandemia, che in quell'anno avrebbe ucciso 800 delle 8.000 persone colpite dal virus, anche a causa delle iniziali reticenze delle autorità governative.

E' lui il primo a identificare la malattia, accettando di visitare un paziente americano, ricoverato ad Hanoi in gravi condizioni, ma con sintomi che il personale medico del luogo non sa spiegarsi, e a comprendere la portata della sindrome da cui è stato contagiato. E' lui a dare l'allarme all'OMS e le prime direttive per circoscrivere l'infezione, impedendone l'espansione in tutto il mondo. E' lui, ancora, a rimanerne vittima, il 23 marzo 2003, durante un convegno a Bangkok.

Un messaggio che continua

È solo dopo la sua morte che il suo paese natale scopre la grandezza e la statura morale di questo "medico senza frontiere" e molti si impegnano a dare continuità alla sua opera, a tenerne viva la memoria. Anche il giornalista Vincenzo Varagona, autore, per Paoline, del libro "Calo Urbani. Il medico della SARS, è tra quelli che ne trasmettono l'eredità. Così si esprime, infatti, in un'un'intervista per Youlaurea.it:

«Come tutti, sono rimasto molto colpito da questa vicenda. Ho cominciato, tuttavia, a occuparmene quando i riflettori si sono spenti, quando è nata l'Aicu, Associazione Italiana Carlo Urbani, voluta dalla famiglia, dagli amici, dai colleghi, per permettere ai progetti di Carlo di continuare a camminare (...).

Penso principalmente ai ragazzi che frequentano scuole dedicate a Carlo senza sapere chi sia stato, se non vagamente. Ho assistito a bellissimi incontri della mamma di Carlo, Maria, della moglie Giuliana, con centinaia di ragazzi, nelle scuole. Incontri durati due ore in cui non si sentiva volare una mosca. Quando i ragazzi si trovano davanti testimonianze autentiche, vere, si avverte nitidamente la loro emozione, che si traduce in un'attenzione impressionante. Ecco, questo libro vorrebbe essere uno strumento di comunicazione della vita, dell'esperienza di Carlo.

Una delle sue frasi più a 'effetto' è quella che esprime la sua capacità a incarnare nella vita i propri sogni. Ecco, la vita di Carlo è un invito a sognare ma anche a non rinunciare a vivere questi sogni. Se i ragazzi avvertono che questo messaggio è 'vero', se ai ragazzi viene offerta la possibilità di realizzare i loro sogni, la vita certo prenderebbe una piega diversa».


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