La vergogna ai tempi di Internet

Oggi come viviamo la vergogna? Le precedenti generazioni come manifestavano questa emozione? Generalmente proviamo vergogna quando siamo con gli altri con cui ci interfacciamo. Ma quando le nostre relazioni si sviluppano con il filtro di uno schermo (pc o smartphone) che cosa accade? È vero che siamo portati a condividere tutto... senza alcuna vergogna?

L'Io può essere definito solo in termini intersoggettivi. L'Io esiste soltanto perché esistono gli altri. Noi siamo individui soli e disperati in quanto espropriati della propria identità dall'alienazione prodotta dalla percezione degli altri: identità che non c'è perché è definita soltanto dall'incomunicabile determinazione meccanica della percezione altrui.

Se io percepisco l'indifferenza degli altri alla mia inesistenza, allora ciò determina una condizione che Sartre descrive, in modo insuperabile, come la nausea, legata alla vertigine dell'equivalenza dei possibili. Se io sono indefinibile, sono definibile solo nella dimensione di altri che mi potrebbero definire, ma che non mi definiscono perché non nutrono alcun vero interesse nei miei confronti.

Come si sfugge all'altro?

Non si sfugge all'altro. Infatti, in questo nostro esserci nel mondo non possiamo sottrarci alla percezione degli altri. Solitamente fin dalla più tenera età buona parte dei nostri sforzi è destinata al tentativo di controllare l'altro, includendolo nella nostra sceneggiatura. Tuttavia bisogna essere consapevoli che gli altri hanno un'irriducibile alterità rispetto a me. In realtà, noi esistiamo soltanto se la nostra autorevolezza, autonomia e soggettività sono un "portato" dell'autorevolezza, autonomia e soggettività del nostro interlocutore.
Noi esistiamo nella misura in cui esistono coloro con cui ci rapportiamo.

In base all'autovalutazione, ognuno di noi elabora un sentimento di autostima che è fondamentale per avere un'identità forte che ci consente di stare bene e di perseguire i nostri obiettivi. Invece, chi ha un basso livello di autostima si sente inferiore agli altri. Un'inferiorità che si manifesta con sentimenti di insicurezza e di ansia diffusa. Di conseguenza, c'è il bisogno continuo di rassicurazione e di conferma da parte di chi, in realtà, ha provocato quella stessa inferiorità. Il sentimento dell'autostima dipende esclusivamente dalla valutazione altrui.

Stima e vergogna convivono?

Nella vergogna abbiamo una caduta verticale del livello di autostima: la compromissione della propria reputazione ci fa sentire inadeguati, fuori posto e una nullità. La vergogna emerge in una situazione pubblica, dalla violazione e dalla trasgressione di standard pubblici. Il fatto di non essere all'altezza di essi ci fa perdere la faccia, quella esposta agli altri.

Si prova vergogna però quando entrano in gioco le aspirazione individuali. Noi vogliamo essere o diventare qualcuno o qualcosa ma non ci riusciamo; a questo punto emerge la vergogna: non ci si accetta per ciò che si è in realtà. Quando si prova vergogna si innesca un'analisi di se stessi ma non attraverso il proprio giudizio, bensì attraverso quelli che si pensa siano i pensieri degli altri su di sé.

Le nuove tecnologie hanno un ruolo specifico, perché il messaggio di un mittente è influenzato dallo strumento che lo trasmette: il contenitore influenza il contenuto. In passato, tramite la radio e la televisione, il mondo veniva fornito a domicilio, rendendo ogni spettatore un eremita di massa. Gli avvenimenti non venivano più esperiti fuori casa, ma tra le mura domestiche. Si era venuta a creare in questo modo un'ambiguità ontologica: i fatti c'erano e al tempo stesso non c'erano, erano fantasmi. Questo ha modificato il rapporto dell'uomo col mondo, che non è più paritario dal momento che l'uomo è solo uno spettatore passivo di ciò che gli viene recapitato a casa come mondo.

E in internet?

Funziona anche per Internet il discorso sull'evento-fantasma perché continuiamo a vedere il mondo attraverso uno schermo. Funziona anche la questione della passività, perché quando vediamo il mondo lo fotografiamo o lo filmiamo. Sicuramente oggi non si passa più tutto il tempo davanti alla tv, che è stata superata da altri mezzi. Ma cerchiamo di catturare il mondo che ci circonda per ingabbiarlo, per mostrare agli altri che vediamo o siamo visti più degli altri. Vediamo il mondo solo se su Facebook racimoliamo tanti "like", se su Twitter condividono il nostro pensiero di 140 caratteri, se su Instangram riceviamo molti "cuori". Quindi, non aspettiamo che qualcun altro ci mostri il mondo, lo facciamo da noi, ma lo facciamo per la motivazione sbagliata. Non guardiamo al mondo per imparare, sapere o emozionarci ma lo guardiamo per essere apprezzati dagli altri. E se agli altri non piacciamo per quello che vediamo allora siamo degli «sfigati, vergognandocene».

Chi volesse approfondire l'argomento può farlo attraverso il nuovo libro di Alessandro Meluzzi, La vergogna, un'emozione antica, Paoline 2015.

Alessandro Meluzzi è laureato in Medicina e Chirurgia all'università di Torino e specializzato in Psichiatria. Baccalaureato in Filosofia al Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma. Fondatore e direttore dell'International School of Investigative Criminology e docente di psichiatria forense nel Master di Analisi Comportamentale e Scienze Applicate alle investigazioni presso la Link Campus University. Portavoce della Comunità Incontro. Fondatore della Comunità Agape Madre dell'Accoglienza. Ipodiacono di rito greco-cattolico. È spesso ospite nelle trasmissioni televisive delle principali emittenti televisive nazionali.


Condividi

la-vergogna-ai-tempi-di-internet.html

Articoli correlati

Newsletter

Iscriviti alla newsletter per essere sempre aggiornato su iniziative e novità editoriali
Figlie di San Paolo © 2024 All Rights Reserved.
Powered by NOVA OPERA