La carità non è una questione di soldi

II Domenica di Avvento - Anno C - 2021

La complessità dei problemi e dei tempi spinge a una carità più consapevole ed efficace.

Per rimettere in cammino la nostra fede, in questa seconda domenica di Avvento la parola di Dio ci offre uno stimolo fortissimo con san Paolo che ai cristiani di Filippi (e a noi oggi) scrive così: «Prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo». Può sembrare un semplice invito a essere più generosi nell'aprire sia il portafoglio che il cuore, cioè a essere più generosi e più caritatevoli. È molto di più: le parole dell'apostolo chiedono di crescere nella qualità della carità. Esortandoci a far crescere la nostra carità sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, ci spinge a far diventare il nostro amore al Signore e ai fratelli più adeguato alla nostra situazione e al nostro oggi, in modo da individuare le urgenze che interpellano la nostra fede e gli strumenti con i quali possiamo scuotere e sospingere verso "il giorno di Cristo" la società che tende pesantemente a chiudersi in se stessa.

Dobbiamo riconoscere di esserci spesso accontentati di una carità "elemosina", semplice da esercitare. La pandemia che sta complicando la nostra vita ormai da quasi due anni, ci ha messo sotto gli occhi quanto sia carente, ingannevole, inconcludente la carità se non è coniugata con la giustizia, e con uno sguardo che si estende a tutto mondo. Nella indimenticabile e drammatica preghiera nella deserta Piazza san Pietro (27/03/2020), il papa disse: «Siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo trovati su una stessa barca fragili e disorientati, ma allo stesso tempo importanti e necessari, chiamati a remare insieme e a confortarci a vicenda. Su questa barca ci siamo tutti. E ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo. Ma solo insieme. Nessuno si salva da solo». Poteva sembrare la solita raccomandazione devota, invece lo svolgimento dei fatti ne ha evidenziato l'urgenza e la verità. Avendo i Paesi ricchi accaparrato i vaccini, senza preoccuparsi dei Paesi poveri, ci si trova a doverne eliminare una grande quantità perché scaduti, lasciando intere zone povere del mondo in balia del virus che riprende vigore e si ridiffonde dappertutto.

Questa mancanza di carità poco intelligente e scarsa di discernimento non riguarda soltanto i governi e le multinazionali, ma dovunque è necessario non mettere le toppe sui problemi, bensì contribuire alla loro soluzione. Per i cristiani ciò significa vivere la fede dentro la vita e la storia, come suggerisce in maniera straordinariamente efficace l'evangelista Luca con l'entrata in scena di Giovanni Battista: «Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell'Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell'Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto». La meticolosa descrizione della situazione storica afferma con chiarezza che la fede in Gesù impegna a seguirlo dentro la concretezza dei tempi e dei problemi, con una carità intelligente e un discernimento pieno, perché soltanto così si possono "raddrizzare i sentieri, riempire i burroni, spianare le vie tortuose e quelle impervie", cooperando alla diffusione del Vangelo per preparare il giorno di Cristo.

Ai cristiani di Filippi Paolo scriveva: «Fratelli, sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia a motivo della vostra cooperazione per il Vangelo, dal primo giorno fino al presente». Difficilmente potrebbe scriverlo anche a noi. Cooperare alla diffusione del Vangelo, infatti, è un impegno che noi cristiani abbiamo piuttosto dimenticato, convinti di continuare a "non potere non dirci cristiani" per motivi storici e culturali. Non è più così. Constatare che Paesi "cristiani" rifiutano con durezza l'accoglienza e l'assistenza ai poveri del mondo; che l'Europa sta provando a cancellare ogni traccia di cristianesimo, tagliandone le radici, forse ci darà la sveglia. Il tentativo di questi giorni di eliminare con il documento della Commissione europea: Linee guida per la comunicazione inclusiva gli auguri di Buon Natale, sostituendoli con il generico Buone Feste, e di proibire i nomi di Maria e Giovanni (forse volevano dire: Giuseppe!) ha suscitato reazioni talmente vivaci da ottenerne l'annullamento. Un po' di "santo" orgoglio per l'essere cristiani sarebbe un bel burrone riempito e una grossa strada impervia spianata alla nostra cooperazione per il Vangelo.


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