La fragilità di Mosè

«Togliti i sandali» /14

Una cosa è la fragilità di un oggetto, altra cosa è la fragilità di una persona. Ci sono fragilità diverse in ognuno di noi e i personaggi biblici, protagonisti della storia della salvezza non ne sono esenti. Essere fragili spesso non è un ostacolo, ma una chance... e Dio nel nostro essere "lucignoli fumiganti" intravede già la fiamma nuova come possibile realtà. Quattordicesima tappa del nostro percorso biblico/artistico sulla fragilità, seguendo il libro di Alberto Curioni.

Mosè di fronte al roveto ardente, è il dipinto scelto da Alberto Curioni, autore di Il coraggio di essere fragili (Paoline), per approfondire, attraverso l'arte, la meditazione da lui proposta nel capitolo quattordicesimo del suo libro, «Togliti i sandali», dove il protagonista è Mosè alla presenza di Dio.

Per gli incontri pastorali, ma anche per la fruizione privata, suggeriamo innanzitutto di proiettare o avere in altro modo sotto gli occhi il dipinto (su tablet, smartphone, notebook o stampando l'immagine). Dopo una breve introduzione sull'autore, il periodo, il perché della commissione e il luogo dove si trova l'opera d'arte (o dove si trovava), consigliamo un lungo momento di silenzio per poterla guardare e gustare con attenzione. Dopo si possono leggere e meditare le pagine 162-173 del libro - soffermandosi prima di tutto sulla pericope evangelica - e, in seguito, sulla scheda con le note spirituali/artistiche del dipinto. Per ogni passaggio è importante prendersi il tempo necessario. Canti appropriati e/o brani musicali di sottofondo possono aiutare la preghiera e la contemplazione.

Raffaello Sanzio

Raffaello (Urbino, 1483 - Roma, 1520) fu figlio d'arte: suo padre, Giovanni Santi (da cui deriverà il cognome "Sanzio"), era infatti un noto artista e padrone di una fiorente bottega a Urbino, importante centro artistico dell'epoca. Tuttavia Raffaello perse il padre all'età di undici anni mentre la madre venne a mancare quando di anni ne aveva appena otto. Nella sua formazione fu sicuramente determinante la giovinezza trascorsa ad Urbino, qui Raffaello frequentò con il padre le sale del Palazzo Ducale ed ebbe modo di conoscere e studiare le opere di artisti come Piero della Francesca, Luciano Laurana, Francesco di Giorgio Martini, Pedro Berruguete, Giusto di Gand, Antonio del Pollaiolo, Melozzo da Forlì e altri1. L'apprendistato di Raffaello avvenne però a Perugia, nella bottega di Pietro Vannucci, detto "Il Perugino", uno dei più noti artisti a cavallo tra il XV e XVI secolo. Raffaello si distinse subito come un talento precoce tanto che, ancora diciottenne, gli vennero commissionate opere dai più importanti signori umbri. È in questi anni che strinse amicizia con il Pinturicchio, già anziano.

Nel 1504 si trasferì a Firenze, attirato nella città Toscana per quanto si diceva sulle opere di Leonardo e Michelangelo. A questo periodo risale la serie delle Madonne col Bambino, uno dei soggetti più cari a Raffaello (forse per via della tragica scomparsa della madre in tenera età). Tra queste spiccano in particolare, per dolcezza e novità del linguaggio pittorico, la Madonna del Belvedere (1506), la Madonna Esterhazy (1508) e la Madonna del Cardellino (1506).

È però con la chiamata a Roma di papa Giulio II nel 1508 che Raffaello, appena venticinquenne, trovò la definitiva consacrazione, affrescando le Stanze papali al fianco di pittori provenienti da tutta Italia (il Sodoma, Bramantino, Baldassarre Peruzzi, Lorenzo Lotto e altri). Le sue prove nella volta della prima stanza, poi detta della Segnatura, piacquero così tanto al papa che decise di affidargli, fin dal 1509, tutta la decorazione dell'appartamento, a costo anche di distruggere quanto già era stato fatto, compresi gli affreschi quattrocenteschi (tra cui anche quelli di Piero della Francesca).
Alle pareti Raffaello decorò quattro grandi lunettoni, ispirandosi alle quattro facoltà delle università medioevali, ovvero la Teologia, la Filosofia, la Poesia e la Giurisprudenza, cosa che ha fatto pensare che la stanza fosse originariamente adibita a biblioteca o a studiolo2. Tra gli affreschi della stanza compaiono anche la Disputa del Sacramento, la Scuola di Atene e il Parnaso, opere in cui Raffaello dispiegò una visione scenografica ed equilibrata in cui le figure si dispongono, con gesti naturali, in simmetrie solenni e calcolate, all'insegna di una monumentalità e una grazia poi definite "classiche"3.

Mentre la Stanza della Segnatura era in via di completamento, Raffaello, nell'estate del 1511, iniziò ad elaborare i disegni per la decorazione della stanza successiva, la Stanza di Eliodoro, destinata a fungere da sala delle Udienze. A giugno il papa era tornato a Roma dopo una campagna militare fallimentare contro i francesi, che aveva comportato la perdita di Bologna e la continua minaccia degli eserciti stranieri nella penisola4. La sopravvivenza stessa dello Stato della Chiesa era in discussione, mentre un gruppo di cardinali aveva aderito all'invito di Luigi XII, re di Francia, riunendosi al Conciliabolo di Pisa nel tentativo di deporre Giulio II. In quel momento di incertezza politica venne quindi deciso un programma decorativo che sottolineasse la protezione accordata da Dio alla Chiesa in alcuni momenti storici, descrivendo interventi miracolosi contro nemici interni ed esterni, e affidandosi al culto dell'Eucarestia a cui il papa era particolarmente devoto5.

La decorazione ebbe luogo tra la seconda metà del 1511 e il 1514. A partire da questa impresa l'uso di aiuti si fa sempre più consistente, ponendo il problema dell'autografia dei vari brani pittorici. Dai disegni preparatori si notano infatti varie trasformazioni nelle scene, frutto di un processo di attualizzazione resosi necessario dall'evolversi degli avvenimenti tra il 1511 e il 1512. Dopo un capovolgimento di alleanze e un temporaneo trionfo del pontefice, Giulio II venne infatti inserito come spettatore nella scena di Eliodoro e comparì inoltre con maggiore evidenza nella Messa di Bolsena6.

Quando poi gli affreschi delle pareti erano ormai ultimati (o erano sul punto di esserlo), il soffitto della stanza venne modificato (i costoloni della volta vennero ridotti da otto a quattro) e nuovamente affrescato.

[Raffaello Sanzio (1483-1520), Mosè di fronte al roveto ardente, stanza di Eliodoro, affresco, Vaticano, Musei Vaticani]

Dal libro dell'Esodo (3, 1-12)

Mentre Mosé stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb. L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosé pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosé, Mosé!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosé allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.
Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell'Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l'Ittita, l'Amorreo, il Perizzita, l'Eveo, il Gebuseo. Ecco, il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto come gli Egiziani li opprimono. Perciò va'! Io ti mando dal faraone. Fa' uscire dall'Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». Mosé disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire gli Israeliti dall'Egitto?». Rispose: «Io sarò con te. Questo sarà per te il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall'Egitto, servirete Dio su questo monte».


paoline bellezza e fede fragilita mose curioni pL'affresco

La volta della Stanza di Eliodoro, nel suo aspetto attuale, presenta un medaglione con lo stemma di Papa Giulio II che, come nella Stanza della Segnatura, risulta circondato da arabeschi a monocromo su uno sfondo dorato, intervallati da finte borchie anch'esse dorate. Attorno si sviluppa poi un anello figurato, diviso diagonalmente in quattro scomparti, con storie che simulano arazzi appesi con finti chiodi e anelli tra le cornici.

Le scene rappresentate nelle quattro vele sono: il Sacrificio di Isacco, Mosè di fronte al roveto ardente, la Scala di Giacobbe e Noè uscente dall'Arca. Le quattro scene sono interpretabili come exempla di interventi divini a favore del popolo eletto e quindi come precedenti "tipologici" delle raffigurazioni presenti sulle pareti. La nuova affrescatura della volta consentì infatti di accordare le immagini che vi erano dipinte con quelle degli affreschi parietali, adattando il programma iconografico concepito al tempo di Giulio II alla visione politica del suo successore, Leone X e alla sua immagine di defensor pacis. Ecco allora che vengono qui attenuati gli elementi più aggressivi e le allusioni dirette ai drammatici eventi del presente, riconducendole al tema più universale della protezione accordata da Dio al suo popolo.

Mosè di fronte al roveto ardente, in particolare, si trova al di sopra della lunetta raffigurante La Cacciata di Eliodoro e deriva da un passo del libro dell'Esodo, legato alla storia di Mosè. La scena, su uno sfondo intensamente azzurro, mostra il giovane pastore Mosé inginocchiato davanti alla manifestazione divina, che è rappresentata come un'apparizione dell'Eterno tra drappi sfolgoranti e presenze angeliche; è questa un'evidente citazione delle Storie della Genesi della Cappella Sistina di Michelangelo, in particolare dei modi e della gestualità del Dio Padre della Creazione di Adamo. Anche il gigantismo e la plasticità della figura di Mosè mostrano poi un chiaro rimando agli affreschi della Cappella Sistina, ultimati dal Buonarroti nel 1512.

1. Raffaello Sanzio (ad vocem) in Wikipedia. L'Enciclopedia libera.
2. P. Franzese, Raffaello, Genova 1674, Mondadoori Arte, Milano 2008, p. 23.
3. Ibidem, p. 24.
2. Pierluigi De Vecchi - E. Cerchiari, I tempi dell'arte, vol. II, Bompiani, Milano, 1999, p. 206.

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paoline il coraggio di essere fragili p

Il coraggio di essere fragili
Riscoprirne il dono alla luce della Bibbia

Storie di personaggi dall'Antico e dal Nuovo Testamento, visti nella loro fragilità creaturale o morale, e la storia meravigliosa della relazione che Dio ha intessuto con loro, prototipo della relazione che Dio vuole stabilire oggi con noi.

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