Al cuore si può comandare

VI Domenica di Pasqua - Anno A - 2023

Il bene non nasce chissà come o chissà perché.

Un luogo comune, che resiste caparbiamente a ogni smentita e a ogni critica, sentenzia: “Al cuore non si comanda”. Chi lo prende per vero fatica ad accettare il pensiero di Gesù sull’amore, perché non riuscirebbe a spiegarsi le sue parole: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti», rafforzate dal «chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama», nonché dal «vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34), e dal «questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15,12). La difficoltà sta nell’abbinamento tra comandamento e amore, perché se “comandato”, non essendo più spontaneo, non sarebbe più amore, ma obbedienza a una richiesta autoritaria, che comporta la volontà di sottomettersi e di comandare al cuore. Il che è impossibile, perché si sa che al cuore non si comanda. Ma è così?

L’amore “comandato”

La frase fatta: “al cuore non si comanda” - che se è diventata luogo comune qualche briciola di verità deve contenere - si riferisce all’amore che nasce spontaneamente per la bellezza e la simpatia (il piacere), oppure a quello che si crea con la frequentazione e la collaborazione (l’amicizia), ma non all’amore (dono), quello che viene dato gratuitamente, senza richiesta di reciprocità, anche a chi non è piacevole e simpatico, persino a chi risponde con l’ingratitudine o l’oltraggio. Questo è l’amore che Gesù comanda. E questo non nasce spontaneo, ma da una scelta alla quale il cuore fa resistenza, e che può accettare soltanto per una libera decisione. Gesù lo comanda a chi decide di impegnarsi a seguire le sue orme, e quindi ad amare come ha amato lui, che ci ama non perché gli siamo simpatici, non per farci suoi amici, non per i nostri meriti, ma per sua scelta, anche per lui “faticosa”, per la sua misericordia, anche quando non lo meritiamo o lo respingiamo.

Comandamento impossibile?

Ma è possibile un amore così? È una potenzialità che sta nelle nostre corde? Un amore così fa bene alla nostra vita – a questa vita! - oppure la sacrifica per un’altra che verrà? Gesù, anche se facciamo fatica a crederlo, non comanda mai niente che non sia misurato alle nostre risorse, e ciò che chiede è già dentro di noi, è una nostra esigenza e, grazie a Dio, una esperienza umana di quelle più benefiche e costruttive. L’amore che lui comanda è quello che ha mandato e manda avanti la storia e la vita, quello che ha costruito le relazioni più belle, le scoperte più importanti, le conquiste più decisive.
L’amore dei genitori per i figli è per simpatia o per scelta? E l’amore dei figli per i genitori, quando non possono dare più niente è piacere o dovere? E l’amore per i poveri, per i malati, per i rifugiati? I cinquecento medici e infermiere morti per curare i malati di Covid lo hanno fatto senza dover comandare al cuore? E coloro che hanno dedicato la vita alla scienza, o alla verità, o alla giustizia, o alla libertà?

I comandamenti di Gesù (riassunti in uno solo: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi») non chiedono cose strane ed estranee, ma le stesse che la vita “comanda”, se la si desidera buona, positiva, bella, significativa. Tutte le realtà umane: la famiglia, le associazioni, i gruppi, i luoghi di lavoro, la scienza, i condomini… si reggono perché c’è chi accetta, o per fede esplicita, oppure per adesione misteriosamente inconsapevole, l’amore “comandato” da Gesù. È grazie a costoro che la vita esprime le potenzialità più belle. In tutti i campi. Anche in quelli apparentemente più estranei all’impegno, come il divertimento e lo sport. Il cantautore Ligabue, prendendo il gioco a simbolo della vita, canta Una vita da mediano, ovvero come quella del giocatore che fatica per quelli che andranno al goal, conquistando soldi e gloria: «Una vita da mediano / da chi segna sempre poco, / che il pallone devi darlo / a chi finalizza il gioco... Lì, / sempre lì / lì nel mezzo, / finché ce n’hai, stai lì, / sempre lì nel mezzo».
Dovunque se si resiste alle magagne e ai disastri della ricerca del potere, del carrierismo, delle furberie, delle invidie, delle gelosie… è perché ci sono “i mediani” che comandano al cuore. A volte è proprio dura, ma ne vale la pena. L’apostolo Pietro scriveva ai cristiani in difficoltà: «È meglio soffrire operando il bene che facendo il male». È così anche per chi sceglie di obbedire al comandamento di Gesù. È meglio soffrire, comandando al cuore, che lasciarlo vagare dietro amori da canzonetta.


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