Allargare le zolle del buon terreno

XV Domenica del Tempo Ordinario - Anno A - 2017

Una parabola di Gesù - quella del seminatore che esce a seminare - commentata e spiegata dallo stesso Gesù è da non perdere.

Eccola: "Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l'accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno".

Strada, sassi, rovi, terreno buono: quattro immagini chiare ed efficaci che invitano a non aggiungere tante parole – così come ha fatto lo stesso Gesù –, ma a meditare e a interrogarci: rispetto alla Parola siamo strada, o sassi, o rovi, o terreno buono?

Non è facile rispondere, anche perché, probabilmente, non riusciamo a identificarci con una sola delle quattro realtà, ma un po' in tutte e quattro, oppure più in una, o più in un'altra, secondo i momenti e le situazioni. Però, proviamoci!

Siamo strada quando ascoltiamo la Parola, senza comprenderla, cioè senza farla nostra; senza portarla dentro le scelte quotidiane, intasate da altre parole. Rimasta in superficie, la Parola è facilissima preda per gli "uccelli" della fretta, della superficialità, del fanno tutti così.

Siamo terreno sassoso quando ascoltiamo con gioia la Parola e la seguiamo con entusiasmo finché le sue richieste corrispondono ai nostri desideri e le cose viaggiano tranquille. Ma quando la vita si mette di traverso e tutto va al contrario di come noi vorremmo, la Parola del Regno ci sembra una poesia bella, ma lontana dalla durezza della realtà, perciò preferiamo tornare ai criteri umani, meno poetici e belli, ma più realistici ed efficaci.

Siamo rovi quando proviamo a "comprendere" la Parola nella nostra vita concreta, ma senza la volontà e il coraggio di compiere una scelta netta, senza fidarci del tutto, ma annacquando le proposte del vangelo con i nostri "sì però", "va bene ma", "questo non significa che"..., finendo fatalmente a fare sì che gli aggiustamenti al ribasso prendano il sopravvento, soffocandola.

Siamo terreno buono in quei momenti di grazia in cui riusciamo a fidarci della Parola e ad affidarci a essa, sperimentando che davvero essa è "come la pioggia e la neve", e sa trovare in noi zolle di terreno buono che non credevamo di avere.

Se ci troviamo, come è probabile, un po' in tutte le situazioni, non ci rimane altro che aumentare lo sforzo per "comprendere" la Parola, per farla entrare dentro di noi, con qualche momento in più di meditazione e di preghiera, in modo da farla scendere dove uccelli, preoccupazioni, seduzioni e false ricchezze non arrivano a portarla via. Nel frattempo dobbiamo coltivare anche la certezza che il Signore non si stanca mai di seminare, riuscendo comunque a trovare un po' di terreno buono anche nelle nostre situazioni più negative. Senza stancarci, se nonostante il nostro impegno, la strada, i sassi, i rovi rispuntano fastidiosamente. La creazione è come un parto, ci ricorda San Paolo. Essa spinge continuamente verso l'adozione a figli, verso il suo approdo definitivo.

Facciamo sì che ogni giorno sia una spinta verso uno spazio più ampio di terreno buono.


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