Anche a noi Gesù dice: «Andate dietro a me!»

XXIV Domenica del Tempo Ordinario - Anno B - 2015

Come sempre, ciò che capita a Pietro diventa un'icona, un'indicazione anche visiva oltre che di contenuto, per ogni singolo cristiano, e per la Chiesa intera. È così anche nell'episodio che questa domenica si proclama.

Pietro, ingalluzzito dal complimento di Gesù per la sua risposta al sondaggio (Gesù un antesignano anche in questo!) su cosa dice la gente di lui: «Tu sei il Cristo», si sente autorizzato a esortare il Maestro ad evitare le molte sofferenze, il rifiuto degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e la morte, nonché la risurrezione dopo tre giorni. Ma questa l'apostolo non l'aveva nemmeno presa in considerazione. Come avrebbe potuto?

La risposta di Gesù lo gela: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Perché queste parole così dure? Il fatto che esse, con le parole latine: «Vade retro, Satana!», siano diventate una frase fatta con il significato del "pussa via!" al cane, o al "levati dai piedi!" alle persone moleste, le ha fatte diventare una "rispostaccia", falsandone il vero significato. Cioè: "Mettiti dietro a me! Ritorna a fare il discepolo". Gesù è il maestro che lo ha chiamato seguirlo: «Vieni dietro a me». Pietro, adesso, con la sua proposta rovescia i ruoli, dicendo al maestro: «Vieni dietro a me». Esattamente come aveva fatto Satana nel deserto.

Perché il rimbrotto di Gesù a Pietro diventa l'icona di ogni credente e della Chiesa intera?
Perché anche per noi, sia singolarmente che come Chiesa, è difficile stare dietro a Gesù. Finché si tratta di proclamare: «Tu sei il Cristo», non ci sono problemi. Lo facciamo sempre nelle preghiere, nei canti, nelle celebrazioni. Ma quando poi Gesù dichiara: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua», noi, anche se, privi della sincerità disarmante di Pietro, non gli diciamo niente, con i fatti ci mettiamo davanti a lui, per paura delle difficoltà che ciò comporta, e forse anche perché dubitiamo che «chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà». Anzi, spesso e volentieri, standogli davanti, lo preghiamo affinché ci aiuti a percorrere la strada che abbiamo deciso noi, lamentandoci se le preghiere non vengono esaudite a effetto immediato. Altre volte, consapevoli della nostra mancanza di coraggio nel seguirlo, ci illudiamo di rimediare, cercando di camminargli a fianco, deviando a destra o a manca quando l'ostacolo ci sembra superiore alle nostre forze. Ma anche questa scappatoia non serve a evitare la risposta decisa di Gesù: «Va' dietro a me, Satana».

Essere discepoli – camminare dietro a lui, non pensare secondo Dio, ma secondo gli uomini – è difficile, e a volte ci spaventa, come accadde a Pietro. Ma non c'è via di scampo. Ce lo ricorda con la consueta chiarezza l'apostolo Giacomo: «A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo?». La fede che diventa opere è il modo concreto e vero per essere discepoli.
"Ma questo non è un fardello troppo pesante per le nostre deboli spalle?".

Sì, se da parte nostra manca una scelta libera, consapevole, e adulta. Gesù lo sapeva bene. Infatti: «Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua"». Attenzione ai verbi: "vuole", "rinneghi", "prenda", "segua". Sono inviti, non ordini. Quando c'è una scelta fatta nella consapevolezza che ce ne verrà un bene ("salvare la propria vita"), perché il Signore ci ha aperto l'orecchio, le difficoltà, anche le più ardue, smettono di sembrare insormontabili, e non ci si tira in dietro, nemmeno davanti ai flagellatori, a coloro che strappano la barba, agli insulti e agli sputi. Come ha fatto Gesù.

La scelta di "andare dietro" non è di una volta, ma di sempre, perché la vita cambia, noi cambiamo, e la fede deve rispondere ai cambiamenti. Pensiamo a quante tentazioni di andare davanti (Ma come si fa? Non è possibile!) alla richiesta di ospitare una famiglia di profughi, che papa Francesco a rivolto tutte le comunità cristiane di Europa. Ma se vogliamo essere discepoli...


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