Anche noi convocati in "Galilea"

Ascensione del Signore - Solennità - Anno A - 2020

Chiamati ad annunciare e testimoniare il vangelo in una vita in continuo cambiamento.

La mattina di Pasqua Gesù aveva detto alle donne: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno» (Mt 28,10). Appena terminata la prova dei quaranta giorni nel deserto, Gesù «lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali: Galilea delle genti!» (Mt 4,13), dove scelse i Dodici: «mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: "Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini"» (Mt 4,18-19). E dalla Galilea «fu elevato in alto», lasciando la terra.

Il suo ritorno al cielo non poteva avvenire in un altro luogo, perché per Gesù la Galilea non era una zona geografica, ma quello che oggi sono Parigi, Londra, New York , Roma..., luoghi dove tutto si incontra e si scontra: fedi, razze, interessi, trame, commerci... Gesù ha scelto la Galilea come campo d'azione per significare di essere nato, vissuto, morto, risorto non per situazioni tranquille e stabili, e non per le élites, ma per tutti e in continuo movimento. La sua scelta non è stata soltanto per i suoi contemporanei, ma per gli uomini e le donne di sempre. Per questo la sua "ascensione al cielo", cioè il suo ritorno alla dimensione divina, che gli consente di essere presente dovunque e per sempre, non poteva avvenire che lì, in Galilea. E lì doveva essere lasciata la consegna ai suoi discepoli: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato», con la promessa: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Gesù chiama anche noi in "Galilea", cioè nella vita personale di ciascuno, che è una "Galilea delle genti", perché crocevia di età, caratteri, situazioni, cultura, fedi diverse. La vita è stata sempre così, ma oggi lo è in maniera eclatante, come purtroppo ha dimostrato la vicenda del Covid-19. È impossibile pensare che il mondo siamo noi, la nostra famiglia, il nostro paese... Ognuno di noi, ogni famiglia, ogni paese è una Galilea delle genti, un crocevia della società e del mondo, sempre in movimento.

Non è facile annunciare a vivere la fede nella "Galilea delle genti", cioè in una vita personale e sociale, luogo di diversità, di incontri e scontri, di mobilità, di cambiamenti continui e veloci. È invece facile rimpiangere i tempi passati, quando (in realtà non era così, ma poteva sembrare così) tutto era fermo e stabile: i figli obbedivano ai genitori, le mogli obbedivano ai mariti, gli studenti rispettavano gli insegnanti, le leggi dello Stato difendevano la morale cristiana, nessuno contestava il crocifisso nei luoghi pubblici, i musulmani, i neri, gli indiani, i cinesi stavano a casa loro. È facile, ma non serve. È sulle rive del lago di Cafarnao sempre pronto a improvvise tempeste e a faticose notti senza prendere niente che Gesù ci chiama ad annunciare e a vivere il vangelo.

La prospettiva spaventa, se immaginiamo di essere chiamati a compiere segni prodigiosi, miracoli strabilianti. Non è così. I nostri prodigi e i nostri miracoli sono da compiere nel nostro piccolo, anzi nel nostro piccolissimo: famiglia, condominio, luogo di lavoro, rapporti interpersonali, vita sociale..., quello che Gesù ha fatto in Galilea, ascoltando, accogliendo, soccorrendo tutti quelli che poteva e come poteva. Come Gesù? Sì, anche noi: quello che possiamo, come possiamo.

Con fiducia! Perché, se rispettiamo la consegna di Gesù: «Andate, annunciate, testimoniate il mio vangelo», egli mantiene la promessa: «Io sono con voi dovunque e sempre».


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