A Natale, tutti più buoni

III domenica di Avvento - Anno A - 2022

Le gioie semplici possono far bene alla fede.

Il Natale, importantissimo sia dal punto di vista religioso che sociale, non poteva evitare di essere anche un piccolo “segno di contraddizione”. Ecco allora coloro che considerano le luminarie un richiamo gioioso alla luce “Gesù” e all’impegno a diffonderla, e quelli che le ritengono (soprattutto quest’anno con la crisi energica) un inutile spreco e un’inopportuna distorsione consumistica della povertà e della umiltà di Betlemme. Ecco quelli che prendono dalla tradizione dei regali uno stimolo a donare la vita per gli altri come ha fatto Gesù e quelli che li considerano una profanazione della sacralità della festa. Ed ecco anche una frase: “a Natale tutti più buoni, più felici, più contenti”, che risuona inevitabilmente prima e durante la festa, arrivando dalle voci più diverse: panettoni, cioccolatini, spumanti, gioielli, presepi, lettere dei bambini, persino i politici… e che diventa motivo di confronto tra due schieramenti. Per alcuni è sciocca e bambinesca, per altri invece esprime in maniera semplice una verità imporrante. Qual è quella giusta per chi vuole “celebrare” e non soltanto “utilizzare” il Natale. Cosa ne dice la parola di Dio?

La gioia del Natale

Questa terza domenica, che conduce alle porte del Natale, è un forte richiamo alla gioia, tanto che è stata chiamata la domenica «gaudete» (gioite). Essa aveva molto rilevo nell’antichità, quando l’Avvento era una specie di Quaresima con preghiere intense e rinunce serie, perché in questa domenica esse erano dispensate. Però anche oggi che l’Avvento ha perso il carattere austero, l’invito alla gioia risuona solenne.
Il profeta Isaia: «Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: “Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi”… si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto».
Il Vangelo conferma che la promessa non è stata vana, perché Gesù l’ha realizzata, venendo tra noi, non minaccioso e severo come i profeti, compreso Giovanni Battista, lo avevano annunciato, ma mite e misericordioso. Ai discepoli mandati dal Precursore, colto dal dubbio, per rassicurarsi che fosse venuto quello che doveva venire, e che lui aveva annunciato, Gesù rispose con i “segni”: «I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo». Se con la festa del Natale celebriamo questa salvezza, tutto ciò che ispira gioia, bontà e fiducia è un contributo al nostro “grazie” al Signore.
“Ma la parola di Dio parla di gioia spirituale!”. I sentimenti sono veri e autentici se interessano lo spirito e il corpo, altrimenti sono retorica.

Gioia reale o immaginaria?

Il dubbio, dolente e spesso stizzito, è sempre pronto: “Ma quale gioia? I ciechi continuano a non vedere e i sordi a non sentire; le ingiustizie perdurano e le guerre e le violenze peggiorano”. Proprio per questo è importante che il Natale sia una ventata di gioia e di bontà. Così si comprende meglio la tristezza, la bruttezza, l’assurdità del male, e la necessità di contribuire a cambiare le cose, partecipando all’opera di Gesù. Si intende che la gioia non deve venire dal panettone, che ne devesse un segno.

Come i contemporanei del profeta, anche noi abbiamo «le mani fiacche e le ginocchia vacillanti». Per irrobustirle e renderle salde assaporare anche per un giorno la bellezza di quello che Gesù ha portato tra noi conforta e dà forza. Non ci si incoraggia, infatti, con lo scoraggiamento, e non ci si consola con il dolore. Una esperienza anche breve e fugace di gioia è più salutare di lunghi lamenti. Essere più buoni per un giorno può indurre a esserlo anche per due. San Paolo esorta: «Rallegratevi sempre nel Signore ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino». Sempre! Anche con le ingenue manifestazioni di festa di un San Francesco con le quali il popolo cristiano ha inteso e intende ringraziare per la nascita di Betlemme.


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